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L’automobile diventa sapiens
Motori: l’Intelligenza artificiale è già una realtà nell’industria automobilistica e gli investimenti in questo campo aumenteranno nel prossimo futuro
Mario Alberto Cucchi
«La nuova era dell’auto: l’automobile sapiens». Questo il nome di una ricerca dell’osservatorio Auto e Mobilità della Luiss Business School che analizza la percezione dell’Intelligenza artificiale nel settore automobilistico. «L’automobile sapiens è in grado di interagire con l’utilizzatore e il contesto, elaborando informazioni, apprendendo e agendo autonomamente secondo modi e criteri simili a quelli dell’essere umano». Spiega il professor Fabio Massimo Orecchini, curatore della ricerca. L’Intelligenza artificiale è sfruttata già oggi dal 20 al 30% dell’industria automotive lungo tutta la catena del valore e prevede che tale quota salirà al 100% entro il 2030. Quattro sono le aree di applicazione della IA nell’auto: progettazione, produzione, prodotto e interazione con l’automobilista. Le aziende Automotive spenderanno in Intelligenza artificiale oltre 70 miliardi di dollari da qui al 2030. Il valore generabile dagli OEM (Original Equipment Manufacturer) grazie alla IA sarà però di ben 215 miliardi entro il 2025.
Ma facciamo un passo indietro. L’Intelligenza artificiale in realtà è presente da tempo nelle automobili. Comfort, intrattenimento e soprattutto sicurezza. I primi esempi di intelligenza dell’automobile riguardano alcuni sistemi meccatronici come il sistema frenante antibloccaggio (ABS) introdotto nel 1978. Un altro esempio è stata la trasmissione automatica fornita di algoritmi in grado di adattare il comportamento di cambiata in base allo stile e alle condizioni di guida. Anche i semplici fanali sono diventati «intelligenti»: proiettori a matrice a LED utilizzano oggi le telecamere impiegate per i dispositivi di assistenza alla guida e algoritmi capaci di rilevare la luce attraverso i singoli pixel in modo da utilizzare la massima potenza di illuminazione senza abbagliare, aprendo coni d’ombra in corrispondenza dei veicoli che provengono dalla parte opposta. «Adesso grazie all’Intelligenza artificiale l’auto diventa apprendente, dunque capace di imparare autonomamente dall’utente le sue preferenze, le sue abitudini e le sue esigenze. Con l’Intelligenza artificiale generativa il veicolo può compiere un passo ulteriore: dialogare con l’utilizzatore e consigliarlo». Spiega la ricerca della Luiss Business School.
Le auto sono sempre più connesse attraverso linee dati dedicate. Apple Siri, Google Assistant e Amazon Alexa salgono a bordo integrando sistemi di riconoscimento vocale nati per dispositivi personali con l’automobile. C’è posto anche per ChatGPT (Generative Pretend Transformer) la cui capacità di generare testi e immagini cresce proprio attraverso il dialogo con gli esseri umani. La crescita dell’Intelligenza artificiale – si legge nello studio – sta portando nuovi approcci nello sviluppo dei sistemi di sicurezza a bordo dell’automobile sapiens: si prevede che il giro d’affari per il settore crescerà dagli attuali 2,5 miliardi di dollari a 6-8 miliardi entro il 2030 anche sotto la spinta di standard di omologazione sempre più severi.
L’ascesa dell’auto intelligente, tuttavia, non è priva di sfide. Emergono infatti i cruciali interrogativi di natura etica e giuridica, con la protezione della privacy e la sostenibilità ambientale in prima linea tra le preoccupazioni da affrontare. Basti pensare che il consumo energetico legato all’utilizzo della IA nel settore automotive è destinato a crescere significativamente, con stime che prevedono un aumento fino a 134 TWH entro il 2027.
I ricercatori hanno provato a tracciare un identikit dell’automobile sapiens. Innanzitutto elettrificata, quindi con trazione elettrica o ibrida. Poi dotata di un’unica unità di calcolo centrale ad alta potenza (HpC) pensata espressamente per l’Intelligenza artificiale. Le luci esterne oltre all’illuminazione hanno funzioni di comunicazione verso l’utilizzatore, soprattutto in chiave emozionale e verso l’ambiente circostante formato da altri automobilisti, pedoni, ciclisti, motociclisti e anche animali.
L’ingresso in auto può avvenire attraverso il riconoscimento facciale, operato dal veicolo oppure dallo smartphone. Nell’abitacolo videocamere di riconoscimento per ciascuno degli occupanti attivano automaticamente le preferenze e le regolazioni. La plancia poi può arrivare a non avere comandi fisici, ma soltanto vocali o gestuali, con l’utilizzo del parabrezza come interfaccia uomo-macchina principale integrando la visualizzazione degli strumenti con la visione a realtà aumentata. Le superfici vetrate sono dotate di sistemi di opacizzazione o oscuramento per regolare la quantità di luce solare all’interno, evitando abbigliamenti e favorendo il comfort. La climatizzazione diventa olistica ricorrendo all’azione coordinata dei sistemi di riscaldamento dei sedili e del volante agendo anche attraverso irraggiamento.
«Più sicurezza, più comfort, più personalizzazione, più serenità grazie alla continua interazione in modo naturale con gli occupanti, aprono infatti al veicolo la strada verso le emozioni», commenta il professor Fabio Massimo Orecchini. Insomma l’auto del futuro deve collaborare con l’essere umano, non sostituirlo. L’auto sapiens ha bisogno di un automobilista altrettanto sapiens in grado di interagire con il mezzo in modo dinamico supervisionando il tutto come un pilota di un Airbus. Forse era più semplice pensare «solo» a guidare.