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Il continuo ritorno del vagabondo dell’infinito

Un altro viaggiare - Ciclicamente viene riproposto <em>L’eternauta</em> in un incessante auto-avveramento; presto di nuovo in libreria
/ 06/02/2023
Manuela Mazzi

Una delle più alte forme di viaggio è il vagabondare, e il più famoso «vagabondo» della storia narrata non può che essere l’eternauta, al secolo Juan Galvez: «Potrei dirti centinaia di nomi e non mentirei perché li ho avuti davvero. Forse, tra tanti uno è più chiaro di tutti… Khruner. Me lo ha dato una specie di filosofo verso la fine del secolo ventunesimo. Nella sua lingua, Khruner vuol dire “Il vagabondo dell’infinito”».

Il prossimo 23 febbraio, la Panini comics lancerà una nuova edizione del classico fumetto mondiale

Spacciato per essere «un grande fumetto d’azione e d’avventura che appartiene da tempo al canone ristretto dei migliori fumetti di fantascienza» (così si legge nei paratesti dell’edizione numero 29 de I classici del fumetto di Repubblica, 2003), a noi, che lo abbiamo letto per la prima volta solo di recente, è risultato piuttosto un vero e proprio romanzo «romanzesco» (la ripetizione è voluta) con tante immagini, sì, ma soprattutto con tantissime parole, di certo troppe per dirsi fumetto.

Scritto e pubblicato per la prima volta tra il 1957 e il 1959 (in Argentina) e a metà degli anni Settanta nella versione italofona (testi di Héctor Germán Oesterheld, illustrazioni di Francisco Solano Lopez, con traduzione di Stelio Rizzo), L’eternauta ciclicamente torna a far parlare di sé, quasi fosse il continuo avverarsi della storia narrata; è tornato alla ribalta anche negli ultimi due anni persino nell’ambiente televisivo, dove si è iniziato a vociferare che Netflix starebbe realizzando una serie ideata proprio sulla famosa Historieta, sebbene qualcuno si stia impegnando per smentire categoricamente tale notizia.

Nel formato libro, pure, compaiono ciclicamente nuove versioni per editori diversi, anche di recente pubblicazione, come ha fatto Cosmo e come farà la Panini comics con la nuova uscita prevista per il prossimo 23 febbraio.

Noi ne abbiamo di certo sentito parlare anche nel bel docufilm realizzato dal regista locarnese Stefano Knuchel, Hugo in Argentina, passato dal Festival Internazionale del Cinema di Venezia nel 2021, e ripresentato alle giornate de «L’immagine e la parola» del Locarno Festival nel 2022. Sullo schermo, Knuchel ha raccontato la permanenza in Sud America di Hugo Pratt, che arrivò a Buenos Aires nel 1949 per rimanervi fino al 1962, stringendo amicizia anche con HG Oesterheld (autore, peraltro, del fortunato Sgt. Kirk); fumettista che da lì a qualche anno avrebbe sofferto in prima persona le drammatiche pene causate dalla dittatura, divenendo un desaparecido nel 1977. Nel docufilm viene mostrata la casa dove L’eternauta prese forma anticipando – ed è questo uno dei massimi riconoscimenti che viene attribuito al fumetto di Oesterheld rimasto al pari di una pietra miliare nella storia delle immaginazioni – ciò che sarebbe successo in Argentina con la salita al potere della giunta militare alla cui testa sedette Jorge Rafael Videla, correva l’anno 1976.

Quindi onore alla lungimirante inventiva, ma che cosa dire della forma, della resa narrativa, dell’espressione dell’ottava arte qui messa in gioco per descrivere il viaggio infinito che è il vagabondare senza tempo e spazio del protagonista?

È trascorso oltre mezzo secolo per cui va tenuto conto delle differenti sensibilità, e degli sviluppi occorsi nel frattempo. Ciononostante, a noi pare che la ridondanza di molti testi contenuti nelle strisce annoino un po’ e talvolta anticipino davvero troppo quanto accadrà, togliendo forza e tensione emotiva alla storia, di tavola in tavola. A pagina 34, delle 464 dell’edizione letta, avevamo già incontrato almeno tre o quattro incongruenze narrative (per fare un esempio, laddove la descrizione dice «Rimanemmo lì storditi senza dire una parola» ci si ritrova un personaggio che quella parola la dice: «Allucinante», senza aggiungere peraltro nulla alla scena; v. foto); e sono proprio le tantissime e inutili didascalie lunghe e ripetitive a generare l’effetto «romanzesco» in un fumetto che poteva benissimo avvalersi «solo» delle immagini.

Immagini che fanno scoprire la capitale dell’Argentina portando il lettore tra le strade più conosciute di Buenos Aires, ma anche lungo le sue parallele, attraverso le piazze, all’ombra dei suoi monumenti, e persino dentro i negozi, come quello degli alimentari oppure quello del ferramenta, e via disegnando.

Vale dunque la pena di leggere o rileggere questa Historieta, forse non tanto perché ritenuta «un capolavoro del fumetto mondiale» (ciò che alza di parecchio l’aspettativa), ma perché l’idea di un vagabondare infinito nello spazio-tempo, pur rimanendo sempre nello stesso posto, ha qualcosa di affascinante che, giunti alla fine, quest’opera riesce a rendere molto bene.