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La genitorialità «posticipata»
Ragioni, conseguenze biologiche e vantaggi della tendenza ad avere figli sempre più tardi
Maria Grazia Buletti
«Ci siamo incontrati tardi, il mio compagno ed io. Questo fa parte delle eventualità della vita. Oggi magari non ci si trova più così giovani come una volta: può capitare sempre più spesso che la vita ti porti prima altrove, ti faccia fare delle esperienze di studio o di lavoro, no? E magari incontri prima altre persone con cui la relazione, poi, non va a buon fine. Noi, pur essendoci trovati tardi, abbiamo subito desiderato un figlio. Era la prima volta che sentivo questo desiderio così pressante: avere un figlio con la persona che avevo accanto». Così inizia il racconto di Federica (nome noto alla redazione) che col marito, a quell’epoca, avevano entrambi «già» trentacinque anni: «Sono rimasta incinta, ma le gravidanze iniziavano senza evolvere. Ovviamente, ci siamo sottoposti ad esami genetici, test di laboratorio di ogni sorta, su di me, su di lui. Cose, insomma, che hanno tracciato un percorso psicologicamente complicato.
E comunque, metti in discussione te stesso e il tuo corpo che vuole ma non riesce ad avere un figlio». Federica e il marito iniziano così «una serie di percorsi di fecondazione in vitro di varia natura, in vari Paesi»: «Anche lì, spesso con aborti. Quindi, negli anni non riuscivamo a portare avanti una gravidanza nonostante l’aiuto delle diverse tecniche, finché a un certo punto abbiamo iniziato a pensare a un’adozione». Ed è allora, quando avevano 43 anni, che è arrivata la gravidanza: «Un bambino, il nostro bambino che oggi ha tre anni».
Negli ultimi decenni sempre più persone tendono a diventare genitori a un’età più avanzata rispetto al passato. L’interpretazione delle statistiche (Kohler et al, 2002) converge nel «fenomeno sociale osservato a livello globale della postponement transition», come è denominata la genitorialità in età avanzata. La Svizzera non fa eccezione e l’Ufficio federale di statistica conferma il forte calo del numero delle giovani madri: «La ripartizione delle nascite viventi secondo l’età della madre ha subito notevoli modifiche nel corso degli ultimi tre decenni. La percentuale di madri tra 30 e 34 anni ha segnato un aumento costante dall’inizio degli anni 70 e continua a crescere il numero di madri di 35 anni e più». In cifre: «Nel 1970 i nati vivi secondo l’età delle donne sopra i 35 anni era dell’11.3%, mentre nel 2023 la percentuale è arrivata al 36%». Anche in Ticino si partorisce in età sempre più avanzata e nel 2017 sono quattro le mamme che hanno segnato un record storico partorendo dopo i 50 anni. Una tendenza che non è iniziata ieri, confermano i dati Ustat, indicando che l’età media delle donne al primo parto in Ticino è aumentata ininterrottamente dal 1982, quando era ancora nella media nazionale di 26.7 anni: «Oggi, con una media di 31.7 anni, come Ginevra è la più alta in Svizzera». Infine, dal 2012 le madri over 50 in Ticino sono state 17, il triplo rispetto al trentennio precedente.
«Ciò può dipendere dal fatto che oggi le donne non si sentano più così condizionate come in passato da insegnamenti famigliari e socio-culturali che spingono a creare una famiglia e fare figli il prima possibile, preferendo rimandare questo momento a dopo la fine dei propri studi e della propria realizzazione professionale». Questa l’analisi delle possibili cause di una genitorialità sempre più posticipata, secondo la dottoressa Alessandra Ferrarini, specialista in pediatria e in genetica medica, che però rende attenti sui «naturali limiti biologici» con cui bisogna fare i conti: «L’età materna avanzata deve confrontarsi con l’invecchiamento degli ovociti (tutti già presenti in numero definito dalla nascita). Un invecchiamento che può produrre alterazioni nel DNA che fa sì che i cromosomi presentino meccanismi di divisione un po’ alterati all’interno dell’ovulo». È dunque provata la relazione fra l’età della madre e la probabilità di un rischio maggiore di trovarsi dinanzi ad alcune patologie: «Anche se le anomalie cromosomiche si verificano nella prole di madri di ogni età, la frequenza di figli affetti da trisomia aumenta con l’età, e in maniera esponenziale dopo i 35 anni».
La specialista porta ad esempio la Trisomia 21 (Sindrome di Down) ma non solo: «Con l’aumentare dell’età materna, cresce in modo esponenziale pure il rischio di altre trisomie più gravi». Naturalmente, la diagnosi prenatale è lo strumento da prendere in considerazione (anche in alcune donne più giovani): «La tecnologia permette di identificare precocemente queste sindromi: oggi abbiamo a disposizione test non invasivi su sangue materno che permettono di individuare le probabilità che il bambino presenti o meno queste anomalie genetiche». Una riflessione è d’obbligo: «La genetica può aiutare a individuare questo tipo di problematiche, ma poi starà ai genitori decidere come proseguire con un’eventuale gravidanza».
Anche l’età del padre non è esente da rischi che vanno tenuti in considerazione: «È certo che la qualità decrescente dello sperma maschile giochi un ruolo decisivo e il rischio che si verifichino cambiamenti genetici avversi nello sperma è significativamente maggiore nei padri in età. Vi sono alcune patologie che possono avere a che fare con l’età paterna avanzata, come ad esempio l’acondroplasia, comunque più rara della Trisomia 21». Le gravidanze in cui la futura madre ha 35 anni o più sono considerate «ad alto rischio» in Germania, Austria e Svizzera. Sebbene oggi la scienza offra soluzioni che accompagnano la procreazione e la gravidanza «posticipata», sarebbe meglio procreare in un’età cosiddetta «biologica», ricorda Ferrarini citando comunque una buona pratica da considerare per tempo: «La tecnologia che avanza permette la crioconservazione degli ovociti a scopo precauzionale (chiamata social freezing): una pratica clinica che consente di preservare la fertilità in donne che devono o vogliono posticipare il desiderio di maternità». Al momento, spiega la specialista, numerosi studi scientifici hanno valutato migliaia di casi accertandone l’assoluta sicurezza di procedura e dei risultati, anche a distanza di tempo: «Il congelamento dell’ovocita è un buon metodo di conservazione, non altera la struttura, anzi la preserva e permette di usare ovociti “giovani” anche in età più matura».
Malgrado tutto, il posticipo di un figlio ha comunque i propri lati positivi: «Oggi la donna ha un’energia che non aveva venti o cinquant’anni fa. Benessere, investimento sulla prevenzione, sulla salute e nella tecnologia favoriscono questo investimento anche nel futuro, e le donne sono più equipaggiate e consapevoli di un tempo, anche del loro corpo più morbido e accogliente». Qualsiasi sia la scelta di una gravidanza posticipata (obbligata o libera) va affrontata con ponderazione e non deve comportare giudizio: «Perché i bambini non sono robot, ma persone. Il desiderio di un figlio è un passo importante nella vita di molte coppie. La genetica può giocare un ruolo decisivo nella sua realizzazione, così come nel monitoraggio della gravidanza e nell’accoglienza del nascituro». Non resta che affrontare consapevolmente decisioni di un percorso di vita che può presentarsi anche in un’età più matura.