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Informazioni
Ticino industriale. Una guida architettonica, a cura di Valeria Frei, fotografie di Tonatiuh Ambrosetti, edizioni Casagrande e Industriekultur Schweiz, 2024.
Il volume verrà presentato a Bellinzona, nell’Officina Nephos, il 24 settembre alle 18.00.
Sabato 19 ottobre alle 17.00 la Galleria Consarc di Chiasso ospiterà una discussione sul tema «Fotografia e architettura industriale».
La piattaforma industriekultur.ch raccoglie un inventario del patrimonio industriale svizzero.
Alla scoperta del Ticino industriale
Spunta a sorpresa anche una fabbrica di Giò Ponti dalla nuova guida architettonica curata da Valeria Freiper Industriekultur Schweiz
Matilde Fontana
La si sfoglia come un libro fotografico, la si legge come un racconto. Questa guida narra il Ticino industriale tessendo i segni architettonici con la storia economica di un cantone complesso, stretto nel corridoio che dai valichi alpini porta ai valichi di frontiera.
Le 91 schede proposte dal volume sono accurate tessere di un mosaico che si compone cronologicamente, partendo dai ponti dell’Ottocento per approdare ai centri logistici del nuovo millennio. E sono solo il distillato di 4 anni di paziente e accurata campagna di osservazione del territorio e ricerca d’archivio portata a termine da Valeria Frei, giovane storica dell’arte che si è lasciata affascinare dall’archeologia industriale.
L’opera omnia dell’enorme lavoro di inventariazione del patrimonio industriale ticinese è andata ad arricchire la mappa interattiva del progetto nazionale Industriekultur Schweiz, che, come si legge nella prefazione al volume, «offre una panoramica degli edifici industriali ancora presenti sul territorio e rilevanti da un punto di vista storico e architettonico, ma anche dei macchinari, delle strutture per il trasporto e degli archivi di fabbriche del XIX e XX secolo». In quasi 20 anni di ricerche, con la tappa ticinese, l’inventario nazionale avviato dall’architetto zurighese Hans Peter Bärtschi è arrivato oggi a coprire circa la metà della Svizzera, offrendo la descrizione di quasi 5000 oggetti del patrimonio industriale sulla piattaforma industriekultur.ch. L’obiettivo dell’attuale capoprogetto Hanna Gervasi e del suo team è quello di completare il censimento in tutto il territorio nazionale.
Se la grande mappa online invita all’esplorazione di inediti itinerari geografici, la guida confezionata da Valeria Frei propone una lettura storica del Ticino industriale e dell’architettura delle fabbriche nella concatenazione di sette capitoli, dalla rivoluzione industriale ai giorni nostri.
E le fabbriche sono doverosamente precedute dalle infrastrutture, con i due pilastri che hanno favorito e accompagnato lo sviluppo del Ticino, non solo industriale: le vie di comunicazione e l’energia elettrica.
Pagina dopo pagina si delinea quindi dapprima il nostro paesaggio, marcato indelebilmente dai segni dell’imponente e stratificato asse di transito europeo: strade e autostrade, ferrovie, ponti, viadotti e gallerie. Dal ponte diga di Melide, firmato dall’ingegner Pasquale Lucchini (padre delle famose gallerie elicoidali della Gotthardbahn e di cui nella guida si scopre anche un progetto mai realizzato per il cantiere della Navigazione del Lago di Lugano a Cassarate), all’autostrada A2 firmata dall’architetto Rino Tami; dai tornanti della storica strada della Tremola (monumento viario più lungo della Svizzera) alle tracce visibili della sommersa linea ad alta velocità dell’Alptransit (che detiene il record mondiale di lunghezza dei tunnel ferroviari).
In una narrazione ben intrecciata fra trasporti ed energia, la guida ci conduce all’impianto idroelettrico Ritom delle FFS, costruito come una fortezza Heimatstil all’indomani della prima guerra mondiale per garantire l’elettrificazione della linea del Gottardo: un mondo di turbine e di condotte forzate, che la scheda esplicativa non manca però di estendere anche alla sua funicolare (costruita per il trasporto di materiale, oggi attrazione turistica e sportiva) e alle case operaie.
Scheda dopo scheda, le pagine idroelettriche scorrono giù per la Leventina con lo stile industriale lombardo di inizio Novecento dell’impianto AET del Piottino e lo Jugendstil della Vecchia Biaschina. Sorprendentemente (questo è il pregio della guida!), queste cattedrali dello sfruttamento del patrimonio alpino, convivono con piccoli segni sul territorio che raccontano la lunga filiera produttiva dell’industria idroelettrica. Nella sua capillare indagine sul campo Valeria Frei non si è quindi lasciata sfuggire le modeste dimensioni delle torrette di trasformazione elettrica: ne ha censite ben 48 (!) in tutto il Ticino, fra cui quelle di Ludiano e di Sorengo si sono guadagnate visibilità nella guida grazie alla loro particolare accuratezza architettonica.
Sulle solide fondamenta delle infrastrutture, si costruisce poi la storia delle fabbriche e delle aree industriali. Dai mulini e dalle manifatture della civiltà agricola all’industria di oggi, la cosiddetta industria 4.0.
Nelle schede dettagliate e contestualizzate si approfondiscono le conoscenze di oggetti noti, già al centro di studi, di vicende di cronaca o di riconversioni in anni più o meno recenti, come il Mulino di Maroggia, la Filanda di Mendrisio o la Cima-Norma di Dangio-Torre. Mentre insediamenti industriali protagonisti di grandi progetti passati e futuri, come la Monteforno di Bodio, le Officine di Bellinzona o la Stazione di Chiasso, assumono contorni più precisi nella loro dimensione architettonica, storica, economica e sociale.
Ma il volume riesce anche a stupire l’occhio più allenato nella ricerca delle tracce industriali, individuando inediti itinerari di lettura del territorio e persino portando alla luce singole scoperte architettoniche.
E così, tra i nomi più o meno noti di ingegneri e architetti che hanno firmato i progetti delle infrastrutture e delle fabbriche, spunta a sorpresa quello di Giò Ponti. Eh sì, proprio lui! Il celebrato architetto e designer milanese, ovunque noto principalmente per il grattacielo Pirelli e le raffinate ceramiche Ginori, ha firmato anche una fabbrica in Ticino: la ex SAFIZ di Giubiasco. Che scoperta! Per chi legge, ma ancor prima per chi ha scritto la guida. Un’intuizione scattata durante la ricerca sul comparto industriale giubiaschese, che ha trovato conferma all’Archivio Giò Ponti di Milano: quella fabbrica dai tetti a inclinazione alternata era proprio stata costruita nel 1955 su progetto dello studio milanese Ponti-Fornaroli-Rosselli per la milanese Società Anonima Forniture Impianti Zootecnici, che avrebbe prodotto nello stabilimento per neppure un ventennio, prima di trasferirsi nel canton Turgovia nel 1972. Lo stabilimento di Giubiasco rappresenta l’unica opera di Giò Ponti attualmente conosciuta in Svizzera.
E a chi non si sentisse ancora appagato dalle decine di schede, di fotografie, di approfondimenti e di dettagli che illuminano il nostro panorama industriale, l’autrice suggerisce nella ricca appendice ulteriori percorsi di lettura e qualche puntuale documento audiovisivo scelto per animare la storia delle fabbriche: progetti di illustri architetti, ma anche ricordi di sigaraie e filandaie.