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Giovani e rabbia
Intervista allo psicoterapeuta Alfio Maggiolini che sarà ospite alla SUPSI di Manno
Guido Grilli
Il titolo del libro dice già molto, ma non tutto: Pieni di rabbia. Comportamenti trasgressivi e bisogni evolutivi degli adolescenti. Ne è autore Alfio Maggiolini, psicoterapeuta italiano tra i fondatori dell’istituto milanese il Minotauro e che il 19 novembre alle 17.30 sarà ospite alla SUPSI di Manno di un ciclo di conferenze pubbliche a ingresso gratuito sul disagio adolescenziale, rivolto principalmente a professionisti del settore, insegnanti e genitori.
Dottor Maggiolini, come stanno i giovani dal suo osservatorio?
Gli adolescenti in generale negli ultimi anni stanno manifestando più segnali di disagio rispetto al passato. Una delle ipotesi è che probabilmente il Covid, creando una situazione di blocco delle esperienze, ha prodotto per tutti situazioni di maggiore disagio e in modo rilevante per gli adolescenti, perché vivono un’età in cui il bisogno di esperienze è maggiore che non per gli adulti. Gettando invece uno sguardo temporale più ampio, degli ultimi 20 anni, i giovani stanno mostrando complessivamente dei modelli d’ansia superiore: sono dunque più preoccupati, con vissuti di esclusione e difficoltà a costruire la propria identità. Una delle supposizioni è che Internet possa avere un effetto. Se il web da una parte allarga le possibilità di contatto col gruppo dei pari virtuale, dall’altra preclude le relazioni dirette. Internet lavora molto sull’idea del sentirsi inclusi, esclusi, sul confronto con gli altri che possono essere più potenti. Questa dinamica può rimandare a vissuti di esclusione e quindi a maggiori difficoltà nella costruzione dell’identità sociale. Inoltre per molti giovani il futuro e le risorse per poter costruire il proprio avvenire e la propria autonomia, sono aspetti più precari di quanto non avvenisse in passato.
Affrontiamo il tema della rabbia, che tra l’altro lei nel suo libro connota anche in termini positivi. Perché nell’adolescente e nel giovane adulto si manifestano sentimenti e azioni di rabbia?
Una certa propensione all’aggressività negli adolescenti è positiva perché serve allo sviluppo. Il fatto che alcuni giovani mettano in atto comportamenti a rischio, che si mostrino qualche volta un po’ impulsivi, che abbiano un po’ il desiderio di opporsi alle regole degli adulti, non è sempre un aspetto negativo. Perché se non ci fosse questo, significherebbe un eccesso di dipendenza e di prudenza.
Qual è dunque il segnale d’allarme?
L’allarme deve scattare quando queste manifestazioni fisiologiche si trasformano in difficoltà e che, dunque, anziché favorire lo sviluppo del giovane, creano un blocco. Parlo di adolescenti particolarmente violenti e impulsivi, che si mettono in pericolo. E ciò può dipendere da molte variabili: di personalità, vale a dire con storie o esperienze infantili negative; familiari, ossia che non hanno una famiglia sufficientemente solida o con scarse risorse economiche e che avvertono dunque differenze con i coetanei privilegiati; e sociali, che si traducono cioè in vissuti di esclusione.
Molti genitori confrontati con il periodo dell’adolescenza sono in difficoltà. Dove risiedono i maggiori ostacoli e quali tipi di aiuti esistono?
È importante non aderire immediatamente al presupposto che l’obiettivo principale sia di controllare e attenuare la rabbia dell’adolescente, come se si trattasse di gestire le manifestazioni di questo disagio. Dal momento che la rabbia rappresenta una reazione a qualche cosa, ed è spesso l’espressione di una difficoltà a crescere e a realizzare i propri bisogni evolutivi, alcuni di loro la manifestano diventando tristi, altri si rinchiudono e si vergognano e altri ancora si arrabbiano. Quindi un aiuto che si può dare ai genitori è di capire di che cosa la rabbia sia espressione. Quali sono cioè le motivazioni di fondo. Qualche volta è facile capirlo, altre volte no. Prima di tutto perché gli adolescenti stessi non ne conoscono bene i motivi veri. Occorre dunque compiere uno sforzo di riflessione per risalire dapprima alle ragioni alla base di queste reazioni emotive e cercare di decodificarle. Il secondo aspetto è di capire che il problema dipende un po’ anche dal contesto in cui vive l’adolescente; mentre altri genitori (o gli attori dell’ambiente di vita allargato) dovranno invece porsi domande su di sé e chiedersi se stiano o meno regolando bene certi bisogni dei figli. La domanda di fondo è capire qual è il bisogno evolutivo bloccato alla base di certi comportamenti sintomatici. A questo punto si potranno finalmente trovare soluzioni e orientare l’adolescente a prendere nuove decisioni sulla sua vita.