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Brand e la passione dei giochi collaborativi
Tra il ludico e il dilettevole - Un autentico visionario che ha contribuito alla trasformazione della controcultura americana degli anni 60
Sebastiano Caroni
Stewart Brand è un individuo decisamente fuori dagli schemi, ma è anche una persona che appartiene a coloro che gli schemi, in linea di principio, li creano. Editore, fotografo, organizzatore di eventi, attivista e curatore di idee, l’americano Stewart Brand, classe 1938, ha sempre saputo farsi trovare al posto giusto al momento giusto. Personalità versatile e polimorfa, ha colto con grande tempismo, in diversi momenti della sua carriera, le trasformazioni epocali della nostra società, contribuendo alle tappe decisive che hanno portato la controcultura americana a trasformarsi, nel volgere di qualche decennio, in una cybercultura globale.
Nella seconda metà degli anni Sessanta, Brand fu l’ideatore del Whole Earth Catalog, una sorta di internet ante litteram: un catalogo cartaceo piuttosto voluminoso dove trovavano spazio, senza soluzione di continuità, annunci che presentavano oggetti e strumenti di vario tipo, da quelli per il giardinaggio alle trovate tecnologiche più recenti, così come recensioni di libri, racconti, e articoli più convenzionali. La pubblicazione, il cui primo numero recava, in copertina, una fotografia – oggi diventata iconica – del pianeta terra visto dallo spazio, venne ben presto arricchita da svariati supplementi che ne consolidarono la popolarità celebrando una controcultura intraprendente e autodidatta. In qualità di giornalista e fotografo, all’inizio degli anni Settanta Brand documentò la nascente cultura informatica tanto che, ancora oggi, gli si riconosce la paternità del termine «personal computer» che, in anticipo sui tempi, impiegò nel suo libro Two Cybernetic Frontiers, prefigurando così l’entrata dei dispositivi informatici nelle case degli americani.
Negli anni Ottanta, Brand lanciò, assieme a Larry Brilliant, la comunità virtuale The Whole Earth ’Lectronic Link, meglio nota come WELL. Anche in questo caso, il progetto prefigurò lo sviluppo dei network telematici degli anni a venire. La lungimiranza di Brand lo ha poi portato a far parte del gruppo di futurologi che hanno contribuito alla realizzazione del film Minority Report (Steven Spielberg) all’inizio degli anni Duemila.
Personalità di spicco, Brand ha ispirato molti degli artefici dell’attuale società dell’informazione e della comunicazione. Sua è la frase «stay hungry, stay foolish» (un invito a restare affamati e a mantenere la mente aperta) attribuita erroneamente a Steve Jobs ma che, in realtà, Brand scrisse sul retro dell’ultimo numero dell’Whole Earth Catalog quando, a metà degli anni Settanta, decise di porre fine alla pubblicazione per dedicarsi ad altri progetti. Negli anni, la versatilità di Brand lo portò a collaborare con artisti e operatori culturali di ogni genere, dedicandosi a cause legate all’ecologia, alla valorizzazione delle culture degli indiani d’America e alla promozione della pace. Brand manifestò altresì un interesse per il modo in cui i giochi possono trasformarsi in importanti veicoli estetici ed educativi.
Nella primavera del 1973, su iniziativa della Rhode Island School of Design, fu invitato a parlare della creazione dei NewGames, un’idea che contemplava lo sviluppo di forme di gioco alternative. Faceva caldo quel giorno e, assieme a un gruppo di studenti, un Brand a torso nudo si cimentò in un gioco che poteva includere fino a quaranta giocatori divisi in due squadre che, in ginocchio, facevano rotolare una palla gigante cercando di farla cadere nell’apposito buco scavato dalla squadra rivale.
Sulla scia di questa prima esperienza, nell’ottobre dello stesso anno con alcuni collaboratori Brand organizzò il primo grande torneo dei NewGames in una penisola situata a nord di San Francisco e collegata dal Golden Gate Bridge. Per l’occasione Brand, che aveva letto il saggio Homo Ludens dello storico Johan Huizinga dedicato al gioco, aveva in mente qualcosa di speciale. Per quanto Huizinga avesse messo bene in chiaro che il gioco fosse centrale nella formazione e nel mantenimento di qualsiasi cultura, Brand non mancò di notare come molto spesso i giochi assumono forme antagonistiche che prevedono un vincitore e, di rimando, un perdente.
Lo psicologo Gregory Bateson, che Brand frequentava in quel periodo, lo aveva poi reso attento al fatto che la teoria dei giochi convenzionale non contemplava la possibilità che le regole di un gioco venissero modificate nel corso dello stesso. Fu allora che Brand, ripensando alla propria infanzia, si ricordò che, quando era bambino, cambiava spesso le regole dei giochi al fine di renderli più interessanti. Ma poi, crescendo, si era spesso sentito frustrato se gli adulti lo obbligavano a rispettare le regole. Perché non creare – pensò allora Brand – giochi in cui si potessero cambiare le regole a seconda della necessità del momento? Brand voleva che il torneo dei NewGames creasse le premesse per un nuovo approccio alle pratiche ludiche che non fosse viziato dallo spirito competitivo tipico del capitalismo avanzato.
Il torneo del 1973 riscosse un grande successo. Diverse centinaia di persone accorsero giornalmente e presero parte ai giochi che Brand aveva inventato, come Earth Ball, dove – in modo analogo a quanto già sperimentato in precedenza – due squadre spingono una palla gigante a forma di globo avanti e indietro. Nella variante proposta nel torneo, quando il globo si avvicinava alla linea di fondo, alcuni membri della squadra in vantaggio davano mano forte alla squadra in difficoltà, ribaltando così la tendenza e prolungando il divertimento in modo indefinito. In altri casi, si trattava semplicemente di modificare le regole di giochi già in vigore. Chi si cimentava nella pallavolo, per esempio, doveva mantenere la palla in gioco senza farla cadere.
L’evento ottenne anche una buona copertura mediatica, tanto che la nota rivista «Sports Illustrated» pubblicò un approfondimento sugli sport alternativi. Negli anni successivi Brand ripeté l’esperienza con più o meno successo a seconda dei casi, spesso integrandola a eventi dove i NewGames erano affiancati a conferenze, installazioni video, spettacoli stroboscopici o, ancora, concerti rock sperimentali dove si esibivano gruppi quali i Grateful Dead. Nei suoi anni di attività, la fondazione NewGames ebbe quale compito principale di incoraggiare i valori della creatività, il piacere e la gratificazione, in modo tale che lo spirito dei NewGames si diffuse in stretta connessione con lo sviluppo della controcultura americana. Nel 1985 la fondazione decise di sospendere la propria attività, ma lo spirito dei NewGames lanciati da Brand rimane, a oggi, attivo in un certo numero di organizzazioni che, al paradigma del gioco competitivo, preferiscono l’idea del passatempo educativo e collaborativo.