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Erbe medicinali, piante magiche e un manoscritto misterioso

Guida dilettevole per il passeggiatore digitale: nel secondo articolo della serie dedicata alle isole di conoscenza e memoria presenti nella Rete vi consigliamo di sfogliare le meravigliose pagine di antichi erbari. Proprio grazie alla loro digitalizzazione e accessibilità è maturata la soluzione di un enigma durato 600 anni, quello del manoscritto di Voynich
/ 05/08/2024
Mattia Pelli

Nella frescura di alcuni degli angoli più reconditi di Internet, crescono erbe misteriose dai fiori profumati, le cui proprietà medicinali ci sono state tramandate nei secoli da antichi erbari, custoditi nelle più importanti biblioteche del mondo. È anche grazie alla loro digitalizzazione e alla loro disponibilità online che è maturata la soluzione di un mistero lungo 600 anni.

Eleonora Matarrese, filologa, etnobotanica, scrittrice e accademica, ha infatti recentemente annunciato di avere risolto l’enigma del manoscritto Voynich.

La storia merita di essere raccontata, almeno per sommi capi: si tratta di un codice illustrato risalente al XV secolo, rimasto indecifrato per ben seicento anni e conservato all’Università di Yale. Ed ecco il primo luogo della nostra passeggiata virtuale: la libreria dell’università americana, dove potremo sfogliare le pagine di questo libro straordinario che è stato completamente digitalizzato (www.collections.library.yale.edu).

Scritto su pergamena di vitello, è corredato da una grande quantità di illustrazioni a colori, una parte delle quali paiono ritrarre piante. Un erbario, quindi? Il problema è che le illustrazioni non sembravano riferirsi a piante reali, mentre la lingua in cui sono scritti i testi non pareva somigliare a nessun idioma conosciuto. E sono stati in molti a cercare di decifrare il manoscritto: medievisti, linguisti, crittografi e filologi di tutto il mondo. «La possibilità di consultare opere simili al Voynich è stata di grande aiuto per la sua decifrazione», spiega Eleonora Matarrese, che nella sua ricerca ha consultato collezioni digitali di istituzioni come la Cambridge Digital Library (www.cudl.lib.cam.ac.uk), l’Università di Padova (www.phaidra.cab.unipd.it), la Biblioteca Bodleiana di Oxford (www.digital.bodleian.ox.ac.uk), e siti come Internet Culturale, che propone cataloghi e collezioni digitali delle biblioteche Italiane (internetculturale.it) o come e-codices (e-codices.unifr.ch) creato dall’Università di Friburgo nel 2005 e che oggi offre oltre 2800 manoscritti conservati in Svizzera consultabili su Internet. E così pure noi, davanti ai nostri schermi, possiamo sfogliare queste meraviglie frutto di lavoro certosino, in cui si mescolano sapere, arte e fantasia.

Il punto di partenza di questa storia profumata di fiori ed erbe medicinali lo fissiamo provvisoriamente nella Roma imperiale, dove un medico greco, vissuto tra il 40 e il 90 d.C., scrisse un trattato di farmacologia intitolato De materia medica, che ebbe grande influenza per molti secoli. Il suo nome era Dioscoride e il suo studio sulle piante è giunto a noi attraverso numerose riscritture: una tra le più antiche (è del 900 d.C.) è conservata alla Biblioteca Nazionale di Napoli e si può consultare online sul sito della Libreria del congresso di Washington2). La sua influenza fu così grande che Dante lo mise nel limbo, con l’epiteto di «buono accoglitor del quale», cioè della qualità delle erbe.

E tra quelle più misteriose e potenti rappresentate negli erbari antichi c’è la Mandragora, la cui radice di forma antropomorfa – insieme alle sue proprietà anestetiche e afrodisiache – ha probabilmente contribuito ad attribuirle poteri sovrannaturali. Molto bella è la rappresentazione in forma umana che si trova nel manoscritto del IV secolo d.C. chiamato Pseudo-Apuleio, la cui versione più antica è conservata presso l’Università di Leida ed è consultabile online (www.digitalcollections.universiteitleiden.nl).

Avvicinandoci ora geograficamente e culturalmente al nostro punto di partenza, il manoscritto Voynich, arriviamo al monastero di San Sebastiano, a Ebersberg, vicino a Monaco. Qui, nel 1479, il monaco benedettino Vitus Auslasser completò un erbario manoscritto con nomi di piante medio latine e medio alto tedesco, corredato da bellissimi acquerelli, oggi digitalizzato e consultabile sul sito Internet della Bayerische Staatsbibliothek (www.digitale-sammlungen.de).

«Il primo libro stampato in Europa dopo l’invenzione di Gutenberg fu la Bibbia, il secondo un erbario. Uno serviva a curare l’anima, l’altro il corpo»: Eleonora Matarrese fa riferimento all’Herbarius Moguntinus, che venne stampato nel 1484 e che si può ammirare online (con una famosa xilografia della Mandragora femmina) su e-rara.ch, una piattaforma per la consultazione di edizioni antiche digitalizzate conservate nelle istituzioni svizzere. Ma è l’incunabolo conosciuto con il titolo Gart der Gesundheit, («Il giardino della salute») il primo erbario stampato in lingua tedesca, firmato dal medico Johann Wonnecke von Kaub (www.digitale-sammlungen.de).

Il cerchio sta per chiudersi, il mistero sta per essere chiarito: siamo a Tolmezzo, in Friuli, dove, in un sacchetto di plastica abbandonato, qualche tempo fa una funzionaria della Soprintendenza di Udine scopre una preziosissima versione di questo manoscritto, ora esposto (ma non ancora consultabile online) presso il Museo Etnografico Gortani. Portato in Carnia dai cramàrs, venditori ambulanti di spezie e di medicamenti, la sua importanza sta nella lingua adottata, non quella aulica della cultura del tempo, ma quella del popolo, che ha messo Eleonora Matarrese sulla giusta strada.

Perché la soluzione dell’enigma è in fondo piuttosto semplice: il manoscritto Voynich sarebbe scritto in un dialetto medio tedesco, molto simile a quello ancora oggi parlato a Timau/Tischlbong, in Provincia di Udine e le piante rappresentate sono specie reali, presenti nelle Alpi.

La nostra passeggiata alla ricerca di erbe magiche, curative e benefiche che ci accompagnano da millenni si conclude tra le pagine dell’Herball del botanico inglese John Gerard, pubblicato nel 1597 e ora consultabile online (www.loc.gov). «Se il diletto può provocare il lavoro degli uomini – scriveva – quale maggior diletto c’è nel vedere la terra vestita di piante, come una veste di lavoro ricamata, ornata di perle orientali e guarnita di una grande varietà di gioielli rari e costosi?».