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Nell’antica terra dei Messapi

Itinerari - Il Salento offre di tutto, dai mari incontaminati al trionfo del barocco, senza tralasciare i tesori archeologici
/ 27/11/2023
Marco Horat

La Puglia, anzi il Salento, il tacco d’Italia, ma anche «un dito proteso verso Oriente» come è stato definito. Terra di immigrazione per i coloni greci arrivati nell’VIII secolo a.C., di emigrazione fino a poco tempo fa; oggi meta di un turismo di élite che l’ha scelta quale luogo di vacanza privilegiato, grazie al suo mare paragonato spesso a quello delle Maldive o dei Caraibi per i fantastici colori, come a Pescoluse; alle distese di ulivi secolari «fiere pietrificate da chissà quale incantesimo, un esercito di sculture fantastiche modellato e lavorato in maniera certosina dai venti, la pioggia, la salsedine, le gelate d’inverno e il caldo torrido d’estate» (parole di una guida del posto); ma grazie anche alla gastronomia, alla sua gente accogliente e, tanto per distinguersi, ai prezzi proibitivi… che escludono la presenza della fastidiosa massa. Durante l’estate ho letto di esclusivi gazebo da spiaggia con lettini e rinfreschi a 500 franchi al giorno. Il Salento ha preso definitivamente il posto della Sardegna?

Il mare, ma bisognerebbe dire i mari. Jonio e Adriatico accarezzano la costa per duecentocinquanta chilometri formando decine di grotte come quella visitabile della Zinzalusa. Già nel passato il mare ha fatto la fortuna di questa regione compresa grosso modo tra Brindisi, Taranto, Lecce, Otranto, Gallipoli e «Finibus terrae», oggi Capo Santa Maria di Leuca: una «finestra sull’infinito» poiché di lì si ammira un mare senza confini. Racconta la tradizione che proprio lì approdò San Pietro proveniente dalla Palestina, allorché sbarcò in Italia.

Pure l’entroterra però ha il suo fascino tra monumenti, architetture, storia e una natura che ha permesso all’uomo di vivere agevolmente per secoli. Peccato che i vacanzieri, immagino sperando di sbagliarmi, trascurino questo aspetto della regione per godersi solo le spiagge, i tuffi in mare e la vita notturna.

Allora, per ovviare all’inconveniente, facciamo noi un piccolo giro virtuale, almeno nella parte a sud di questo magico e antico Salento, visitato in diverse occasioni di persona, seguendo un filo archeologico e quello della storia, che da queste parti non ha lesinato presenze tutte da scoprire in un viaggio. Cominciando da Lecce, «nulla in Italia che si possa comparare a questa Firenze del sud» come scrisse nel 1860 un viaggiatore tedesco di passaggio.

Il trionfo del Barocco fiorito, realizzato in mille sfaccettature e declinazioni nel nome della Controriforma, utilizzando la calda pietra locale che prende vita con il mutare della luce, soprattutto all’alba e al tramonto. Di che aggirarsi per le strade col naso all’insù e scoprire figure fantastiche o di santi che sembrano animarsi all’improvviso, motivi decorativi fito e zoomorfi, architetture e colonne che sostengono terrazzini sui quali pare di vedere una dama o un cavaliere curiosare sulla via; paradossalmente, un’esplosione di vita pietrificata. Uno stile contorto e ridondante (come nella chiesa del Rosario dalle colonne avvitate) che può anche non piacere.

Grazie alle conoscenze di Matilde Carrara, archeologa conosciuta anche dalle nostre parti e con un gruppo di appassionati ticinesi di archeologia, siamo stati invitati per una cena in uno di questi palazzi barocchi, tra scaloni bui e sale decorate a stucco, quadrerie e librerie a parete, mobili originali dell’epoca. «Attenzione, per cortesia sedersi a tavola con delicatezza!» Una serata indimenticabile che ci ha permesso di assaporare alcune specialità locali, ma anche di respirare l’aria della storia, gettando uno sguardo dentro una ricca dimora aristocratica, in altri tempi preclusa a gente come noi.

Corriamo ora verso Gallipoli, la kalè polis greca (città bella), la Anxa messapica, affacciata sul mare e completamente circondata da robuste mura, raggiungibile dalla terraferma attraverso un unico passaggio costruito dai veneziani nel ’600. L’ultimo caposaldo bizantino a cadere in mano normanna nella persona di Roberto il Guiscardo, il Terror mundi di allora, nel 1071. Un gioiello nel quale andiamo a visitare un impianto tradizionale per la produzione dell’olio di oliva, in un ipogeo con frantoi in legno del ’700. L’olio di oliva ha garantito per secoli la ricchezza della città. Questo infatti era uno dei principali porti dai quali partivano a raffica grandi navi che trasportavano il prezioso olio nel mondo intero; non per condire cibi delicati o le pietanze della dieta mediterranea, bensì per alimentare le lampade che illuminavano le strade e le case di Londra e di mezza Europa!

Bisogna però fare ora un salto nell’entroterra per ammirare alcune grotte preistoriche nella zona di Parabita e nei pressi di Nardò, dove si trova la Grotta del Cavallo. La più famosa è però quella detta delle Veneri, che ha restituito due statuette femminili in osso vecchie di 20mila anni. E non dimentichiamoci dei menhir e dolmen presenti nei territori di Minervino e Giurdignano, con il dolmen di Li Scusi e il menhir di San Paolo, che non saranno Stonehenge e nemmeno i templi megalitici di Malta, ma che testimoniano della presenza umana fin da tempi remoti. Affascinanti come sono isolati in mezzo alla campagna! Come pure, sulla costa adriatica, la Grotta neolitica dei Cervi con pitture rupestri astratte e non, di sei-sette millenni or sono.

Una terra tra due mari, l’antica Messapia come i greci chiamavano il Salento, popolata da genti probabilmente di origine illirica (o anche cretese come aveva affermato Virgilio?). Un popolo di agricoltori e allevatori di cavalli venuti dall’altra sponda dell’Adriatico, ma anche di fieri difensori delle loro peculiarità, che ci ha lasciato resti di imponenti opere murarie intorno agli abitati, tombe con ricchi corredi e una lingua imparentata con l’albanese. Lo testimonia anche un recente ritrovamento archeologico della cosiddetta Mappa di Soleto, un coccio di vaso dove sono segnate in lingua messapica le città fondate dai Messapi in Salento: Taranto, Otranto, Nardò, Leuca e altre ancora. Dopo una lunga lotta furono sottomessi dai Romani nel III secolo a.C.