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I laureati se ne vanno, ma poi in parte tornano
Demografia: uno studio indaga le ragioni per cui rimanere a lavorare in Ticino oppure no, quali sono i punti di forzadel nostro territorio o le debolezze con le quali tra i 20 e i 39 anni si è confrontati
Guido Grilli
«Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via», scriveva Pavese. Ma cosa accade se a lasciare il Ticino sono gli studenti freschi di un titolo universitario? Il fenomeno, sintetizzato nell’espressione «fuga dei cervelli», preoccupa seriamente l’economia, il territorio, la società. Tanto che il Consiglio di Stato ha deciso di affrontare con urgenza una criticità che rischia di avere ripercussioni irreparabili per il futuro. Come? Affidando uno studio all’Istituto di ricerche economiche (Ire), facoltà di scienze economiche dell’Università della Svizzera italiana e al Centro competenze management e imprenditorialità della Supsi. Per conoscerne i contenuti e i primi risultati abbiamo interpellato una delle responsabili dell’indagine, Barbara Antonioli Mantegazzini, professoressa titolare all’Usi e vice-direttrice dell’Ire.
Quali sono i punti centrali ai quali lo studio è chiamato a rispondere?
Il Consiglio di Stato è interessato a comprendere le ragioni alla base dell’attuale forma della piramide demografica ticinese, cioè della distribuzione della popolazione per fasce d’età. La piramide demografica restituisce un’immagine chiara e leggibile del peso delle varie fasce della popolazione, e viene normalmente utilizzata per mostrare l’andamento della popolazione nel tempo. Per il Canton Ticino, quello che si nota è un progressivo sbilanciamento verso individui con età superiore ai 40 anni, e un parallelo calo di quelli più giovani. È quindi importante comprendere quali sono le motivazioni che hanno condotto a questa forma, come il calo del tasso di fecondità, l’aumento dell’aspettativa di vita e, appunto, il trasferimento dei giovani tra i 20 e i 39 anni fuori Cantone o all’estero. In tal modo, sarà possibile formulare delle riflessioni su possibili politiche pubbliche volte a rendere il Ticino maggiormente attrattivo.
L’indagine si intitola Scenari evolutivi nella dinamica demografica del Canton Ticino. Condizioni di attrattività per i nuovi residenti, impatto sullo sviluppo economico regionale, un titolo rivelatore della complessità dello studio. Come avete strutturato il questionario dell’indagine? Qual è il campione che vi siete proposti di raggiungere? Quali sono le domande e gli argomenti determinanti?
È opportuno precisare che lo studio si rivolge a gruppi diversi di individui. Un primo gruppo comprende un campione selezionato di individui con età compresa tra i 20 e i 39 anni che si sono trasferiti fuori Cantone o, di converso, hanno scelto di insediarsi nel nostro Cantone negli ultimi cinque anni, a prescindere dal tipo di attività e dalla formazione. Per questi soggetti, la raccolta delle informazioni avviene attraverso interviste strutturate. Il secondo gruppo, invece, comprende i laureati Usi e Supsi degli ultimi dieci anni. A questi è stato somministrato un questionario allo scopo di raccogliere in maniera quanto più dettagliata possibile le motivazioni alla base delle scelte lavorative. Per chi lavora al di fuori del Ticino, ci interessa prevalentemente indagare per quale motivo hanno scelto di farlo, il grado di soddisfazione, se valuterebbero di rientrare e a quali condizioni. Per chi invece lavora nel nostro Cantone, è importante approfondire perché ha scelto di rimanere, quali sono i punti di forza del nostro territorio, o le debolezze con le quali si è comunque confrontato. Prevediamo di tener aperto il questionario per circa un mese per raccogliere il maggior numero possibile di informazioni.
Avete già ottenuto risposte utili che vi consentono di trarre prime conclusioni?
