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Le saponine, vera ricchezza dell’Ippocastano

Fitoterapia: comunemente detto Castagno d’India, la sua origine è da ricercare invece nella Penisola balcanica
/ 02/12/2024
Eliana Bernasconi

Il nome scientifico dell’Ippocastano è Aesculus hippocastanum L., comunemente detto Castagno d’India. di questo nome non si conoscono i motivi in quanto l’albero non ha nulla a che fare con l’India, e la sua vera origine è nella Penisola balcanica, ma è chiamato anche Castagna matta o Castagna equina. Pietro Andrea Mattioli, medico umanista vissuto a Siena nel 1500, per primo ne ricevette i frutti da un medico fiammingo proveniente da Costantinopoli. Mattioli, in tempi nei quali la chimica dei nostri giorni ancora doveva nascere, con grandi splendide tavole per la prima volta disegnate dal vero, gettava le basi della ricerca botanica e farmacologica, l’autore senese così descriveva i frutti di questa pianta: «chiamasi in Costantinopoli castagne cavalline, per giovar elle à i cavalli bolsi, e che tossiscono, date loro a mangiare».

L’etimologia del nome Ippocastano nasce dunque dal greco hippos (cavallo) e castanum (castagno), i Turchi davano appunto da mangiare questi semi ai loro cavalli per guarirli dalla tosse. Nella stessa epoca un altro famoso medico, Castore Durante, aggiungeva: «Le castagne cavalline astringono, e mangiate generano ventosità e sono spiacevoli al gusto… dansi a quelli che vomitano, o sputano sangue». Basta approfondire le notizie su una pianta per scoprire quali e quante sorprendenti applicazioni ne venivano fatte in passato, ad esempio la medicina popolare impiegava l’acqua di cottura dei frutti interi per maniluvi e pediluvi contro i geloni, contro i dolori addominali si applicava un empiastro preparato con poca acqua cuocendo la polpa dei frutti sino alla consistenza di una polentina, i semi erano impiegati oltre che per edemi e disturbi reumatici, anche come rimedio per distorsioni, contusioni e mal di schiena, con gli stessi frutti, in periodi di particolare crisi come durante la Seconda guerra mondiale, si fabbricava il sapone.

L’Ippocastano è una pianta sub spontanea, per la sua maestosità e bellezza lo troviamo facilmente coltivato in parchi o giardini. Da aprile a maggio i suoi candidi fiori a grappolo macchiati di giallo e rosso e rivolti verso l’alto ci avvertono della primavera, le foglie hanno un lungo picciolo e ognuna è suddivisa in 5-7 foglioline ineguali e dentate, capsule con un guscio spinoso racchiudono 2-3 castagne di inconfondibile aspetto arrotondato, lucide e dure, che ci sorprendono quando in autunno cadono anche ai bordi della strada. Non sono commestibili a causa del loro gusto amaro: a forti dosi possono essere tossiche.

Dell’Ippocastano in fitoterapia si usano i frutti, i semi e la corteccia dei giovani rami, le gemme e i giovani getti. La grande proprietà racchiusa in questa pianta, per la quale è molto nota, si trova nei semi, nella corteccia e nelle foglie, che sono ricchi di saponine, la cui miscela prende il nome di Escina. Questo prezioso principio attivo conferisce agli estratti di Ippocastano una forte azione capillaro-protettiva e decongestionante, utilizzabile soprattutto nelle condizioni di insufficienza venosa periferica. È utile perciò per riattivare la circolazione, favorire un minor ristagno di sangue e soprattutto evitare di avere gambe gonfie e pesanti in previsione e nei periodi di grande caldo estivo. Ha anche un’azione protettiva e preventiva contro la stanchezza e la fragilità capillare essendo un potente vasoprotettore. Alla sua corteccia sono riconosciute proprietà febbrifughe, vasocostrittrici, tonico astringenti. Le proprietà dell’Ippocastano sono note anche alla medicina omeopatica, dove viene usato sotto forma di gocce orali, granuli e macerato glicolico. Secondo il famoso dottor Edward Bach, che ha scoperto e messo a punto i diffusi e molto amati rimedi floreali che portano il suo stesso nome, i fiori rossi dell’Ippocastano, Red Chesnut, sono un meraviglioso aiuto per le persone che vogliono liberarsi dall’ansia.

Proprietà simili a quelle dell’Ippocastano, per ripristinare tra l’altro il fisiologico equilibrio dell’apparato circolatorio, le possiamo trovare anche in altre piante (che possono essere assunte sia in forma di Tisana, cioè infuso o decotto, sia come estratto solido o liquido, sia come Tintura madre o macerato glicolico), come ad esempio la Centella asiatica, il Mirtillo, il Cipresso o la Vite rossa, il Pungitopo, il Ginko biloba e l’Amamelide, il Ribes. Ma a questo proposito, come sempre, non smetteremo mai di sottolineare che qui si forniscono solo informazioni e non certo consigli, per i quali occorre sempre consultare il proprio medico. Anche se nell’opinione corrente le cure con le erbe potrebbero erroneamente avere fama di essere innocue perché naturali, in realtà le cose sono ben diverse.