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L’importanza di saper chiedere scusa
Il caffè dei genitori: porgere le proprie scuse è un aspetto fondamentale della vita sociale e delle relazioni umane ed è un mezzo per ricostruire la fiducia, risolvere i conflitti e mantenere legami forti e sani soprattutto in famiglia
Simona Ravizza
Inutile nascondercelo: a volte la vita in famiglia può tirare fuori il peggio di noi stessi. Il volersi bene non è mai in discussione, ma i nervi possono saltare. Come mariti, mogli, genitori. Tra mutismo, gesti di sfida e incomprensioni, poi, i figli adolescenti possono farci toccare l’apice! Il caffè dei genitori non è impermeabile ai racconti dell’ennesimo litigio per una frase sbagliata, un po’ di nervosismo, la stanchezza che prende il sopravvento. Il torto e la ragione. Le visioni contrapposte. Le sensibilità involontariamente urtate. Le reazioni insulse. Del resto persino Papa Francesco in un discorso a braccio ad Assisi (ormai un po’ di anni fa) si era lasciato sfuggire: «Litigate quanto volete: se volano i piatti pazienza…». Non era però uno sdoganamento divino del litigio in famiglia, ma il realismo di chi conosce la vita vera. La sua frase aveva una conclusione: «Mai finire la giornata senza fare la pace». Papa Francesco ha insistito sulla questione con un’altra frase, altrettanto memorabile, e che non c’è bisogno di essere credenti per condividere: «Ogni giorno ci facciamo dei torti l’uno con l’altro. Dobbiamo mettere in conto questi sbagli, dovuti alla nostra fragilità e al nostro egoismo. Quello che però ci viene chiesto è di guarire subito le ferite che ci facciamo, di ritessere immediatamente i fili che rompiamo nella famiglia. Se aspettiamo troppo, tutto diventa più difficile. E c’è un segreto semplice per guarire le ferite e per sciogliere le accuse. È questo: chiedersi scusa» (4 novembre 2015, Assemblea del Sinodo dei Vescovi). Vale tra marito e moglie, genitori e figli, fratelli e sorelle, persino tra nuora e suocera!
È così che dopo la 150esima discussione con lo Gen Z di turno a Il caffè dei genitori ci ritroviamo a riflettere sul potere delle scuse. Snodo cruciale per riappacificarsi, ma strada spesso complessa da imboccare. Insegnare ai figli a chiedere scusa è importante affinché riconoscano il comportamento sbagliato e capiscano che ammettere un errore li rende persone migliori. Ma per insegnare a farle bisogna prima imparare a chiederle. Un atto di coraggio richiesto a volte anche a noi genitori.
Chi ha studiato le scuse (e gli uomini e le donne che non sanno farle) per una vita è la psicologa americana Harriet Lerner, 80 anni, che nel saggio Scusa (ed. Feltrinelli 2018) indaga sul magico potere di ammettere i propri sbagli: «In sintesi, chiedere scusa è un aspetto fondamentale della vita sociale e delle relazioni umane. È un mezzo per ricostruire la fiducia, risolvere i conflitti e mantenere legami forti e sani. Senza la capacità di scusarsi, le relazioni rischiano di deteriorarsi e di frantumarsi, lasciando dietro di sé un senso di perdita e disconnessione». Ecco, allora, cinque situazioni in cui – siamo convinti a Il caffè dei genitori – ci possiamo tutti immedesimare.
Uno. Critiche dei figli che ci piombano addosso come macigni e che noi riteniamo sbagliate, ingiuste e totalmente fuori bersaglio. Le reazioni possono essere di rabbia con la pretesa delle scuse da parte del bambino/adolescente oppure di rimorso e a quel punto siamo noi a scusarci: «Non posso parlare con mia madre di qualsiasi cosa che possa prendere come una critica – è il racconto di un paziente di Harriet Lerner –. Succede sempre la stessa cosa. Le sue scuse sono così piene di auto recriminazione che alla fine sono io a rassicurarla che è stata una buona madre e che ha fatto il meglio per me. Poi mi sento una schifezza». In entrambi i casi la soluzione migliore – è il suggerimento della psicologa – può essere di limitarci a dire: «Voglio che tu sappia che continuerò a pensarci». Perché «solo dopo aver ascoltato le critiche e la rabbia dei nostri figli e rimanendo aperti a chiedere scusa per le ferite e gli errori che ogni genitore inevitabilmente commette, possiamo aspettarci di essere davvero ascoltati da loro. Dobbiamo essere capaci di ascoltare per poter far giungere a destinazione il nostro messaggio – ed è un buon consiglio per qualsiasi relazione».
