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Foglie spinose come difesa simbolica

Botanica - La fondazione tedesca «Baum des Jahres» ha stabilito che l’Albero dell’anno del 2021 sarà l’agrifoglio
/ 28/12/2020
Marco Martucci

Con le sue foglie verdi lucenti e i suoi frutti rossi, l’agrifoglio è l’Albero dell’anno 2021. Lo ha eletto la fondazione tedesca «Baum des Jahres» che dal 1989 compie la sua scelta, accolta e condivisa pure in Svizzera da diversi attori della scena ambientale e forestale. Un bell’esempio di come gli alberi e la natura tutta non conoscano i confini fra le nazioni.

L’agrifoglio è infatti noto e ben presente anche da noi. I tedeschi lo chiamano Stechpalme, che vuol dire palma pungente anche se con le palme non ha nulla da spartire. Non pochi, anche nella Svizzera tedesca, pensano che sia un albero esotico, sfuggito da qualche giardino, alla stregua delle palme della nostra regione. Ma l’agrifoglio è praticamente da sempre parte della flora europea.

Chiamato anche «alloro spinoso», arbusto o albero alto fino a venti metri, l’agrifoglio è particolarmente bello e decorativo in inverno. Il suo nome scientifico, Ilex aquifolium, famiglia Aquifoliacee – datogli dal grande Linneo, lo svedese Carl von Linné, padre della sistematica e della nomenclatura dei viventi – indica la sua appartenenza al genere Ilex, per la vaga somiglianza con il leccio (Quercus ilex) e alla specie aquifolium per le sue foglie aguzze, acuminate sulle punte e ondulate spinose lungo il margine, coriacee, arma dissuasiva nei confronti degli animali che volessero cibarsene. Gli esemplari più vecchi, infatti, hanno foglie lisce sui rami più alti, irraggiungibili. La presenza di foglie con forme diverse sulla stessa pianta è chiamata eterofillía, tipica anche dell’edera. L’agrifoglio è verde tutto l’anno ma le sue foglie non sono sempre le stesse: semplicemente non cadono tutte insieme e vivono fino a tre anni.

Fiorisce fra aprile e maggio con fiori bianchi, non vistosi e profumati, maschili e femminili su alberi diversi, agrifogli maschi che forniscono il polline e agrifogli femmina. Solo questi producono frutti, della grandezza d’un pisello, inizialmente verdi, rossi a maturazione, gialli in alcune varietà. Rimangono a lungo sull’albero ed è perciò possibile vedere i frutti non ancora caduti insieme ai fiori. Mentre questi ultimi sono ricercati dagli insetti impollinatori, i frutti rappresentano un apprezzato nutrimento invernale per gli uccelli, come merlo e beccofrusone. Gli uccelli hanno una vista particolarmente sensibile al rosso e distinguono così i frutti acerbi da quelli maturi. I frutti dell’agrifoglio sono simili a bacche ma in realtà sono drupe, frutti a nócciolo e sono tossici per l’uomo.

Molto decorativo anche nei giardini, l’agrifoglio esiste in numerose varietà coltivate ornamentali, con foglie e frutti di colori differenti. Il grande umanista, medico e botanico italiano del Cinquecento Pietro Andrea Mattioli, celebre per le sue bellissime tavole botaniche, segnalava già ai suoi tempi l’uso dei rami pungenti di agrifoglio per difendere le dispense dai roditori. Il nome popolare «pungitopo maggiore», in uno dei nostri dialetti «spungiaratt», è significativo. L’aggettivo «maggiore» lo distingue dal pungitopo minore, Ruscus aculeatus, sempreverde del sottobosco, con bacche rosse e ramoscelli simili a foglie, pungenti, appartenente alla famiglia botanica delle Asparagacee.

Pungitopo, agrifoglio sono, insieme con la Rosa di Natale, l’abete, il vischio, tipiche piante delle feste di fine anno, rare apparizioni verdi nel bosco invernale spoglio. L’uso dell’agrifoglio risale a tempi precristiani. In Irlanda, ad esempio, si attaccavano rami di agrifoglio sulle porte delle case, per tener lontani i cattivi spiriti, durante le feste del solstizio d’inverno. L’usanza si mantenne anche dopo la cristianizzazione, adattandola alla nuova simbologia.

A questo proposito è interessante il testo d’un noto canto popolare natalizio, un cosiddetto «Christmas Carol» inglese, The Holly and The Ivy (L’agrifoglio e l’edera), su musica d’antica origine francese. Fra l’altro, il nome francese dell’agrifoglio, houx, ha la stessa radice di quello inglese. Le foglie pungenti evocano la corona di spine e il rosso dei frutti il sangue versato sulla Croce. Pensando a «holly» non può non venire in mente Hollywood, il quartiere di Los Angeles, capitale mondiale del cinema. È molto improbabile, se non impossibile, che il nome Hollywood, «bosco di agrifogli», abbia qualche nesso con la pianta. Negli Stati Uniti esiste una specie di agrifoglio, Ilex opaca, non presente però in California. Qui si trova un arbusto sempreverde con piccoli frutti rossi che maturano in autunno-inverno, noto come «California Holly» o «toyon», presente anche nei dintorni di Los Angeles.

Un’altra delle tante versioni più o meno credibili sull’origine del nome Hollywood nasce da un fatto che sarebbe accaduto nel 1886. In quell’anno, l’imprenditore Hobart Johnstone Whitley, «padre di Hollywood», avrebbe visto, sulla collina sopra Los Angeles, un cinese. Incuriosito, gli chiese cosa stesse facendo e quello gli rispose «I holly-wood», intendendo «I’m hauling wood», cioè «sto trasportando legna». Whitley ne fu ispirato. Fa un po’ sorridere, però chissà.

Ma torniamo alla realtà con il nostro agrifoglio europeo. Fra gli usi del suo legno, troviamo nientemeno che un bastone appartenuto a Johann Wolfgang von Goethe e un altro a Franz Liszt. Per chi preferisse invece un po’ di fantasia, è di legno d’agrifoglio la bacchetta magica di Harry Potter.

Trovare l’agrifoglio dalle nostre parti non è molto difficile. In Ticino lo possiamo incontrare nei boschi di faggio o di castagno, più abbondante nel Sottoceneri, come in Malcantone, al Monte San Giorgio, sulle colline intorno a Lugano. Preferisce inverni miti ed estati non eccessivamente asciutte. All’interno del bosco assume portamento arbustivo. Rari esemplari isolati possono diventare veri e propri alberi. La sua diffusione sta aumentando un po’ dappertutto, in parte probabilmente per il cambiamento climatico, in parte anche per la sua protezione.

Ricercatissimo e oggetto di raccolte più o meno selvagge, era stato inserito nella lista delle specie protette. Da qualche anno, in Ticino è di nuovo permesso raccoglierlo, come per le altre piante non protette, nella quantità che si può tenere in una mano. Altrove, in Germania e nei cantoni di Argovia e Sciaffusa, la raccolta è ancora vietata.