Asperiores, tenetur, blanditiis, quaerat odit ex exercitationem pariatur quibusdam veritatis quisquam laboriosam esse beatae hic perferendis velit deserunt soluta iste repellendus officia in neque veniam debitis placeat quo unde reprehenderit eum facilis vitae. Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisicing elit. Nihil, reprehenderit!
Le pandemie del futuro dopo il Covid
Secondo l’OMS l’arrivo di un evento pandemico non dovrà trovarci impreparati perché è solo questione di tempo
Maria Grazia Buletti
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) avverte: «L’arrivo di una nuova pandemia è solo una questione di “quando”, non di “se”. E dobbiamo prepararci; ancora oggi non lo siamo». La storia insegna che, fra pandemie ed epidemie, quella di Covid è l’ultima di una serie di infezioni che hanno sconvolto il nostro pianeta dal Novecento ad oggi: dall’influenza spagnola all’Ebola, passando per l’influenza Asiatica, la pandemia influenzale del 1968, l’HIV (probabilmente la più importante della nostra storia recente prima del Covid), la SARS e l’influenza suina. L’influenza spagnola è stata una pandemia (universale): nel biennio 1918-1920 ha causato la morte di quasi 50 milioni di persone. Un numero impressionante anche perché, a conti fatti, la Prima Guerra Mondiale, altamente sanguinosa, aveva causato la metà delle vittime. Col senno di poi, molte possono essere le considerazioni che oggi portano a comprendere le affermazioni dell’OMS. A cominciare dall’impatto delle dinamiche di comunicazione. La storia narra che, all’epoca, il primo caso fu registrato negli USA ma i giornali spagnoli furono i primi a parlare di pandemia. Da qui il nome di «influenza spagnola», anche a causa della censura di guerra che la confinava, a torto, alla sola Spagna. L’espansione globale fu data dal fatto che il virus influenzale si espanse con facilità insieme alle truppe sui fronti, facilitato dalla scarsa condizione igienica in cui i soldati erano costretti a vivere.
A 100 anni di distanza, le dinamiche dell’influenza spagnola ci permettono di capire le asserzioni dell’OMS: non ne passeranno altrettanti dopo quella di Covid: «Ci sarà una prossima volta e potrebbe essere causata da un virus influenzale o da un nuovo coronavirus, oppure da un nuovo agente patogeno che ancora non conosciamo e che chiamiamo Malattia X». È un dato «di fatto», suffragato dai risultati di due anni di lavoro dell’OMS i cui risultati sono nell’elenco degli agenti patogeni a più alto rischio di dare luogo in futuro a una nuova pandemia. La lista è aggiornata nel documento Pathogens prioritization: a scientific framework for epidemic and pandemic research preparedness che riporta 32 virus e batteri a cui si aggiunge il patogeno X, (oggi ignoto) che, come nel 2019 con il virus SarsCoV2, potrebbe emergere e diffondersi globalmente. Vi compare nuovamente il vaiolo, insieme a patogeni come il vibrione del colera o la salmonella (batteri con alte percentuali di resistenza agli antibiotici). Infine, ci sono malattie trasmesse da vettori come Dengue e Chikungunya, mentre tra gli osservati speciali vi sono numerosi virus influenzali e aviari a cui si aggiungono le minacce contenute nelle precedenti versioni del documento: ebola, virus Zika e coronavirus. «La storia insegna che scienza e determinazione politica sono essenziali per mitigare l’impatto di una pandemia», afferma il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus.