Due. Piccoli errori dei figli che scatenano da parte nostra critiche aspre ed esagerate salvo poi pentircene immediatamente e chiedere scusa. La frase da non dire è: «Mi dispiace che quel che ho detto ti abbia tanto turbato». Il consiglio è di fermarci al «Mi dispiace». Senza aggiungere altro. Il problema è quello che è stato detto, non come è stato recepito! Harriet Lerner avvisa: «Quasi tutte le scuse che iniziano con “Mi dispiace se…” non sono scuse. Provate invece: “Il commento che ho fatto era offensivo. Mi dispiace essere stato privo di tatto, non si ripeterà più».
Tre. La sorella minore che non muove un dito, l’altra che viene presa da un impeto di collera: «Guarda che te non sei l’ospite d’onore di questo party! Ti stancherebbe troppo caricare la lavastoviglie?». Le due non si rivolgono più la parola per tutta la giornata finché la maggiore, magari su suggerimento dei genitori, tenta di rimettere le cose a posto: «Mi dispiace di essere stata sgarbata, ma qualcuno doveva pur dirti come ci si comporta». Le intenzioni sono buone, il risultato è pessimo: «Le scuse migliori sono brevi e non devono includere spiegazioni che rischino di minarne il senso – spiega Harriet Lerner –. Le scuse non sono l’unica occasione in cui sarà possibile affrontare il problema di fondo; sono l’occasione per ristabilire un terreno sul quale comunicare ancora in futuro. Questa è una distinzione importante, ma spesso trascurata».
Quattro. Due bambini che giocano al parco, uno toglie di mano un giocattolo all’altro che inizia a piangere disperato. La madre del bambino non dice al figlio di smettere di piangere, né all’altro di restituire il giocattolo ma rivolge un rimprovero: «L’hai fatto piangere, chiedi scusa!». Anziché renderlo responsabile del proprio comportamento (il giocattolo portato via), gli viene chiesto di assumersi la responsabilità delle reazioni dell’altro bambino. È una richiesta di scuse diseducative. Ai figli si deve insegnare a scusarsi per lo sbaglio commesso, non per ciò che non è stato fatto.
Cinque. Sono le scuse preferite a Il caffè dei genitori. Quelle che Harriet Lerner fa al marito Steve, ma può valere a parti inverse: «Cerco di chiedere scusa esattamente per la mia parte del problema – nella misura in cui la calcolo io, ovviamente – e mi aspetto che lui chieda scusa per la sua parte – sempre nella misura in cui la calcolo io. Non c’è neanche bisogno di dirlo: non sempre i nostri calcoli coincidono». A proposito di mariti e mogli: Solo per dirti è una poesia di William Carlos Williams scritta come se fosse un biglietto lasciato dal poeta e medico statunitense nel 1934 sul tavolo della propria cucina, indirizzato alla moglie. Vediamo cosa c’era scritto: «Ho mangiato io le prugne che erano in frigorifero e che tu probabilmente avevi tenuto da parte per colazione. Scusami ma erano deliziose così dolci e così fredde». La moglie Florence ha risposto alla poesia con un messaggio che poi lui ha incluso nel manoscritto Detail & Parody for the poem Paterson: «Caro Bill: ho fatto un un paio di panini per te. Nella ghiacciaia troverai mirtilli: una tazza di pompelmo, un bicchiere di caffè freddo. Sul fornello c’è la teiera con abbastanza foglie di tè per te per preparare il tè se preferisci… accendi solo il gas… fai bollire l’acqua e mettila nel tè. Pane in abbondanza nella cassetta del pane e burro e uova…Non sapevo cosa fare per te. Molte persone hanno chiamato per l’orario d’ufficio… Ci vediamo dopo. Ti amo. Floss. Per favore, spegni il telefono».
Che ne dite, allora, come proposito di inizio 2025 impariamo a chiedere scusa nel migliore dei modi? Anche per dare il buon esempio ai nostri figli.