azione.ch
 



La misteriosa «memoria» del cuore

Medicina e filosofia: domande aperte sui fenomeni post trapiantali nelle persone che hanno ricevuto l’organo da un donatore
/ 21/04/2025
Maria Grazia Buletti

«Odiavo la musica classica, ma ora la adoro: tranquillizza il mio cuore e la ascolto tanto. Non penso dipenda dal mio nuovo cuore perché il donatore, un ragazzino dai quartieri, non ascolterebbe mai questa roba, piuttosto musica rap. Dopo il trapianto riesco persino a fischiettare musiche classiche che non ho mai ascoltato in vita mia! Come posso conoscerle?». Queste le parole di un signore al quale è stato trapiantato il cuore (da: Pearsall et al., Changes in Heart Transplant Recipients That Parallels the Personalities of their Donors, 2000, pag. 68). È convinto che questa sua inedita passione per la musica classica non dipenda dal suo nuovo cuore. Ma una ricerca permette di scoprire che il donatore è un ragazzo di 17 anni che perde la vita mentre si reca a lezione di musica, e muore abbracciato alla custodia del suo violino. Un’altra testimonianza di fenomeni post trapiantali è descritta da Claire Sylvia nel suo libro Con il cuore di un altro (ed. Mondadori) nel quale racconta di avere 47 anni quando subisce un trapianto di cuore e polmoni. L’operazione riesce ma, una volta guarita, Claire comincia a sentirsi diversa. Indaga sulle abitudini del donatore e si rende conto di avere «assorbito» le caratteristiche del giovane il cui cuore ha sostituito il suo: «Scopro di essere diventata ghiotta di cibi che prima detestavo, ad esempio la birra; preferisco le tinte pastello e non indosso più l’arancione e il rosso squillante che prima prediligevo; comincio a comportarmi con un’aggressività e una sicurezza un tempo a me sconosciute; d’un tratto amo andare in moto, e cinque mesi dopo l’operazione faccio un sogno sorprendente dove incontro un ragazzo di nome Tim». Al risveglio Claire è certa si tratti del suo donatore e va alla ricerca di una spiegazione con l’aiuto di medici, biologi e teologi, trovandola: «Tim, il mio donatore, adorava bere birra, amava i giri in moto, era energico e assertivo ed era deceduto in un incidente con la moto che tanto amava».

Sono solo due delle storie riportate da alcuni pazienti trapiantati di cuore, che poi trovano riscontro reale nelle ricerche su vita, temperamento e abitudini del donatore. «Siamo davanti a dei casi molto particolari, interessanti e abbastanza rari (osservati solo sul 6% circa dei trapiantati di cuore, e non di altri organi), ma che testimoniano una perfetta corrispondenza tra quella che è stata la vita del donatore e quella che ora è la vita del paziente trapiantato di cuore». Così esordisce la dottoressa Chiara Legnaro, filosofa, illustrando la sua ricerca The Dark Side of the Heart. Coscienza, filosofia e medicina alla luce dei trapianti di cuore in una conferenza tenutasi lo scorso mese di gennaio al Centro di Ricerca in Etica Clinica dell’Università degli Studi dell’Insubria. Sulla base dell’accurato studio delle testimonianze e dei relativi riscontri, la sua ricerca sui cosiddetti «fenomeni post trapiantali» parte dal seguente presupposto: «E se il cuore fosse il ponte tra corpo, mente e coscienza? Questo mio lavoro attraversa i sottili confini tra le più recenti scoperte della medicina, della filosofia e della fisica, esplorando come i trapianti di cuore possano riscrivere il rapporto tra corpo e mente: un viaggio unico e rivoluzionario per riscoprire il cuore non solo come organo della vita, ma come custode dell’identità e del suo significato più profondo».

Per cominciare, Legnaro osserva che «stando alla letteratura medica, questi episodi in cui sono trasferite dal donatore al trapiantato caratteristiche emotive e sensoriali, un nuovo gusto musicale, la passione per un cibo prima mai amato, il riconoscere il famigliare del proprio donatore senza sapere che è lui, accadono solo con il cuore e sono avvertiti anche da parenti, amici e coniugi dei pazienti trapiantati». Un tema molto forte che la filosofa esplora con accuratezza scientifica, escludendo dapprima altre plausibili cause: «Nei pazienti riceventi non sono presenti patologie psichiatriche; questi fenomeni non derivano da conoscenze pregresse sul donatore perché il paziente non ha nessuna informazione su di lui; non sono sovrapponibili con disturbi di personalità (hanno un quadro sintomatologico diverso da questi casi); non sono sovrapponibili con effetti collaterali dei farmaci immunosoppressori (basterebbe sospendere la terapia per veder scomparire gli effetti e così non è)». La nostra interlocutrice si interroga su una «memoria cellulare» del cuore, una sorta di USB che potrebbe conservare ricordi nelle sue cellule («microtuboli, RNA, DNA»): «Questi ricordi potrebbero essere trasferiti al ricevente attraverso uno scambio di esosomi, in quanto la neurocardiologia ha dimostrato che il cuore ha un piccolo cervello con 40mila neuroni che elaborano informazioni e comunicano con il cervello principale. L’ipotesi è che queste connessioni potrebbero trasferire memorie e influenzare la personalità. Ma ciò risulta difficile dato che, nel trapianto, parecchie connessioni nervose vengono interrotte e ci vuole molto tempo perché solo qualcuna di esse sia ripristinata nel ricevente». L’ipotesi successiva riguarda il campo elettromagnetico del cuore (Wi-Fi) di cui l’HearthMath Institute, uno dei principali esperti mondiali in materia, conferma l’esistenza: «È 5000 volte più intenso di quello del cervello e influenza la fisiologia interna del corpo (coerenza cardiaca), l’ambiente e le persone circostanti fino a un raggio di 3 metri!». Un dato di fatto che porta a scoprire i limiti del materialismo e della medicina fino ad oggi noti: «Le ragioni materialistiche neurologiche e cellulari faticano a spiegare pienamente la complessità e la rapidità dei fenomeni post trapiantali, spesso trascurando l’esperienza soggettiva. Ma come può quest’ultima emergere da processi puramente fisici? Il difficile problema della coscienza risiede nel fatto che il materialismo fatica a colmare questo divario esplicativo».

Legnaro accenna dunque alla fisica quantistica e al fisico Federico Faggin, inventore del microprocessore (infinitamente piccolo) e studioso dell’infinitamente grande dell’universo, dalla fisica allo spirito: «Nel 2022 Faggin spiega che la fisica quantistica suggerisce che la coscienza potrebbe non essere confinata nel cervello: il campo elettromagnetico del cuore potrebbe agire come un’antenna per informazioni non-locali, e la coscienza potrebbe essere un aspetto fondamentale di un campo unificato che si estende oltre i corpi e i cervelli individuali. I fenomeni post trapiantali potrebbero essere una manifestazione di questa interconnessione sfidando la separazione della coscienza individuale, e aprendo possibilità per il trasferimento di informazioni oltre i meccanismi biologici conosciuti». Accertati e verificati scientificamente i fatti, la relatrice invita a una nuova comprensione del cuore: «Questi fenomeni ci costringono a riconsiderare la natura dell’identità personale, la relazione tra corpo mente spirito per comprendere la quale è necessaria una visione olistica». Fra le domande aperte: «Perché questi fenomeni toccano solo alcuni pazienti? Che cos’è veramente la morte? E cosa la vita? Come cambia il consenso informato alla donazione di organi? Come supportare i pazienti trapiantati lungo questa esperienza?». E conclude: «Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?».