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L’abbraccio caldo della Natura
Geotermia - Cambiamenti climatici e tensioni geopolitiche portano la gestione delle fonti energetiche al centro dell’agenda politica internazionale e l’Islanda si fa laboratorio di geologia e vulcanologia a cielo aperto
Amanda Ronzoni, testo e foto
Ci sono pochi luoghi al mondo dove si può praticamente guardare e studiare cosa succede live nelle profondità della Terra. L’Islanda è uno di quelli. Giovane dal punto di vista geologico, la sua particolare formazione ne fa un laboratorio di geologia e vulcanologia a cielo aperto. È una terra inquieta, che sotto la coltre dei suoi smisurati ghiacciai nasconde un cuore incandescente. Per fare un esempio d’attualità, il vulcano Fagradallfjall è entrato in eruzione lo scorso 19 marzo dopo mesi di sciami sismici riattivando una regione da lungo tempo relativamente tranquilla. Si tratta di un’eruzione di tipo fissurale, tipica islandese, ovvero caratterizzata dalla fuoriuscita di materiale lavico non da un’unica bocca ma lungo una frattura superficiale più o meno allungata.
Fin dall’antichità quest’isola è stata fonte di ispirazione per scrittori e poeti, scienziati e viaggiatori. Giacomo Leopardi scelse proprio un islandese come paradigma dell’uomo che si confronta con la potenza/prepotenza della Natura, nel suo Dialogo della Natura e di un Islandese, forse impressionato, dai racconti che di questa remota isola faceva già nel Settecento Voltaire. Jules Verne fece iniziare il suo Viaggio al centro della Terra dal cratere di un vulcano islandese, lo Snæfell. Nessuno di loro visitò mai l’Islanda, che però nei secoli ha mantenuto la sua fama di luogo ostile e inospitale.
Eppure, oggi i 350mila abitanti di questa crosta lavica emersa poco sotto il Circolo Polare, sfidando il pessimismo cosmico leopardiano, appaiono spesso in cima alla classifica dei paesi più felici del mondo e hanno saputo trasformare la minaccia del fuoco che si agita sotto i loro piedi in energia pulita e in una fonte di benessere.
La rivoluzione verde dell’Islanda è partita nel XX secolo: le sue uniche fonti di energia erano la torba e il carbone importato dall’estero. Da fanalino di coda dell’Europa ha raggiunto l’indipendenza energetica ed è diventato uno dei paesi con la più alta qualità della vita, grazie allo sfruttamento del calore della Terra. Circa l’85 per cento dell’energia primaria utilizzata in Islanda deriva da risorse rinnovabili locali, di queste, la geotermia rappresenta il 66 per cento.
L’isola è un punto caldo di magma emerso proprio in corrispondenza della dorsale medioatlantica che la divide (semplificando) in due. In corrispondenza delle aree vulcaniche attive ci sono una ventina di zone molto calde, dove il vapore dei campi geotermali raggiunge i 250°C entro i mille metri di profondità. Lontano dalle zone di faglia, nelle regioni più «vecchie» dell’isola da un punto di vista geologico, si trovano invece circa 250 aree a temperatura più bassa, ovvero non superiore ai 150°C. In prossimità di questi luoghi sono state individuate più di 600 sorgenti naturali d’acqua calda spesso utilizzate dalla popolazione come piscine termali.
Anche l’acqua, infatti, ha un ruolo fondamentale nello sfruttamento dell’energia geotermica. Con risvolti spettacolari, come i geyser, fumarole e pozze di acqua bollente. Quest’ultima, incanalata, viene portata nelle case, per lavarsi e per il riscaldamento.
Attualmente circa il 90 per cento delle abitazioni in Islanda è riscaldata grazie alla geotermia (il restante 10 per cento con energia elettrica e una percentuale sempre più bassa a gasolio).
Dal 2001, grazie all’acqua calda di origine geotermale, anche Reykjavík , ha la sua spiaggia dove è possibile fare il bagno nelle lunghe giornate estive: è la Nauthólsvík Geothermal Beach, dove il mare della piccola baia, protetta da una paratia, è riscaldato a 15-19°C con l’acqua geotermale in eccesso proveniente dalle cisterne in cima alla collina (a Öskjuhlíð) che sovrasta la capitale.
Nell’Islanda occidentale, a Deildartunguhver, si trova la sorgente geotermale più potente d’Europa: dal sottosuolo sgorgano 180 litri d’acqua al secondo a una temperatura di 100°C. Tutte le persone che si trovano nel raggio di 65 km da qui fanno la doccia bollente grazie a questa fonte. Una serie di centrali geotermali situate nei punti più attivi dell’isola, inoltre trasformano tutto questo calore in elettricità che viene mandata in giro per il paese. Ma gli islandesi sono andati oltre.
Il 78 per cento del suolo non è adatto all’agricoltura: solo l’un per cento del territorio è coltivato, prevalentemente a fieno e foraggio per gli animali. Piante da frutto e verdure faticano a crescere a causa del clima imprevedibile che consente un limitato periodo di maturazione a una limitata varietà di prodotti: fino al secolo scorso si riusciva a ottenere rape, carote, cavoli, patate e cavolfiori a sufficienza, coltivate nei terreni caldi in prossimità delle aree geotermali nei giorni estivi, ma in inverno era necessario ricorrere alle costose importazioni dall’estero.
Nel 1924 fecero la loro apparizione le prime serre riscaldate con energia geotermica; poi venne introdotta l’illuminazione artificiale, sempre della medesima origine. Oggi nei supermercati è possibile acquistare pomodori, cetrioli, peperoni e fragole prodotti localmente. Ma fin qui è quasi banale. Che ci crediate o no, la coltivazione di banane più grande d’Europa dopo quelle delle isole Canarie si trova a 45 km a sud est di Reykjavík, a Hveragerði, un’area geotermale che cominciò a svilupparsi intorno agli anni Venti, proprio grazie ai primi esperimenti di geotermia applicata alle coltivazioni.
Il Dipartimento di Agricoltura gestisce ancora oggi una serra tropicale di 1100 mq, avviata negli anni Quaranta dalla Società Islandese di Orticoltura che vi piantò appunto banane. Si trattò di un esperimento su piccola scala. Purtroppo, i tempi di maturazione non sono soddisfacenti e l’iniziativa non è redditizia. Due anni per ottenere un raccolto che in Sud America e in Africa richiede pochi mesi. L’idea di esportare banane è tramontata, ma i banani di Hveragerði sono ancora là.
L’energia geotermale viene poi impiegata per l’essiccazione del pesce e delle alghe, l’allevamento ittico, la produzione di diatomite e anche quella di sale marino, prodotti per il benessere e la salute. Oltre che per sequestrare CO2 nel terreno. What else?
La morfologia e la geologia dei nostri territori sono differenti. Ma la geotermia, specie quella a bassa entalpia, che sfrutta il gradiente termico, ovvero la differenza di temperatura del terreno in superficie e a basse profondità, senza ricorrere a trivellazioni profonde, è in ascesa e permette di climatizzare casa. E non solo. Fate un salto alla serra tropicale di Frutigen (www.tropenhaus-frutigen.ch), che sfrutta l’acqua calda da sorgenti di montagna del Lötschberg per l’itticoltura e la produzione di calore, combinata a eliotermia, fotovoltaico e a un impianto a biogas.
E la sostenibilità è servita.