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Siamo veramente soli nell’universo?
Alla ricerca delle specie aliene, sulla Terra e nello spazio, con il nuovo libro della divulgatrice scientifica Sabrina Mugnos
Stefania Prandi
Il titolo poetico, L’universo che sussurra, non deve trarre in inganno: l’ultimo libro di Sabrina Mugnos, divulgatrice scientifica, saggista e docente, è un viaggio rigoroso attraverso la scienza della Terra e dell’universo. «Siamo figli delle stelle», scrive l’autrice come prima frase, per ricordarci che ogni fiore, roccia, frammento di cui siamo fatti e che ci circonda ha avuto origine «all’interno delle fornaci che decorano il nostro firmamento». Il sottotitolo del volume, appena pubblicato da Il Saggiatore, riempie di curiosità: «Come cercare la vita aliena sulla Terra». In effetti, la maggior parte di questa ricerca la facciamo da Terra, racconta Mugnos. «Studiamo gli organismi estremofili, in grado cioè di resistere a condizioni estreme, che abitano nel nostro mondo, per comprendere se possano trovarsi in altri ambienti planetari. Inoltre, esaminiamo le onde elettromagnetiche raccolte dai radiotelescopi nella speranza di cogliere un qualche segnale intelligente dallo Spazio».
Da sempre, gli esseri umani si interrogano sulla presenza di forme di vita aliena. E mentre le risposte tardano ad arrivare, gli studi e le ipotesi per svelare l’arcano si moltiplicano e appassionano astronomi, astrofisici, ingegneri e geologi. Niente a che fare con l’ufologia, ci tiene a precisare Mugnos. «Indaghiamo ciò che conosciamo; quindi, cerchiamo gli organismi con una chimica del carbonio simile alla nostra. Soffriamo il limite dell’antropocentrismo. Come potremmo vedere e rilevare frequenze o manifestazioni che andassero al di là dei nostri cinque sensi? Ci muoviamo su binari abbastanza angusti, insomma, pur continuando a restare affascinati dai passi in avanti che compiamo».
Diffondiamo costantemente nel cosmo onde radio e riceviamo immagini da luoghi sempre più distanti. Le sonde spaziali Voyager e Pioneer sono in viaggio nello spazio interstellare da decenni, e ormai hanno superato i confini del sistema solare. Resta indimenticabile – infatti non manca nel libro – uno dei falsi allarmi più iconici della storia: il cosiddetto Segnale Wow rilevato dall’astronomo Jerry Ehman nel 1977, mentre lavorava al progetto di ricerca di vita extraterrestre SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence) con il radiotelescopio Big Ear dell’Università statale dell’Ohio. Purtroppo, il segnale fu ricevuto una sola volta ed ebbe la durata di una manciata di secondi. «Troppo poco per riuscire ad arrivare a conclusioni sensate».
Un’altra domanda alla quale non è semplice rispondere è come sia nata la vita sulla Terra. Si è passati dal brodo primordiale alle prime cellule e, poi, alla vita intelligente? Oppure è possibile che sia arrivata dallo spazio? Una teoria nata sul finire del secolo scorso ipotizza che la vita sia approdata preconfezionata a bordo di ciò che cade regolarmente sul nostro pianeta, come ad esempio comete, asteroidi, meteoriti oppure anche la semplice polvere interstellare. In questo senso, gli organismi estremofili potrebbero essere «specie aliene» capaci di attraversare l’atmosfera senza bruciarsi. L’idea che i virus ci siano caduti in testa dallo spazio è tutt’altro che astrusa, a quanto pare. È stata usata per ipotizzare una delle più grandi pandemie della storia, spiega Mugnos, la Spagnola, all’inizio del secolo scorso. L’epidemia che mieté milioni di morti si diffuse nel giro di brevissimo tempo da una parte all’altra del pianeta, quando ancora la velocità dei trasporti non era quella di oggi.
Il problema di queste teorie è la mancanza di prove concrete, ci tiene a precisare Mugnos: «Non abbiamo mai aperto un meteorite e scoperto un microrganismo vivo o morto. Abbiamo trovato altri elementi interessanti come gli amminoacidi, ma non è abbastanza per speculazioni più articolate». Sicuramente, risulta strano che dopo appena ottocento milioni di anni dalla formazione della Terra, la vita risultò già presente: un battito di ciglia in termini geologici, aggiunge Mugnos. I suoi argomenti appassionano anche i profani che, infatti, numerosi la seguono su Instagram e le inviano le loro foto. «Una dimostrazione di interesse che mi fa piacere».