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Nel labirinto dell’adolescenza

Il caffè dei genitori: lo psicopedagogista Stefano Rossi spiega che cosa vuol dire essere un genitore-floricoltore rispetto a un genitore-scultore e dà qualche consiglio per accompagnare i figli nella crescita
/ 28/10/2024
Simona Ravizza

Che genitori siamo? E soprattutto che genitori vorremmo essere? Ormai da anni ce ne dicono di tutti i colori (e spesso a ragione!): ci sono i genitori-spazzaneve pronti a rimuovere ogni possibile ostacolo dalla strada dei figli anziché dare loro la possibilità di imparare a camminare arrangiandosi un po’; i genitori-elicottero che sorvolano perennemente sopra la testa per provvedere ai bisogni più svariati; i genitori-pavone che si compiacciono rispecchiandosi nella prole. E la lista può continuare. Definizioni che ben fotografano i nostri difetti di genitori boomer, a rischio di far crescere una generazione di rammolliti, sdraiati oppure con l’ansia a mille, ma definizioni che sinceramente adesso ci hanno anche un po’ stufato! Invitiamo invece a Il caffè dei genitori Stefano Rossi, psicopedagogista scolastico e conferenziere italiano tra i più amati, per capire che tipologia di genitori ci piacerebbe davvero essere al di fuori dei cliché. Il dibattito è aperto. In modo costruttivo. Nessun giudizio. A confronto «genitori-scultori» contro «genitori-floricoltori». Chi sono?

Ecco la descrizione degli uni e degli altri che fa Stefano Rossi, autore tra l’altro di Lezioni d’amore per un figlio. Accompagnare i ragazzi nei labirinti dell’adolescenza (ed. Feltrinelli, agosto 2023): «Il genitore-scultore persegue l’immagine del figlio perfetto che vorrebbe e cerca di scolpirlo con il proprio scalpello in modo da farlo crescere secondo i propri canoni di perfezione – spiega ad «Azione» Rossi –. Mentre il genitore-floricoltore ha la mano più delicata come il coltivatore di fiori: non ha un’immagine idealistica del figlio, ma dopo avere gettato il seme lo aiuta a crescere amandolo per quello che è». In estrema sintesi possiamo dire che il «genitore-scultore» cerca di instillare nel figlio le proprie ambizioni («mette dentro»); al contrario il «genitore-floricoltore» cerca di fare emergere i desideri del figlio, non i suoi («tira fuori»).

Ora, messa così la questione, a Il caffè dei genitori siamo tutti pronti a sostenere che vorremmo essere floricoltori. E probabilmente siamo pronti ad autoconvincerci che già lo siamo. Il problema è che è tutt’altro che facile! Vediamo quali sono i possibili comportamenti da adottare e i principali ostacoli da superare:

Uno. Smettiamola con la cultura del risultato e con il desiderio di avere figli-medaglia d’oro e non più come un tempo bravi ragazzi: «Quella dei figli che devono brillare è una pedagogia infernale, che porta nel cuore di bambini e adolescenti l’ossessione per il risultato, la perfezione e la medaglia – sottolinea Rossi –. L’ossessione per la luce alimenta il buco nero dell’ansia e della paura di fallire». L’appello di Rossi è allora quello di insegnare ai figli non ad amare il successo, ma ad avere amore e rispetto per sé stessi: «Spiegate loro che siamo luce e ombra, che possiamo gioire per le conquiste, ma dobbiamo accettare le inevitabili cadute, che fanno parte del percorso».

Due. Amare i figli in modo incondizionato indipendentemente dai risultati vuol dire anche non dare mai per scontato i risultati positivi e non mortificarli davanti a quelli negativi altrimenti diventiamo quelli che Rossi definisce genitori-medusa, dal nome di uno dei mostri della mitologia greca, la figlia delle divinità delle acque Forco e Ceto. Il potere di Medusa, una delle tre gorgoni, è di pietrificare chiunque incrocia il suo sguardo. «Nel cuore degli adolescenti di ieri c’era soprattutto il senso di colpa con cui confrontarsi se non erano abbastanza bravi ragazzi – rimarca Rossi –. Invece gli adolescenti di oggi provano fatica emotiva che si traduce in un grande senso di inadeguatezza, per il non riuscire a stare al passo, per la paura di fallire, di non esser abbastanza. I genitori devono tenerne conto e non infierire». Conseguenza: «Il sarcasmo, le critiche e il disprezzo negli occhi dell’adulto diventano melma, che si appiccica con il suo putridume in tutti gli interstizi dell’anima».

Tre. Il requisito indispensabile, siamo convinti a Il caffè dei genitori, è la pazienza, la stessa che ci vuole anche per annaffiare e curare il proprio fiore. Per farlo sbocciare per quello che è: «La pazienza e la fiducia nei confronti del figlio diventano il vento sotto le sue ali». E per avere pazienza dobbiamo superare lo shock dell’incredulità: «Dov’è finito il mio bambino? Che cosa ne hai fatto?». Trattenere la rabbia: «Come ti permetti di trattarmi così, dopo tutto l’amore che ti ho dato?». Evitare il buio della disperazione: «Non so più che cosa fare con te». Lasciare perdere lo spettro del senso di colpa: «Forse è tutta colpa mia…».

Quattro. Rossi scrive quel che a Il caffè dei genitori pensiamo: Mio figlio è un casino è il titolo di un altro suo libro, Il ringhio del neo-adolescente è un suo modo di dire che è già diventato il nostro! Oltre la pazienza allora ci vuole anche empatia: «E quella di un genitore deve saper crescere insieme al figlio. Mentre il bambino necessita di empatia-vicinanza; l’adolescente, il cui compito è quello di salpare per il mare aperto, necessita di un’empatia più evoluta: l’empatia-distanza». Ecco qui, allora, un altro modello di genitore che è meglio evitare, quello del genitore-incombente: «Un genitore insistente, opprimente, intrusivo e al contempo inarrestabile, che impedisce al figlio di separarsi evolutivamente. Senza rendersene conto, il genitore-incombente, con la sua iper-presenza, riduce in macerie tutti gli sforzi evolutivi del figlio. Una preghiera che se non ascoltata si tramuterà in una dichiarazione di guerra».

Cinque. Da genitori non dobbiamo proiettare il nostro narcisismo sui figli ma piuttosto essere capaci di metterci in discussione: «Invece di spegnervi in una nostalgia depressiva per il bambino che non c’è più – ci consiglia Rossi –, dovrete aprirvi alla nostalgia-speranza della stella nascente del giovane uomo e della giovane donna che sta cercando di nascere di fronte a voi».

Consoliamoci anche! Nel nostro (faticoso) cammino per cercare di essere genitori floricoltori dobbiamo essere consapevoli che se nostro figlio alterna la postura accigliata del pensatore di Rodin a grida degne dell’urlo di Munch… va tutto bene: «Lui e voi siete entrati nel mare aperto della sua adolescenza. Vostro figlio è stupendamente e faticosamente normale», ci rassicura Rossi che aggiunge: «Il genitore perfetto nella nostra galassia mai si è palesato e mai si paleserà: ma un genitore che ci prova, che tenta di comprendere l’enigma del figlio, è già un buon risultato!». Evviva.