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Un Natale di giochi per sentirsi pienamente vivi
Colpo critico speciale: dalla cultura amazzonica al Cenone, il valore rituale e sociale del divertimento è anche un ponte intergenerazionale
Andrea Fazioli
Gli Achuar dell’Amazzonia hanno un modo particolare di giocare a calcio. Tutti corrono dietro alla palla, compreso il portiere, e non c’è un numero fisso di partecipanti. È una cerimonia condivisa, spiega l’antropologo francese Philippe Descola, e il fatto di segnare un gol è soprattutto un momento di bellezza.
Nel volume Lo sport è un gioco? (Raffaello Cortina, 2024), Descola precisa che in ogni attività ludica si tratta di «collaborare a un’azione comune, di mettere in atto un processo che va oltre la volontà individuale di tutti i partecipanti». Questo vale anche per i giochi da tavolo. Quando mi siedo e apro una scatola sono consapevole di essere fra due mondi: le regole sono l’atto rituale che consente di essere qui e altrove nello stesso tempo. Giocare significa condividere un’esperienza che si presenta come scoperta di sé e degli altri.
Già nel 1867 nelle Confessioni di un Italiano Ippolito Nievo racconta che nelle case si giocava a tombola, a sette e mezzo e al mercante in fiera. Oggi si può scegliere fra una marea di giochi più moderni. Non è sempre facile proporli: a volte le persone non ascoltano le regole, a volte si rivelano incapaci di partecipare all’«azione comune» di cui parla Descola (forse sono i danni collaterali di un’epoca assorbita dai social network). Ma per fortuna in ognuno di noi c’è un’attitudine ludica radicata nel profondo. Infatti, secondo il filosofo Eugen Fink, «il gioco appartiene essenzialmente alla costituzione d’essere dell’esistenza umana, è un fenomeno esistenziale fondamentale» (Oasi del gioco, Raffaello Cortina, 2008).
A Natale la letizia del gioco assume anche un valore antropologico, in una festa che per i pagani segnava il ritorno della luce nel buio dell’inverno. Fin dall’antichità esiste il mito di un fanciullo divino che gioca con ciò che diventerà il mondo (celebre la raffigurazione del giovane Zeus che si trastulla con un globo nelle Argonautiche di Apollonio Rodio). La Bibbia dice che la Sapienza esisteva prima di tutte le cose e «giocava» ai piedi di Dio (cfr. Proverbi 8). La Sapienza, cioè il Verbo di Dio, per i cristiani è Gesù che a Natale viene nel mondo come un neonato. C’è una saggezza antica, nei bambini, riconosciuta da ogni cultura: nella gratuità del gioco possiamo ritrovare almeno in parte questa purezza di sguardo.
Nel loro Giocare è una cosa seria (Interlinea, 2024) Marco Scardigli e Maurizio Stangalino ci ricordano che «i razzismi e i fondamentalismi partono tutti da una visione manichea del mondo; giocare ovviamente non è la soluzione e la panacea di tutti i problemi, ma è un piccolo passo nella direzione giusta. Giocando ci si costruisce una forma mentis elastica e duttile che è l’esatto contrario di questi comportamenti rigidi».
Come entrare nel mondo dei giochi da tavolo? Se abitate nella Svizzera italiana potete passare ogni venerdì sera alle 20.30 allo Studio Foce di Lugano, dove i membri dell’associazione Giochintavola (www.giochintavola.ch) mettono a disposizione gratuitamente i loro giochi e la loro competenza. A Natale c’è un afflusso particolare perché, spiega il presidente Paolo Baronio, «le persone hanno voglia di scoprire novità da proporre ad amici e famigliari».
