azione.ch
 


Dove e quando

Surréalisme. Le Grand Jeu
Losanna, Museo cantonale delle belle arti (MCBA)
Orari: ma-me 10-18; gio 10-20;
ve-do 10-18; lu chiuso
Fino al 25 agosto
​​​​​​​www.mcba.ch​​​​​​​


L’anima giocosa del Surrealismo

Tra il ludico e il dilettevole / Fra le attività umane che lasciano intravedere la possibilità di un dialogo fecondo fra libertà e necessità, fra improvvisazione e ordine, arte a parte, non si può tralasciare l’importanza del gioco
/ 20/05/2024
Sebastiano Caroni

Nel saggio Il coraggio di essere liberi (Garzanti, 2016), Vito Mancuso sostiene che la libertà dell’essere umano non è mai incondizionata, né tantomeno riducibile a dei determinismi esterni che la renderebbero una mera ombra illusoria. Per illustrare la complessità della questione, Mancuso cita un passo di una lettera che Albert Einstein scrisse, il 7 settembre 1944, al suo collega e amico Max Born: «Le nostre prospettive scientifiche – scriveva Einstein – sono ormai agli antipodi tra loro. Tu ritieni che Dio giochi a dadi col mondo; io credo invece che tutto ubbidisca a una legge, in un mondo di realtà obiettive che cerco di cogliere per via furiosamente speculativa».

Le antinomie fra determinazione e contingenza, fra cosmo e caos, e fra causalità e casualità che innervano il dibattito fra la teoria della relatività e la meccanica quantistica si ritrovano, non a caso, anche nell’arte moderna e contemporanea che, come illustrava magistralmente Umberto Eco nel suo pionieristico Opera aperta (Bompiani, 1962), si sviluppa a partire da quello stesso humus culturale che favorisce l’emergere delle scienze e della fisica moderne. A ben vedere, però, l’arte moderna non è il solo ambito che imbocca la strada dell’auspicato dialogo fra caos e necessità: fra le attività umane che lasciano intravedere la possibilità di un dialogo fecondo fra libertà e necessità, fra improvvisazione e ordine, non si può certo tralasciare l’importanza del gioco. Nel gioco, il margine di libertà di un giocatore è vincolato, ma al tempo stesso è reso possibile, dall’esistenza di regole. In quanto tale, quindi, il gioco si configura come un’occasione, unica e privilegiata, per esercitare una sorta di libertà condizionata, ma non obliterata, dall’esistenza di regole.

Se il gioco rappresenta, in un certo senso, l’allontanamento dalla vita reale, d’altra parte esso rimane uno strumento utilissimo per conoscere, interpretare, e trasformare il mondo. Ne sapevano qualcosa i surrealisti, che attorno all’importanza del gioco perfezionano pratiche artistiche e considerazioni teoriche. Proprio in questi giorni, il Surrealismo torna a fare parlare di sé, grazie a un’importante iniziativa del Museo delle belle arti di Losanna (Mcba) che, sull’onda del centenario dalla pubblicazione del primo Manifesto del Surrealismo, si interroga sulla centralità del gioco nello sviluppo del movimento.

La prima parte della mostra, caratterizzata da una panoramica storica, si concentra sui molteplici aspetti del gioco, da quelli più dichiaratamente ludici a quelli più sovversivi o critici. La seconda parte, invece, propone otto artisti contemporanei che attualizzano l’estro creativo e lo spirito anarchico dei surrealisti. E, come se ciò non bastasse, a due passi – in quello che è ormai a tutti gli effetti un vero e proprio quartiere dei musei losannese –, altri due musei celebrano il Surrealismo. Il museo di fotografia Elysée dedica un’allettante retrospettiva a Man Ray, e il Museo del design e delle arti applicate (Mudac) consacra i suoi spazi all’influenza del Surrealismo sul design moderno.

Ma torniamo al tema del gioco: apprezzato, inizialmente, soprattutto quale attività informale in grado di catalizzare la socievolezza, di rinsaldare i legami, e di incoraggiare le affinità tra i membri del collettivo, il gioco rivelerà ben presto il suo potenziale epistemico, estetico, e creativo, configurandosi, con artisti del calibro di Marcel Duchamp, René Magritte, Man Ray o Salvador Dalì, come un vero e proprio meccanismo di liberazione tanto individuale quanto collettivo. Le opere surrealiste in letteratura, in pittura, nel teatro e nel cinema manifestano una precisa volontà di rottura rispetto a tutto ciò che impoverisce la realtà dei suoi aspetti più onirici. Di conseguenza, vengono dichiarati inattuali quei codici estetici e interpretativi che accompagnano i movimenti artistici precedenti, perché ritenuti troppo vincolati all’idea di una lettura univoca della realtà.

Secondo lo spirito del Surrealismo, l’arte deve rendere conto dell’ambiguità, dell’incongruità e dell’eterogeneità con cui il reale ci sorprende continuamente. Nel tentativo di eludere la logica, la razionalità e il positivismo, il Surrealismo fa affidamento a un rapporto ludico e disinteressato con il reale, e all’emergere dell’inaspettato che scompagina l’ordine e la monotonia della routine. L’innocenza e la fantasia del bambino, così come l’incongruenza della malattia mentale, la forza rivelatrice del sogno, la voce misteriosa dell’inconscio e la creatività del gioco vengono promosse quali autentiche misure della complessità del reale.

A fronte dell’approccio statico e ragionato di chi soppesa e misura in modo eccessivo, tanto da inaridire e appiattire la ricchezza dell’esperienza, la scrittura automatica promossa da André Breton – i cui principi vengono ben presto estesi alle arti plastiche e al cinema – permette, in questo senso, di restituire i rilievi, le discontinuità e gli smottamenti del reale. Come afferma lo stesso Breton – capofila del movimento – nel primo Manifesto del Surrealismo (1924), si tratta di affidarsi all’«automatismo psichico puro con il quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente che in ogni altro modo, il funzionamento reale del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale».

Il Surrealismo, ricordiamolo, puntò molto sull’idea che il sogno, l’inconscio, ma anche l’imprevisto, l’inusuale, l’intuizione e il casuale esprimono la natura del reale in modo più attendibile rispetto a modelli costruiti a partire dalla fede incondizionata nella razionalità e nei metodi d’indagine del positivismo scientifico. Sin dagli albori, il movimento si proclamava rivoluzionario e anti-sistema: la sua estetica, la sua predilezione per le combinatorie giocose, e la sua volontà di ridisegnare in chiave onirica il rapporto fra forma, identità, e rappresentazione, si sono diffuse negli anni rimanendo vive, come brace ardente, anche quando il movimento, dopo la Seconda guerra mondiale, perde slancio e cede il passo all’Espressionismo astratto di stampo americano.

Come illustra anche, peraltro, l’esposizione che il Mudac dedica al rapporto fra il Surrealismo e il design, il Surrealismo ha saputo plasmare il nostro immaginario tanto che, ancora oggi, l’espressione «è veramente surreale» può designare circostanze piuttosto diverse, alludendo a un senso di stupore al cospetto di una situazione che ci appare inusuale, incredibile, o semplicemente assurda. Come dire: se la mostra del Mcba, unitamente a quelle del Mudac e dell’Elysée, ci permettono di apprezzare l’influenza che il Surrealismo ha esercitato sul nostro modo di percepire il mondo, la possibilità di vivere situazioni surreali è sempre dietro l’angolo. A patto, naturalmente, di saper cogliere l’incongruo, l’inusuale, e l’onirico dentro il reale, come ci hanno insegnato Breton e compagni.