A questo proposito, la nostra Confederazione non sta con le mani in mano e, per voce del Consiglio Federale, afferma che intende «migliorare le condizioni quadro per gestire delle future pandemie». Nella seduta del 29 novembre 2023 ha avviato a tale fine la procedura di consultazione sulla revisione parziale della legge sulle epidemie (LEp) conclusasi a marzo dello scorso anno, con l’obiettivo di consentire a Confederazione e Cantoni di collaborare strettamente per proteggere la salute della popolazione dalle future minacce rappresentate dalle malattie trasmissibili, nonché dalle resistenze agli antibiotici, adottando tempestivamente provvedimenti di prevenzione: «La pandemia di coronavirus ha evidenziato l’importanza di elementi chiave per prevenire e impedire la diffusione di malattie trasmissibili. Numerosi elementi hanno funzionato bene durante l’emergenza, ma altri necessitano di adattamenti puntuali come rafforzare la sorveglianza, ottimizzare il modello della gestione della crisi, la lotta alle resistenze agli antibiotici e alle infezioni nosocomiali (AZIONE no 3 del 13.01.25 La minaccia dei super batteri)». L’intento è quello di gestire meglio le future crisi di salute pubblica.
Qui da noi il dottor Christian Garzoni fu in prima linea nella gestione della pandemia Covid. A lui, forte dell’esperienza maturata anche in seno alla Commissione federale delle pandemie, abbiamo chiesto un commento alle affermazioni dell’OMS: «Viviamo in un mondo (umanità e forme di vita) dove è naturale convivere con virus e batteri. Laddove ci sono nemici naturali come questi, le affermazioni dell’OMS risultano quindi evidenti». Considerando che è naturale condividere il pianeta anche con virus e batteri, la risposta di Garzoni è in un certo senso rassicurante: «È normale e naturale che succederà regolarmente che un nuovo virus faccia capolino nella popolazione umana, causando ancora una volta la diffusione di una nuova malattia. Come, dove e quando è solo questione di statistica. Le pandemie da influenza fanno parte della natura delle cose, così come la probabilità che una serie di altri virus, di cui l’umanità non ha memoria immunologica, per motivi diversi cominci a infettare l’essere umano. Ne seguirà una soluzione di adattamento a un nuovo patogeno che, nel corso di questa evoluzione, potrà portare purtroppo anche a dei decessi». Secondo lo specialista «le pandemie c’erano e ci saranno, questo non si può cambiare. I contatti con questi nuovi patogeni hanno condotto nel passato a una selezione di individui più resistenti, mentre purtroppo ve ne sono stati altri che hanno avuto una minore resistenza come anziani o persone fragili e vulnerabili, ma anche solo per motivi genetici. La medicina di oggi, come ha fatto durante il Covid, aiuterà a mitigare l’impatto di questi patogeni grazie a nuovi farmaci e ai vaccini, e gli Stati dovranno avere dei piani per gestire le future pandemie». Egli conferma pure che parte della responsabilità sia da imputare al cambiamento climatico: «La lista dei patogeni è aumentata per la diffusione di zone caldo-umide (tropicali) anche nel bacino mediterraneo e centro Europa. Ecco che virus come Dengue e Chikungunya, prima circoscritti a tipiche regioni tropicali, oggi sono pensabili anche in Europa». Queste sono le ragioni per cui non bisogna farsi trovare impreparati e fare tesoro della recente esperienza, perfezionandone gli aspetti: «Dobbiamo chiederci per tempo cosa si dovrà fare se ci sarà una nuova pandemia. Come ci dovremo comportare? Entra in gioco anche il tema dei vaccini, e dovremo propendere per il minore dei mali: se il virus dovesse essere così mortale, dovremo “portare a casa la pelle” evitando che le persone maggiormente a rischio si ammalino. Prepararsi è diventato molto laborioso perché vi sono potenzialmente molti ambiti che aiutano a superare una pandemia: in primis si pensa alla logistica, all’organizzazione medica e ai farmaci. Ma ora abbiamo capito che vi sono molti altri aspetti che un tempo non parevano essenziali. Ad esempio, perfezioneremo la comunicazione? Ci saremo chiesti cosa comporta confinare la popolazione? Le conseguenze? Avremo analizzato gli aspetti psicologici di una pandemia? Prima del Covid tutto ciò non era tema di discussione. Oggi è doveroso pensarci e prepararsi adeguatamente».