Stiamo cominciando ora a ricevere il primo round di risposte, che sono sicuramente molto interessanti. Benché sia ancora presto per trarre conclusioni, stanno emergendo alcuni temi che risultano essere trasversalmente rilevanti per la vasta maggioranza degli intervistati. Ad esempio, nonostante il ruolo di primo piano giocato dal differenziale salariale fra il Ticino e gli altri Cantoni, le scelte di mobilità dei giovani ticinesi che terminano il loro percorso di studi sono spiegate in larga parte anche da altri fattori quali le possibilità di carriera e di flessibilità lavorativa anche attraverso una quota di lavoro in remoto. Altro aspetto rilevante è che la maggior parte di coloro che sono partiti per avviare la propria carriera lavorativa in altri Cantoni o all’estero ha compiuto questa scelta non per mancanza di opportunità in Ticino, ma per il desiderio di maturare nuove esperienze fuori Cantone. D’altra parte, è pure emerso chiaramente come molte laureate e laureati siano comunque interessati a una carriera lavorativa in Ticino, soprattutto quando hanno legami familiari che li spingono a rimanere sul territorio. In diversi punti del questionario abbiamo infine dato la possibilità di aggiungere commenti ed è stato interessante rilevare come molte e molti giovani abbiano il desiderio di condividere le loro molteplici esperienze, positive e negative, e si mostrino interessati a rendere il loro Cantone un luogo sempre più attrattivo e competitivo nel futuro.
L’esodo di molti giovani da un Cantone e l’altro o verso l’estero riguarda solo il Ticino o altre realtà in Svizzera? Potrebbe infine inquadrare il fenomeno relativo al Ticino?
In una prima fase del lavoro, abbiamo quantificato il numero di trasferimenti di giovani nella fascia di età fra 25 e 40 anni che si registrano annualmente in Svizzera fra le diverse aree del mercato del lavoro. Queste aree, definite dall’Ufficio federale di statistica, sono macro-regioni che si configurano attorno a un centro economico principale e al loro interno si possono circoscrivere i flussi degli spostamenti quotidiani fra casa e lavoro. Il primo dato che emerge da questa analisi è che, benché il Canton Ticino registri ogni anno un saldo migratorio negativo che si è amplificato nel tempo raggiungendo l’attuale differenza fra partenze e arrivi che ammonta a circa 500 unità, saldi negativi anche più consistenti sono registrati da regioni quali Basilea, Alpi Orientali, Ginevra, Lago di Costanza e Giura. Inoltre, se ci focalizziamo sulla percentuale di giovani residenti che partono ogni anno, il Ticino si classifica in ultima posizione nel panorama svizzero, con un valore (2%) ben al di sotto di regioni quali Giura, Alpi Orientali o Neuchâtel, dove questa percentuale supera il 5%. Dunque, in base a questi dati, rispetto agli altri Cantoni il principale problema del Ticino si configura come una mancanza di arrivi piuttosto che come un eccesso di partenze.
L’unica regione svizzera che registra ogni anno un consistente saldo migratorio positivo è invece l’area di Zurigo, dove il numero di arrivi supera quello delle partenze di tremila unità ogni anno. Il mercato del lavoro di Zurigo è in forte espansione e attrae ogni anno una rilevante percentuale di giovani residenti provenienti da altri Cantoni, anche quelli che in passato tendevano a configurarsi come mete di arrivo, ad esempio la regione della Svizzera centrale e l’area bernese.
Da ultimo, è interessante osservare che non tutte le partenze sono definitive. Nonostante le partenze di giovani dal Ticino verso altri Cantoni (in particolare, Zurigo) superino nettamente gli arrivi, questi ultimi non sono trascurabili e nell’ultimo decennio ammontano in media a 700 all’anno. In base a nostre stime, più di un terzo di questi arrivi possono essere classificati come rientri di persone originariamente residenti in Ticino. Dunque, il Ticino ha sicuramente margine per investire sul rientro di persone potenzialmente interessate a tornare dopo esperienze lavorative e di formazione trascorse in altri Cantoni o all’estero.