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Bibliografia

Paolo Merlini, Alla conquista delle Alpi con una bici pieghevole. Le mie avventure in sella a Margot, Venezia, Ediciclo Editore, 2023.


Basta trovare il coraggio di partire

Paolo Merlini ha attraversato l’intero arco alpino in compagnia di una bicicletta pieghevole
/ 06/01/2025
Claudio Visentin

Ho sentito raccontare per la prima volta di viaggi con la bicicletta pieghevole da Alastair Humphreys. Tra il 2001 e il 2005 il viaggiatore inglese ha girato il mondo visitando 5 continenti e oltre 60 Paesi, 75.000 chilometri in tutto, ancora con una normale bicicletta. Qualche anno dopo ha attraversato l’Atlantico a remi e ha percorso a piedi la Via della Seta. Eppure Alastair non ama essere considerato un viaggiatore eroico; crede invece che tutti potrebbero e dovrebbero viaggiare, anche senza allontanarsi troppo da casa, nel tempo libero dal lavoro, con risorse limitate ma con lo stesso piacere della scoperta. In una di queste microavventure, come le definisce, nel 2011 Alastair ha attraversato le Shetland, nell’estremo nord del Regno Unito, muovendosi di isola in isola alternando un canotto gonfiabile e una bicicletta pieghevole.

Sino a quel momento la bici pieghevole era considerata soprattutto uno strumento per la mobilità urbana, utilizzata dai pendolari per raggiungere l’ufficio. È stata poi adottata dai nomadi digitali, ovvero quanti lavorano da remoto mentre sono in viaggio e in ogni città straniera devono ricreare il loro piccolo mondo. Infine sono arrivati i viaggiatori veri e propri.

Ovviamente la bicicletta pieghevole ha i suoi limiti, in particolare è sinonimo di viaggi lenti e con un bagaglio minimale, ma si combina alla perfezione con altri mezzi di trasporto, dai treni agli autobus, declinando praticità, sostenibilità e libertà di movimento. Tra le mete preferite i Paesi Bassi, dove le biciclette hanno ampi spazi riservati nel traffico, così come il Giappone e più ampiamente il Sud-Est asiatico. Ogni settimana si registrano nuovi forum, blog, raduni, eventi, anche nella Confederazione naturalmente, particolarmente adatta a queste esperienze per le dimensioni geografiche contenute e la qualità dei trasporti pubblici (sui treni le bici pieghevoli possono essere trasportate gratuitamente purché chiuse). Il giro del Lago di Costanza – ma è davvero solo un esempio – è particolarmente apprezzato.

Tra i cultori di questa nuova forma di viaggio c’è anche uno storico collaboratore di «Azione», Paolo Merlini. Forse era inevitabile. Appassionato di viaggi lenti, conosciuto come «l’esperto di vie traverse», Paolo è un entusiasta viaggiatore con gli autobus di linea extraurbani lungo le strade provinciali e secondarie. Già autore di La felicità viaggia in corriera (2018), ha pubblicato Alla conquista delle Alpi con una bici pieghevole. Le mie avventure in sella a Margot (Ediciclo Editore). Margot naturalmente è la sua fida bicicletta, che prende il nome da una canzone di Georges Brassens: «Margot è leggera, maneggevole e si chiude a ombrello, il che la rende benaccetta su treni e bus. Ha un buon portapacchi, una cinghia di trasmissione al posto della catena, potenti freni a disco».

Scoperta molti anni fa in giro per l’Europa, dapprima l’ha utilizzata soprattutto per raggiungere le fermate degli autobus, spesso in luoghi improbabili e mal segnalati; poi per visitare città e paesi. Infine ha preso forma in lui una visione più ambiziosa: percorrere l’intero arco alpino, da Trieste a Savona, dove inizia l’Appennino. Un viaggio senza auto, utilizzando solo i mezzi pubblici (traghetti, treni, corriere) e la bicicletta pieghevole. Non è tuttavia un’impresa ciclistica, perché Paolo utilizza la bici soprattutto… in discesa: «In pratica, come fa il bambino furbo che mangia la marmellata e getta via il pane, ho raggiunto le più alte località alpine con gli autobus di linea gustando poi ogni metro della successiva discesa in bici».

Lo strano veicolo minimalista, pensato per altri scopi, supera bene la prova impegnativa, nonostante qualche apprensione del suo cavaliere, avvolto in una spirale senza fine che lo risucchia a valle: «Affido la mia anima alle divinità del valico e inizio a scendere. Sedici chilometri di curve e corti rettilinei intervallati da tornanti e poi: pochissimi guardrail, pini a volontà, scorci su strapiombi…». Nell’itinerario sono comprese due digressioni svizzere, la prima da Livigno in Engadina attraverso il Passo della Forcola e il Passo del Bernina, prima di affrontare l’incognita della Statale 3 (Sankt Moritz-Chiavenna). Più avanti la cronaca registra un rapido passaggio a Locarno, per poi scivolare di nuovo in Italia con il treno delle Centovalli per Domodossola.

Alla base di un viaggio volutamente disimpegnato c’è uno spunto ecologista, forse un’utopia: promuovere una montagna senz’auto o moto, incoraggiando le fragili amministrazioni locali a migliorare i servizi di trasporto pubblico, per «ammirare la maestosa bellezza delle vette in silenzio, con occhi e naso ben aperti». L’ispirazione di fondo resta tuttavia discreta e lascia ampio spazio, come sempre nei viaggi di Merlini, a divagazioni (specie enogastronomiche), incontri casuali solo in apparenza, uomini e donne, ostelli e trattorie, strade e cieli. Per un viaggiatore che si considera prima di tutto un appassionato lettore di libri di viaggio, è inevitabile e quasi continuo il dialogo con gli autori prediletti, a cominciare dallo scrittore, poeta e drammaturgo Guido Ceronetti che, non avendo mai preso la patente, così apriva il suo Un viaggio in Italia (1981-83): «Prenderò treni, corriere, battelli, taxi; andrò a piedi. L’Italia non la troverò più, ma so viaggiare nell’invisibile, dove la ritroverò».

Nonostante la differenza di luoghi e generazioni Alastair Humphreys, dal quale abbiamo preso le mosse, e Paolo Merlini sono accomunati da uno stesso atteggiamento volutamente antieroico, dall’idea che anche i viaggi in apparenza più impegnativi siano in realtà alla portata di tutti. Basta trovare dentro di sé il coraggio di partire, procurarsi buoni freni e per il resto affidarsi alla benedizione della strada, del viaggio.