Baronio stesso ricorda un Natale in cui, insieme ai suoi sei nipoti, ha intavolato una partita a Cheese Thief (Dongxu Li, Jolly Thinkers, 2020), un gioco rapido in cui i partecipanti sono topolini e uno di loro ruba un pezzo di formaggio. «Una discussione lunghissima con accuse e controaccuse che resterà nella memoria dei miei nipoti e anche nella mia. Un gioco che con un’idea semplice crea tensioni e colpi di scena, specialmente quando il topolino che ruba il formaggio si fa sorprendere dagli altri nel cuore della notte…».
Un modo per decidere che cosa intavolare è il canale Recensioni Minute su YouTube. I vari titoli vengono spiegati in maniera rapida ed efficace da Matteo Boca, autore fra l’altro con P. S. Martensen di 21 Giochi Minuti (GateOnGames, 2022), una raccolta di giochi che esplorano varie meccaniche (da 1 a 12 partecipanti). Ogni anno, dopo il pranzo di Natale, a casa di Matteo Boca si crea una forte aspettativa. «Devo tirare fuori dal cilindro una proposta che sappia accontentare due nonni (non giocatori), quattro adulti di cui tre giocatori occasionali e un invasato (che sarei io), due nipoti in età di scuola elementare e un cinquenne. L’anno scorso abbiamo giocato a Concept Kids (Éric Azagury, Repos Production, 2018). Sul tavolo si piazza un tabellone pieno di icone con le caratteristiche di vari animali; toccherà ai bambini farli indovinare agli adulti scegliendo fra varie alternative (lento/veloce, grande/piccolo, eccetera). Gli animali appaiono trasfigurati dallo sguardo infantile. Quale bestia è carnivora, vive sotto terra, è buona, lenta, di colore grigio-marrone? È un furetto, immaginato da un bimbo di quattro anni che non era mai incappato in questa creatura e che, a modo suo, ha trasmesso la sua meraviglia anche a noi adulti».
L’associazione ludica di riferimento, per chi parla italiano, è la Tana dei Goblin (www.goblins.net), che conta più di quattromila tesserati e più di cinquanta società affiliate. Il caporedattore del sito è Marco Fregoso, uno dei maggiori esperti in Italia. In quanto amante dei «gioconi», Fregoso ha sempre la tentazione di proporre a Natale un peso massiccio tipo Twilight Imperium, cominciando «un’ora secca di spiegazioni davanti a un pubblico assonnato dallo sguardo vitreo e annunciando che il gioco durerà minimo quattro ore, tanto un po’ di caffè tirerà su il morale e se qualcuno non capisce lo aiuto io…». Nella realtà, spiega Fregoso, bisogna adattare il gioco alla circostanza. Un classico party game è Time’s Up (Peter Sarrett, 1999; Asmodée, 2016). «Ricordo una partita davanti al camino, con l’albero illuminato, tra frutta secca e spumante. Le spiegazioni sono brevi e il gioco ha una struttura in crescendo: per tre round un timer scandisce quanto tempo hai per far indovinare quante più parole possibili, sempre le stesse ma con mezzi sempre più limitati (una frase, poi una parola, poi solo dei gesti). Passato lo spaesamento iniziale, i parenti divisi in due squadre si sono fatti coinvolgere. Adulti, bambini, professionisti, studenti, pensionati, davanti al gioco erano tutti uguali. È andata talmente bene che l’anno successivo ho portato Twilight Imperium». E come hanno reagito? «Vorrei offrirvi un lieto fine, ma… non ha funzionato!».
Fregoso si diverte mentre gioca e anche mentre parla di giochi, così come Baronio e Boca. Questo perché il gioco è libertà di essere insieme ciò che siamo e ciò che desideriamo. Nel volume che ho menzionato poche righe fa, Scardigli e Stangalino citano una frase dello psicanalista Donald Winnicott che mi pare allo stesso tempo una conclusione e un buon augurio: «È nel giocare e soltanto mentre gioca che l’individuo, bambino o adulto, è in grado di essere creativo e di fare uso dell’intera personalità. […] Di essere pienamente vivo.»
E di che cos’altro abbiamo bisogno, a Natale, se non di essere pienamente vivi?