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Bibliografia e incontri
Sara Rossi Guidicelli, Quaderno della Monteforno. Un racconto di fabbrica, iet, Bellinzona 2024.
Domenica 17 novembre, Filanda di Mendrisio, 10.30, l’autrice presenta il libro insieme a Nino Carboni, ex gruista della Monteforno e segretario del Circolo culturale sardo Coghinas.
Venerdì 22 novembre, Bibliomedia Svizzera italiana, Biasca, Sara Rossi Guidicelli dialoga con Olmo Cerri, regista (20.00).
Monteforno, un’epopea di casa nostra
Pubblicazioni: a trent’anni dalla chiusura dell’acciaieria di Bodio, un libro racconta le storie di immigrazione, lavoro, fatica e solidarietà di chi nella fabbrica ha lavorato per anni
Barbara Manzoni
«Il primo impatto con la Monteforno? C’era vento e fumo e non ci vedevamo l’uno con l’altro. Ero al laminatoio. La mattina ci davano una mascherina, dopo un’ora la tiravi via ed era già nera. Eravamo tutti italiani e pensavamo sempre alla stessa cosa, almeno noi arrivati da poco: cosa ho lasciato e cosa ho qua». La storia di Antonio, ex operaio, arrivato dalla Sicilia a Bodio negli anni ’60, è una delle tante voci che risuonano nel libro della giornalista Sara Rossi Guidicelli intitolato Quaderno della Monteforno, da poco pubblicato dall’Istituto Editoriale Ticinese.
Per chi è nato in Ticino prima degli anni ’90 la storia dell’acciaieria di Bodio fa parte di quel patrimonio condiviso di ricordi che si inseguono, dalla fabbrica di successo con il primato dell’acciaio più resistente alle lotte degli operai per farla sopravvivere quando ormai la Von Roll, che l’aveva acquisita pochi anni prima, già aveva deciso di chiuderla, nel 1994. Sono trascorsi 30 anni da quella chiusura e della Monteforno ancora si parla e si scrive, nonostante si sia già scritto, studiato, documentato e raccontato tanto. Il perché lo chiediamo all’autrice che ci spiega che ad averla mossa è stato un interesse personale: «Da quando lavoro per la “Rivista 3Valli”, e sono ormai dieci anni, ho sempre percepito la storia della Monteforno come qualcosa di presente, mi sono resa conto che in qualsiasi intervista o incontro che mi capitava di avere per lavoro, prima o poi tutti finivano e finiscono col parlarmi dell’acciaieria. Tutti ricordano un prima e un dopo, è uno spartiacque imprescindibile nella vita di tutti gli abitanti della Leventina, non solo di quelli che vi erano impiegati e degli operai, ma proprio di tutti». L’idea iniziale, continua Sara Rossi Guidicelli, era quella di portare la storia della Monteforno a teatro, «pensavo a uno spettacolo che mettesse in scena questa epopea di casa nostra e mi sono messa alla ricerca, taccuino alla mano, di quel materiale umano, di quelle emozioni di cui la scena si nutre». E quel taccuino è ora diventato un libro o meglio un quaderno, non certo un rigoroso studio storico ma appunti di viaggio e di scoperta, un reportage umano, per usare una definizione suggerita dall’autrice stessa, che racconta di lavoro, di fatiche, di immigrazione, di famiglie, di morti, di solidarietà, di lotte sindacali, di industria e di territorio. Detto per inciso, nel frattempo l’idea di uno spettacolo non è stata accantonata, è probabilmente musica di un futuro non troppo lontano.
Nel quaderno, che ha come sottotitolo Un racconto di fabbrica, troviamo in effetti tanto «materiale umano», anche di quello che a volte rimane sottotraccia, come ad esempio le voci delle mogli degli operai, incredule di fronte alla decisione della chiusura della fabbrica che confidano: «E lì abbiamo pensato a tutte quelle sorelle, quei genitori, quelle amiche lasciate al paese. Tutti i Natali in cui non siamo scese, i matrimoni a cui non abbiamo partecipato, il dialetto che non parlano i nostri figli. Abbiamo pensato a come ci guardano quando torniamo là, come se fossimo cafone, e a come ci guardano qua, che ci chiamano terrone. A quanto abbiamo dovuto spingere i nostri figli per farli diventare uguali agli altri». E si trovano anche i ricordi dei figli di quei padri che vedevano pochissimo perché troppo impegnati tra turni (spesso doppi) in fabbrica e spossatezza nel dopolavoro, ma raccontano che in fabbrica per Natale a loro era dedicata una festa con regali che all’epoca ci si poteva solo sognare. E poi c’è tutta l’umanità intorno che si era organizzata nel coro Scam (che esiste ancora e ha accompagnato l’autrice in una presentazione che si è tenuta settimana scorsa a Bironico) o nel Circolo culturale sardo Coghinas, anch’esso dopo 40 anni ancora vivo e vitale. Sullo sfondo la parabola della fabbrica, un molosso che nel suo momento di massimo splendore occupava 990 persone, e che Sara Rossi Guidicelli interpreta come paradigmatica dell’industrializzazione in Europa.
E cosa rimane allora di questa epopea di casa nostra? La Bassa Leventina sembra ancora cercare una sua nuova e forte identità, in passato centro industriale del Ticino ora si trova a doversi reinventare e lo sta facendo una volta di più in questi anni, dopo che le FFS hanno scartato l’ipotesi di trasferire le Officine proprio nell’ex Monteforno. Quel che resta allora – suggerisce l’autrice – sono le persone, i loro legami, la loro storia che è diventata la nostra storia, parte imprescindibile del nostro tessuto sociale.