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La Rabbia, un virus da tenere lontano
Mondoanimale - L’Usav invita a non abbassare la guardia su questa malattia virale letale per l’animale e per l’uomo
Maria Grazia Buletti
«Dal 1998/1999 la Svizzera è un paese esente da rabbia e ogni rischio maggiore di introduzione è rappresentato dall’importazione illegale di cani o di altri animali da compagnia da paesi a rischio». A ridosso della Giornata mondiale della rabbia del 28 settembre scorso, con queste chiare parole l’Ufficio del veterinario cantonale (Uvc) ricorda il grande successo della nostra nazione per aver debellato una malattia trasmissibile all’uomo (zoonosi) da tutti gli animali domestici e selvatici che ne possono essere colpiti. Ma comporta anche un serio monito rivolto alla leggerezza di chi non si attiene alle severe regole veterinarie e sanitarie di importazione di animali dall’estero.
La trasmissione di questa malattia virale avviene dall’animale ammalato all’essere umano «attraverso il morso e la contaminazione di ferite o piccole lesioni cutanee con la saliva dell’animale infetto»; tale contagio porta alla morte il soggetto colpito.
Le severe misure legislative e di controllo hanno fatto sì che oggi in Svizzera «i casi di rabbia nell’essere umano siano straordinariamente rari e gli ultimi noti risalgono al 1977». Uno scenario altrettanto sereno non appartiene, per contro, alla situazione mondiale: «Letale sia per l’essere umano sia per gli animali, la rabbia provoca ogni anno quasi 60mila casi di decessi umani in tutto il mondo», asserisce l’Ufficio federale della sicurezza alimentare e veterinaria (Usav) che si allinea all’Uvc nel mettere all’erta sul fatto che «malgrado la Svizzera sia indenne da rabbia dal 1999, la malattia può essere introdotta nel nostro Paese in qualsiasi momento».
Severi sono i disturbi che manifestano i mammiferi colpiti da rabbia: «Si tratta di disturbi comportamentali, crampi muscolari e paralisi, con esito mortale». Tutti i mammiferi possono esserne colpiti, ma quelli più frequentemente attaccati da questa nefasta malattia virale sono i carnivori. Mentre «i pipistrelli possono essere portatori della rabbia dei pipistrelli e gli uccelli si ammalano molto raramente», puntualizza l’Usav che così traccia pure lo scenario europeo, indicando la volpe come l’animale che porta e trasmette più di frequente la rabbia. Inoltre: «In Svizzera fungono da vettori anche le martore, i tassi, i cani e i gatti. I ruminanti e gli equini infetti rappresentano un ulteriore pericolo per l’essere umano».
La malattia parte, dunque, dagli animali nei quali sono stati individuati i sintomi precoci nei disturbi del comportamento, febbre o attacchi di prurito nel punto della morsicatura: «Nella fase neurologica acuta si manifestano rabbia furiosa o rabbia muta. La prima è caratterizzata da iperattività, maggior propensione a mordere, difficoltà a deglutire e aumento della salivazione».
Sintomi severi che il virologo italiano Roberto Burioni spiega attraverso il meccanismo di trasmissione del virus nel suo libro Virus, la grande sfida: «Il virus della rabbia provoca una gravissima infiammazione che si localizza in particolare nella regione cerebrale che regola l’aggressività. Questo fa diventare l’animale cattivo e provoca un disturbo che impedisce la deglutizione della saliva. Proprio la saliva contiene il virus in grande quantità, visto che sempre attraverso le fibre nervose, esso arriva alle ghiandole salivari (…) grazie a queste scelte, il virus trasforma un animale pacifico in un’efficiente macchina asservita alla sua trasmissione particolarmente tragica e violenta». Così tanto da essere per l’appunto letale, come conferma Burioni: «L’infezione umana da parte del virus della rabbia è l’unica malattia infettiva mortale praticamente al cento per cento».
I sintomi della malattia nell’uomo appaiono dopo un periodo che va da circa dieci giorni fino a tre mesi dal contagio e, rileva l’Usav, «sono caratterizzati da malessere generale, febbre, dolori muscolari e disturbi della sensibilità nella zona della morsicatura. In seguito, si osservano movimenti incontrollati, crampi, attacchi d’ira, nonché crampi respiratori e della deglutizione. Più tardi appaiono paralisi e alla fine il coma, mentre la morte avviene spesso per paralisi del centro respiratorio».
Uno scenario da brivido, certo, e che ben giustifica le severe misure intraprese per liberare il nostro Paese da questo virus, insieme a quelle di sorveglianza e alle raccomandazioni che lo scorso settembre, in occasione della giornata mondiale, sono state chiaramente ribadite dall’Usav, insieme ad altre interessanti informazioni: «In Svizzera si è svolta con successo una campagna di vaccinazione delle volpi, che consisteva nel distribuire esche contenenti il vaccino. In tal modo, si è riusciti a eradicare la malattia».
Per la sua natura di epizoozia da debellare è quindi soggetta a notifica. A tal proposito, l’Usav invita «chiunque osservi animali selvatici o domestici senza padrone che presentano sintomi sospetti di rabbia, a notificarlo alla polizia, alla polizia della caccia o a un veterinario». Infine: «Gli animali domestici e selvatici sospetti di rabbia devono essere uccisi immediatamente».