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Nota
Per il rilascio del permesso ed il supporto logistico, si ringraziano:
MITECO: Ministerio para la Transición Ecológica y el Reto Demografico (Ministero dell’Ambiente), www.miteco.gob.es/en
Arona Son Atlantico: Association for developing culture and responsible tourism, www.sonatlanticofestival.com
I ghepardi degli oceani
Mondosommerso - Un tuffo nell’Oceano Atlantico, al largo della costa sud di Tenerife, per scoprire la specie protetta dei Globicefali di Gray
Sabrina Belloni
Globicefalo. Nel regno animale è uno dei nomi meglio coniati per indicare la caratteristica principale di questi cetacei odontoceti: una grande testa di forma sferica, che li rende simili ai siluri. Ne esistono due sole specie: Globicephala macrorhynchus (Globicefalo di Gray) e Globicephala melas (semplicemente Globicefalo), purtroppo protagonista della efferata caccia Grindadráp, che viene effettuata nelle Isole Fær Øer.
Incuriositi da questi spettacolari mammiferi marini, che appartengono alla famiglia dei delfinidi, siamo andati a documentare i Globicefali di Gray nell’Oceano Atlantico, al largo della costa sud di Tenerife, dove i ricercatori del Università «La Laguna», dell’Istituto Oceanografico del Massachusetts e del Dipartimento di Scienze Biologiche della Danimarca li studiano da molto tempo. Essendo specie animali protette, è stato necessario ottenere un permesso speciale per poter entrare in acqua insieme ai ricercatori e fotografarli.
Hanno caratteristiche strabilianti. Mentre sono lenti e sembrano bighellonare quando nuotano in superficie, i ricercatori hanno rilevato che sono estremamente veloci quando cacciano nelle profondità oceaniche. In particolare, utilizzano la medesima strategia che viene attuata dai ghepardi nelle steppe africane, accelerando a tutta velocità per brevi tratti, mentre nuotano nel buio più totale (cacciano a 800/1000 metri di profondità) in cerca di cefalopodi (totani e calamari) e trattenendo il respiro.
I sensori (tag) utilizzati dai ricercatori rilevano la velocità, la profondità e la direzione. Con questi strumenti è stato possibile accertare che i Globicefali di Gray impiegano 15 minuti per raggiungere le profondità indicate e riemergere, scendendo verticalmente a una velocità di 10 metri al secondo e risalendo a 2,2 metri al secondo. Le modifiche corporee che la pressione della colonna d’acqua esercita sui loro tessuti sono inimmaginabili, ad esempio la riduzione del volume degli spazi aerei (i polmoni, le cavità nasali e uditive) e il richiamo di sangue che dalla periferia (capillari) affluisce al centro (dove risiedono gli organi nobili: cuore e polmoni). Quando i Globicefali di Gray individuano le prede, nuotano alla velocità massima, raggiungendo talvolta i 32 km/h, e riescono a sostenere questa andatura per 200 metri, ovviamente sempre in apnea, nell’oscurità assoluta.
Precedentemente, il mondo scientifico riteneva che i cetacei a caccia nelle profondità oceaniche si muovessero lentamente, rallentando il metabolismo per minimizzare il consumo di ossigeno. Al contrario, la strategia di caccia dei globicefali di Gray si basa su accelerazioni, il che spiega perché dopo ozino in superficie, riposando e riossigenando i tessuti.
Un’altra sorprendente osservazione è che i globicefali, come tutti i cetacei odontoceti, utilizzano la eco-localizzazione (sonar) per scovare le loro prede, emettendo suoni (click) a varie frequenze. La vista è infatti un organo inefficacie nell’oscurità e per la densità dell’acqua marina. Emettere click implica un consumo di aria (e sono in apnea) e un dispendio di energia non indifferente. Essi sono prodotti facendo transitare aria compressa nelle cavità naso-faringee sino agli organi vestibolari, ma a mille metri di profondità è disponibile solamente l’uno per cento del volume di aria respirato in superficie. I ricercatori ritengono che l’aria venga imprigionata nella trachea e negli spazi aerei della testa, mentre il volume polmonare collassa all’aumentare della pressione idrostatica.
Nell’area occidentale dell’arcipelago delle Canarie, le isole fanno da scudo alle correnti oceaniche, generando vortici e correnti ascensionali vicino alle coste, che aumentano la disponibilità di nutrimenti per tutta la catena alimentare marina e pertanto sostengono una maggiore biodiversità di specie, non lontano dalla costa. La vicinanza all’isola consente di avere acque superficiali più calme, adatte all’allevamento dei cuccioli e pertanto quest’area ocea-nica è nota per essere frequentata da una popolazione stanziale di globicefali, a cui periodicamente si uniscono popolazioni nomadi, garantendo così anche una buona diversità genetica nei membri delle comunità residenti.
Nei giorni che abbiamo trascorso a Tenerife, abbiamo potuto documentare gruppi di adulti, esemplari giovanili e cuccioli di pochi giorni, giocare e interagire vicino alla superficie dell’oceano. Sono animali molto sociali e hanno una spiccata curiosità per tutto ciò che è diverso o anomalo rispetto alla quotidianità. Ogni esemplare delle varie famiglie ha legami con gli altri membri del proprio gruppo di appartenenza matrilineare e svolgono insieme molte attività: riposare, cacciare, socializzare, giocare, viaggiare… e anche fare i funerali.
È stato veramente coinvolgente osservare e cercare di rappresentare fotograficamente il comportamento di un intero gruppo, nel quale due femmine hanno vagato senza meta in oceano aperto per giorni e notti, trasportando i propri cuccioli morti alla nascita, tenendo la loro coda fra le labbra, riluttanti a lasciarli sprofondare nelle profondità abissali. Dagli atteggiamenti del maschio dominante e delle altre femmine del gruppo si intuiva chiaramente che la perdita dei due cuccioli influenzava l’intera comunità. Le femmine adulte nuotavano vicino alle due mamme, scortandole gentilmente nel loro girovagare. Il maschio manteneva i ricercatori a debita distanza dalle due madri: non è mai stato aggressivo, ma l’intento di proteggere i membri della comunità era ben chiaro.
In queste situazioni, una delle cose più difficili è gestire le proprie emozioni, evitando di interpretare i comportamenti degli animali selvatici in base alla logica e alle culture umane.