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Franco Belletti, fondista paralimpico

Altri campioni - L’atleta svizzero ha partecipato a cinque Giochi, quattro dei quali invernali
/ 18/03/2024
Davide Bogiani

Quanto dura un minuto? E quanto un’ora? Per Franco Belletti, un minuto alle paralimpiadi invernali vale 51 secondi. Un’ora, 51 minuti. Secondo le teorie della fisica quantistica, pare che il tempo rallenti proporzionalmente alla propria velocità. E allora, quanto è veloce Belletti?

Goms, 2 marzo 2024. L’incontro è agendato alle ore dieci presso la scuola di sci di fondo locale. Ma di Franco Belletti, nemmeno l’ombra. Ci siamo dati appuntamento per una chiacchierata sulla sua incredibile carriera di fondista paralimpico. Poi, improvvisamente, eccolo: prima arriva la voce, l’accento misto fra svizzero tedesco e italiano. Poco dopo appare anche lui. In coda, con il fiatone, la sua ombra.

Rallentiamo, per ricomporre Franco Belletti in un tutt’uno. Ci prendiamo un caffè, chiacchieriamo.

La sua storia è molto particolare. Nato nel 1959, Franco è sempre stato un grande sportivo, con la velocità nel sangue. «Già da piccolino amavo le sfide di velocità, avvicinandomi a quella che è diventata poi la mia grande passione, il motocross», spiega Belletti. Passione che gli ha dato molto. Sensazioni, brividi, adrenalina. Ma anche passione che purtroppo gli ha tolto l’uso delle gambe, in seguito a un incidente. Sono gli anni Ottanta, e il giovane ha davanti a sé una nuova vita. Con la stessa determinazione con cui spiccava salti, balzi e rimbalzi in sella alla sua moto da cross, affronta il suo percorso riabilitativo alla clinica Rehab a Basilea.

«La situazione era chiara. Paraplegia. Avevo due possibilità; arrendermi oppure pigiare nuovamente sull’acceleratore per ritornare a vivere. È stato un percorso molto duro e difficile», ci confida. Ma la voglia di diventare indipendente prende il sopravvento su tutto. Dopo sette mesi, esce dalla clinica basilese ed è completamente autonomo. Decide di andare ad abitare a Thun, cittadina in cui vive attualmente. È lì che per caso scopre lo sci di fondo per persone in carrozzella. Una passione che terrà legata a sé per sempre.

Ma lo sci di fondo non è la sua unica passione. Belletti scopre infatti anche l’atletica leggera e inizia ad allenarsi con un unico obiettivo, i Giochi paralimpici. Siamo nel 1988 e nella storia delle Paralimpiadi, Seul rappresenta un punto di svolta. Dall’appuntamento in Corea del Sud in poi, tutte le edizioni delle Paralimpiadi successive si sarebbero infatti svolte nella stessa città e negli stessi impianti delle Olimpiadi. Franco partecipa nell’atletica leggera, dove stacca il sesto rango nei 1500 metri. Continua poi ad allenarsi per i quattro anni successivi in vista dei Giochi paralimpici estivi di Barcellona, sempre nell’atletica leggera, ma purtroppo senza qualificarsi. È il 1992, e in programma vi sono anche i Giochi invernali di Albertville. Questi sono stati gli ultimi Giochi invernali che si sono svolti lo stesso anno dei Giochi estivi. Franco viene contattato dall’Associazione svizzera dei paraplegici, che lo seleziona per la partecipazione alle Paralimpiadi nello sci di fondo. E lui risponderà con una medaglia di argento nel biathlon e bronzo nella staffetta.

Da quelle Paralimpiadi in poi, Franco percorrerà ancora molti chilometri sulla sua slitta di sci di fondo. E sono proprio le molte ore seduto sullo slittino a fargli venire un’idea. «Durante gli allenamenti e anche nelle gare, mi rendevo conto che la posizione sulla slitta con le gambe tese non era ideale e che sarebbe stato meglio se le gambe fossero state piegate per distribuire meglio il peso sopra gli attacchi, esattamente come accade nei fondisti normodotati». Belletti progetta quindi una nuova slitta in cui le gambe sono raggruppate, riproponendo la stessa posizione assunta dagli atleti nelle carrozzelle di atletica leggera. Queste nuove slitte sono poi diventate molto riconosciute e importanti nel circuito delle gare internazionali. Per quanto riguarda invece gli sci, vengono utilizzati gli sci da skating, mentre i bastoni sono di misura più corta. L’altezza dello schienale varia invece in base all’altezza della lesione, la quale è determinante per definire le diverse categorie. Per coloro i quali hanno una lesione midollare alta, viene utilizzato uno schienale alto (sopra la lesione) per stabilizzare la seduta. Se invece la lesione è più bassa, anche lo schienale sarà più basso.

In merito al tipo di lesione, a livello di regolamento gli atleti vengono classificati nelle seguenti categorie: LW10 significa disabilità agli arti inferiori senza equilibrio funzionale da seduti; LW10,5 disabilità agli arti inferiori con minimo equilibrio funzionale da seduti; LW11 disabilità agli arti inferiori con discreto equilibrio funzionale da seduti; LW11,5 disabilità agli arti inferiori con più che discreto equilibrio funzionale da seduti; LW12 disabilità agli arti inferiori con buon equilibrio funzionale da seduti. A dipendenza del tipo di lesione, il tempo impiegato viene moltiplicato per un coefficiente. Ad esempio, la categoria LW12 viene presa come valore di riferimento (100%) per scendere progressivamente a un valore del 86 % per la categoria LW 10. In altre parole, il tempo misurato al fondista con una disabilità più importante (ad esempio LW 10.5) sarà del 14% più lento rispetto al tempo dell’atleta nella categoria LW12. Parafrasando, un’ora di orologio di attività per un atleta LW10.5 sarà calcolata con un coefficiente di riduzione del tempo del 14 % che porterà l’orologio a fermarsi ai 50 minuti e 40 secondi, anche se il tempo effettivo reale è di 60 minuti.

La chiacchierata con Franco Belletti continua. Solo due anni dopo i Giochi paralimpici di Albertville, disputa i Giochi, sempre invernali, a Lillehammer, nel 1994. Nel 1998 è la volta di Nagano, e poi nel 2002 di Salt Lake City. In tre edizioni su quattro, Belletti mette al collo le medaglie di argento e di bronzo nel biathlon. «A differenza degli atleti normodotati, in questa disciplina noi utilizziamo un’arma ad aria compressa. Questo per il motivo che alcune nazioni vietano l’uso delle armi da fuoco alle persone disabili. Il colpo viene sparato da una posizione sdraiata e l’atleta si rialza senza aiuti esterni e con il solo utilizzo dei propri bastoni da sci», spiega Belletti.

Il tempo vola e, in lontananza, si sente il rintocco delle campane che segna il mezzogiorno e che riporta alla memoria del fondista una nuova scadenza: le Paralimpiadi di Cortina 2026. «Il mio sogno è di riuscire ad accompagnare qualche atleta paralimpico svizzero come allenatore. Ma il tempo stringe e questa diventa una lotta contro l’orologio», conclude Franco.

E allora ecco prendere di nuovo il sopravvento il gioco del tempo. Sui binari di skating riparte dapprima l’ombra di Franco, seguita dalla sua forza di volontà di costruire ancora tanto in questo ambito e restituire al circo bianco ciò che di magico lui, in quattro Paralimpiadi invernali e una estiva, ha ricevuto, con dedizione, duro lavoro e gratitudine.