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Selvatici che scompaiono
Mondoanimale - Il 4 ottobre invita alla riflessione sull’accelerazione dell’estinzione di alcune specie
Maria Grazia Buletti
Il ventaglio di giornate dedicate agli animali a livello globale è ampio. Per citarne qualcuna fra le più originali, il 13 ottobre è dedicato alla Giornata di sensibilizzazione sull’obesità degli animali che, dicono gli ideatori, «non deve essere sottovalutata, perché l’obesità può comportare altri problemi di salute e influire sulla loro qualità di vita, così come sulle attività dei nostri beniamini a quattro zampe». Che dire, poi, del 28 ottobre dedicato alla Giornata mondiale degli amanti dei peluche a forma di animale? Viene suggerita come la «Giornata ideale per comprare un nuovo gioco».
Chicche a parte, fra le giornate declinate ai nostri animali nei modi più improbabili, rimane importante quella di oggi, 4 ottobre, genericamente detta Giornata mondiale degli animali. Un momento che dovrebbe indurre a qualche riflessione più profonda verso quelli che sono i nostri coinquilini, domestici o selvatici, su questa terra. A questo proposito, sono sempre più allarmanti i dati riportati dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn) che parla addirittura di una «sesta estinzione di massa» che «sta accelerando a un ritmo vertiginoso e così è pure per il numero di animali in via di estinzione».
Dal 1964 L’Iucn organizza i dati raccolti in tutto il mondo, stilando una «lista rossa» che indica come oggi gli attuali tassi di scomparsa per le specie sono da cento a mille volte maggiori rispetto a quelli precedenti: «Il 21 per cento delle specie di uccelli, il 27 per cento delle specie di mammiferi e il 36 per cento delle specie di anfibi sono minacciate dall’estinzione». Parallelamente, un recente rapporto intergovernativo sulla crisi della biodiversità ha stimato che l’estinzione minaccia fino a un milione di specie animali e vegetali, note e sconosciute.
La vincitrice del premio Pulitzer Elizabeth Kolbert afferma sul «National Geografic» che «bisogna pensare a una specie come a un pezzo di puzzle». Che si tratti di una scimmia o di una formica, dice la Kolbert: «Ogni specie ci offre una risposta alla domanda “come vivere sul pianeta Terra?”». Le caratteristiche genetiche di una specie (genoma) vengono paragonate a una sorta di manuale: «Quando la specie si estingue, quel manuale va perso». In questo senso, stiamo distruggendo la «biblioteca della vita». E purtroppo, data la frequenza delle estinzioni, ci stiamo abituando.
Scoprire la varietà delle specie viventi contribuisce ad arginare questa desensibilizzazione e ci insegna quanto ogni specie che si sta perdendo sia invece essenziale. In fondo, è vero che l’estinzione di una specie può annoverarsi fra i fenomeni naturali da sempre esistenti.
Secondo il Wwf (e come riportato dal «National Geographic»), purtroppo quanto avviene negli ultimi anni è stato accelerato (se non addirittura innescato) dall’essere umano, dalla sua azione sull’ambiente e sugli habitat naturali, come ad esempio la deforestazione, l’agricoltura intensiva e l’introduzione di specie aliene vegetali o animali: «Ad oggi, più del 99 per cento delle estinzioni delle specie attuali sono attribuibili all’attività antropica: la perdita e la degradazione degli habitat naturali è la più grande minaccia per gli animali in via di estinzione, e la distruzione degli habitat è causata principalmente dalla conversione della terra per le attività dell’uomo quali agricoltura, commercio, edilizia abitativa e deforestazione».
Inoltre, tra le cause riconducibili all’uomo emergono il bracconaggio e l’uso non sostenibile e il commercio illegale di alcuni animali che rappresentano una grave minaccia anche per la sopravvivenza degli ecosistemi in cui queste specie naturalmente vivono. Infine, lo sfruttamento eccessivo delle risorse, i cambiamenti climatici e l’inquinamento sono indicati come le altre cause dell’estinzione degli animali direttamente o indirettamente imputabili all’uomo.
Fra gli animali in via d’estinzione nel mondo quelli più minacciati sono una decina, fra le quali spicca l’Orso polare che, con i circa 22mila esemplari rimasti, sta scomparendo insieme all’ambiente in cui vive «a causa del surriscaldamento globale che sta provocando lo scioglimento del Polo Artico, habitat da cui dipendono la sua sopravvivenza e alimentazione». Restano solo una sessantina di esemplari di Rinoceronte di Giava, condannato inesorabilmente a morte dal bracconaggio indiscriminato a causa del suo corno che può valere oltre 30mila dollari al chilo sul mercato nero ed è particolarmente richiesto nella medicina tradizionale cinese.
Quattro specie di tigri sono già estinte e nel territorio asiatico ne restano solo cinque sottospecie: «circa 4mila esemplari». Purtroppo, le tartarughe marine scambiano la plastica che galleggia nell’oceano per cibo e sempre secondo le stime del Wwf «ogni anno circa 150mila tartarughe marine finiscono catturate negli attrezzi da pesca nel Mediterraneo; di queste, oltre 40mila muoiono».
E via elencando: la lista comprende il Gorilla di montagna, il Leopardo dell’Amur, l’Elefante e l’Orango di Sumatra, una certa percentuale di farfalle in Europa, fino all’Orso bruno delle nostre latitudini che «ha visto drasticamente ridursi l’habitat e il numero dei suoi esemplari che, ad oggi, sono appena una cinquantina raccolti all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise». La lista non annovera solamente altre specie in via di estinzione, ma porta a riflettere sul fatto che non basta più solo pensarci: ora agire responsabilmente sarebbe opportuno e urgente.