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Bibliografia
Reinhard Kleist (Autore), Anna Zuliani (Traduttore), Cash. I See a Darkness, BAO Publishing, 2016, edizione italiana.
La struggente vita di un uomo al di là dell’artista
Graphic novel biografiche: «Cash. I See a Darkness» di Reinhard Kleist offre un’immagine del cantante country Johnny Cash quale vittima di sé stesso
Benedicta Froelich
Quando, nel 2006, giunse nei cinema europei l’atteso biopic Walk the Line, firmato dal regista statunitense James Mangold, il mondo parve d’un tratto ricordarsi della fenomenale parabola umana e artistica del grande cantante country Johnny Cash (1932-2003) – nonché dell’incredibile potenziale narrativo di una storia così suggestiva da sembrare un’opera di pura fiction. Tanto che, al pari di Mangold (e nello stesso periodo della lavorazione del suo film) anche il fumettista tedesco Reinhard Kleist rimase così mesmerizzato dalla vicenda di Cash da dedicargli un’appassionata graphic novel biografica, destinata a suscitare il plauso di pubblico e critica: I See a Darkness (anche in questo caso, il titolo omaggia una canzone del vecchio Johnny) fu infatti pubblicata pressoché in contemporanea all’uscita del film di Mangold – tanto che in molti, all’epoca, credettero che l’opera cinematografica fosse stata ispirata dall’artista germanico. Ciò non è dovuto soltanto alle tante similitudini tra le linee narrative dei due lavori, ma anche al fatto che entrambi sembrano focalizzarsi su Cash come uomo, prima ancora che artista; trasmettendo così un’immagine del cantante come, in un certo senso, vittima di sé stesso – dei drammi interiori che hanno governato la maggior parte della sua vita, così come della lunga dipendenza da sostanze: tutti fantasmi contro i quali l’unico antidoto, per Johnny, si è rivelato essere l’amore incondizionato di June Carter, destinata a diventare sua moglie.
Proprio questo fortissimo legame, che rappresenta il rapporto senz’altro più importante della vita di Cash, costituisce il fil rouge presente lungo tutta la graphic novel, accompagnando il cantante dalla giovinezza fino alla morte. Del resto, si tratta innegabilmente di uno degli aspetti più indimenticabili e suggestivi della storia di Johnny, trattandosi del tipo di relazione che chiunque desidererebbe poter vantare nella propria vita: un’amicizia di lunghissima data tra due persone apparentemente molto diverse tra loro; le quali, entrambe impegnate con altre storie e coniugi, devono pazientare ben tredici anni prima di rendersi conto che, fin dall’inizio, il destino ha cospirato per spingerli a vivere liberamente il loro legame coronandolo con il matrimonio.
Tuttavia, laddove il film di Mangold segue l’avventura umana e artistica di Johnny Cash soltanto fino a questo punto cruciale (ovvero, l’insperato matrimonio con June), ignorando gli oltre trent’anni di vita a seguire, I See a Darkness offre un approccio forse più profondo e suggestivo, infine ancorato anche all’ultima parte della storia del country singer – con tutti i suoi rimpianti, fantasmi e contrastanti emozioni, simboleggiate dai dischi da lui incisi dal ’94 in poi insieme al produttore Rick Rubin (secondo molti fan di Johnny, la fase forse più rivelatoria ed esaltante della sua produzione artistica). Inoltre, la scelta di Kleist di alternare i ricordi di Cash alle drammatizzazioni delle sue canzoni, che nel fumetto fanno da controcanto alla linea narrativa principale, permette al lettore di imparare a conoscere, e ad amare davvero, il protagonista della graphic novel.
In questo processo gioca un ruolo fondamentale la scansione delle fasi del racconto concepita dall’autore, il quale identifica nell’infanzia di Cash – nell’atroce povertà degli agricoltori americani del sud durante la Grande Depressione – la radice del suo desiderio di riscatto e atavico bisogno di libertà: aneliti che, per un giovane pieno di curiosità, ma, al contempo, di rabbia verso il mondo, solo la musica sarebbe stata in grado di soddisfare. Allo stesso tempo, Kleist identifica alcuni momenti cardine della vicenda personale di Johnny come veri e propri «punti di svolta» della sua vita, facendone il fulcro dei vari capitoli della graphic novel. Si parte così dal trauma devastante della morte del fratello Jack, scomparso per un incidente sul lavoro ad appena quindici anni, per poi passare attraverso la drammatica disintossicazione dalla droga e il riavvicinamento a June di cui questo piccolo miracolo fu la diretta conseguenza; nel mezzo, pietre miliari quali il coraggioso concerto del 1968 nella prigione californiana di Folsom (parte di un’intera serie di show carcerari) e il tentativo, purtroppo fallito, di salvare la vita a Glen Sherley, uno dei detenuti incontrati da Cash in quell’occasione. Fino a giungere agli anni dell’apparente declino, che in realtà hanno donato al pubblico il ritratto più vero dell’anima di Johnny, soffuso della malinconica e dolente consapevolezza di cui soltanto qualcuno con un passato doloroso come il suo poteva essere pervaso.
In tutto ciò, lo stile grafico prescelto da Kleist diventa di fondamentale importanza: le linee spezzate e nervose dell’inchiostrazione e del bianco e nero netto sono infatti accompagnate da un sapiente uso della scala dei grigi, che pervadono con la loro cupezza l’intera graphic novel, trasmettendo alla perfezione l’irrequieta e tormentata natura del personaggio a cui l’opera è intitolata. Ecco quindi che la vera forza di I See a Darkness sta proprio nella fusione perfetta tra parola e immagine: indimenticabile, in questo senso, la suggestiva sequenza simbolica incentrata sul penoso processo di disintossicazione di Cash. Soprattutto, il vero significato recondito della parabola spirituale e umana di Johnny trova il suo culmine nella splendida sequenza finale, realizzata da Kleist attraverso l’ampio uso di splash panels, in cui l’alternarsi narrativo del tempo presente e dei ricordi del passato giunge infine a compimento in una sorta di simbolico ricongiungimento, identificato con l’avvicinarsi della morte – mettendo a confronto l’ormai settantenne Cash con il suo alter ego giovanile in una scena degna di un western di Sergio Leone.
Avviene così che Cash. I See A Darkness riesca in quello che è da sempre il più alto e nobile obiettivo di ogni graphic novel biografica – offrire un’istantanea non solo fedele, ma soprattutto evocativa e struggente, dell’intera esperienza di vita del protagonista; il tutto mantenendo la capacità d’intrattenere il lettore, e riuscendo appieno a far sì che, davanti alle mille vicissitudini di Cash, questi avverta lo stesso coinvolgimento e partecipazione che si proverebbero verso un amico di vecchia data. Tanto da portarci a gioire, commuoverci, sdegnarci e urlare insieme a lui per oltre 200 pagine: un traguardo non da poco, che ogni fumettista degno di questo nome non può che ambire a raggiungere.