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Alberi per il futuro della Svizzera

Sono in corso le piantagioni sperimentali dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio
/ 03/10/2022
Loris Fedele

Come saranno i nostri boschi del futuro? Cosa cambierà e in quale modo dovrebbero cambiare? Siamo pronti ad affrontare i cambiamenti che si presenteranno? Sono alcune delle domande che gli esperti del settore si fanno da tempo, in particolare da quando i cambiamenti climatici in atto stanno condizionando la nostra vita e quella delle specie viventi.

Aumentano le temperature, gli eventi estremi sono sempre più frequenti e i nostri boschi sono in continua evoluzione. Arrivano neofite invasive, diverse specie indigene soffrono il cambiamento climatico, e intanto il bosco avanza verso quote più alte. Il quadro generale in prospettiva futura si sta complicando.

La funzione di protezione svolta dai nostri boschi resta fondamentale per fronteggiare catastrofi naturali ed eventi estremi quali frane e valanghe, smottamenti di terra e colate di fango, inevitabili sulle nostre Alpi. Per queste ragioni, insieme alle molteplici funzioni che migliorano la nostra qualità di vita, i boschi vanno salvaguardati.

La Confederazione, i servizi forestali cantonali, le aziende forestali, i vivai e i ricercatori dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (WSL) si sono mobilitati: per comprendere quali specie arboree saranno più adatte alle condizioni climatiche future hanno avviato il progetto «Testpflanzungen» (Piantagioni sperimentali di specie arboree a prova di futuro).

Sono previste 59 piantagioni in altrettante località, distribuite in tutta la Svizzera e a diverse quote. Il programma di sperimentazione sul campo è cominciato con i primi impianti fatti a Bergün (Grigioni), sul passo dell’Albula, nell’autunno 2020. Nello stesso periodo si è passati in Bregaglia, poi sull’altipiano, a Bulle (Friborgo), a Luterbach (Soletta), in seguito a Uznach (San Gallo), e a Froideville (Vaud). L’elenco delle località è lungo, le piantagioni sono ancora in corso e dovrebbero venir completate nella primavera dell’anno prossimo. Poi ci sarà la lunghissima fase di test.

Per quanto riguarda il Canton Ticino sono state scelte sei superfici: in quattro la piantumazione è completata, nella quinta è in corso, l’ultima sarà pronta la primavera prossima. Le zone interessate si trovano a Stabio, Novaggio, Losone, Ronco S/Ascona, Locarno, Serravalle. A seconda delle dimensioni dei terreni e delle caratteristiche della zona il programma contempla di testare da 4 a 18 specie arboree, che sono state selezionate tenendo conto delle valutazioni dei rappresentanti cantonali e di altri esperti.

Le varietà scelte sono state suddivise in due gruppi. Il primo gruppo base è formato da 9 specie da provare in circa 35 piantagioni sperimentali. Le specie sono: l’abete bianco, l’acero di montagna, il faggio, il larice, l’abete rosso, il pino silvestre, la douglasia, il rovere e il tiglio riccio. Compongono invece il secondo gruppo, definito complementare, due tipi di aceri: il loppo e l’acero riccio. Poi ci sono: il cedro dell’atlante, il nocciolo di Costantinopoli, il noce, il ciliegio, il cerro, la quercia farnia e il sorbo torminale.

Le 9 specie di questo gruppo sono piantate in circa 15 località. Tutte le 18 specie di alberi che prendono parte alla sperimentazione saranno anche testate in 6 piantagioni prescelte, definite dal programma come «super siti». Le 18 specie arboree sono rappresentative di quelle specie che vengono considerate potenzialmente le più capaci ad adattarsi alle mutate condizioni indotte dai cambiamenti climatici nel bosco svizzero.

Il cospicuo numero dei siti scelti per la sperimentazione e la loro ubicazione in località e a quote che presentano un’ampia gamma di condizioni climatiche durante l’anno daranno riscontri scientificamente attendibili. Anche la lunghezza del programma, che dovrebbe coprire un arco temporale che va dai 30 ai 50 anni, è fondamentale per prevedere cosa succederà nei nostri territori.

Il materiale di piantagione è stato procurato in collaborazione con molti vivai svizzeri e partner stranieri. Alcune delle specie arboree impiegate sono coltivate anche al Vivaio del Canton Ticino di Lattecaldo e al giardino sperimentale del WSL.

Gli obiettivi principali del progetto sono tre: studiare l’adattamento del bosco nei confronti dei cambiamenti climatici, poi identificare i fattori ambientali che determinano la sopravvivenza, la vitalità e la crescita delle specie arboree, infine fornire delle indicazioni sulle specie da prediligere per la gestione futura dei boschi. Le informazioni raccolte saranno preziose per la pianificazione forestale, ci conferma Adrian Oncelli della Sezione forestale cantonale.

Sicuramente in Svizzera una delle piante che sta soffrendo di più il cambiamento climatico è l’abete rosso, anche perché in passato è stato largamente promosso e utilizzato per usi commerciali e piantato un po’ dappertutto, anche dove non si sarebbe dovuto. Sull’altipiano a nord delle Alpi lo troviamo in grandi estensioni a basse quote mentre è una specie adatta a quote più elevate. Se soffre per il cambiamento climatico è anche in parte perché in certi casi, come detto, non è stato piantato nel luogo più adatto. Poi c’è anche il faggio, che in alcune zone della Svizzera, come ad esempio nel Jura, ha accusato forti morie.

Quindi, quali specie potrebbero essere più adatte per il futuro della Svizzera? Le risposte arriveranno, nel frattempo qualche certezza tuttavia è già evidente. Per noi a sud delle Alpi potrebbero essere interessanti per esempio alcune varietà di querce, di sorbi e di aceri oppure specie di provenienza mediterranea. Una cosa sembra evidente: la riduzione delle specie conifere aghifoglie in favore delle latifoglie, generalmente più adatte al clima che si prospetta.

Se in passato si promuovevano boschi di puro abete, o solo di faggio, o bosco puro di castagno, d’ora in poi varrà la pena di cercare di ripopolare i boschi con più diversità di specie, quindi con una mescolanza maggiore e una resilienza maggiore rispetto a quelli che possono essere gli eventuali disturbi come il cambiamento climatico o l’arrivo di insetti o altri patogeni.

Riguardo al castagno, al quale siamo affezionati perché nelle nostre zone fa parte della storia e della tradizione, purtroppo numerosi e argomentati studi scientifici, tra i quali uno recente di Marco Conedera, esperto ricercatore presso il WSL di Cadenazzo, suggeriscono che non sia una specie capace di resistere bene al crescere delle temperature estive e ai lunghi periodi di siccità. Tuttavia con una buona gestione forestale potremo salvare e sfruttare ancora bene il patrimonio esistente.