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Un luogo protetto per donne e ragazze
La Casa della Giovane di Lugano, istituzione storica della città, ha una nuova direzione e pensa a nuove iniziative per le sue utenti
Alessandro Zanoli
Forse qualcuno ricorda quei curiosi manifesti che si trovavano nelle stazioni ferroviarie e anche su alcuni treni, fino a qualche decina d’anni fa. Nell’immagine in bianco e nero si vedeva una giovane donna sorridente e nel testo di accompagnamento il riferimento a un’associazione svizzera, Pro Filia, votata alla «Protezione della giovane». Si trattava di un servizio offerto a giovani donne in difficoltà o bisognose di un aiuto, e l’associazione gestiva in varie città e stazioni ferroviarie della Svizzera dei punti di contatto per accoglierle e per rispondere a loro necessità contingenti.
Di quel particolare tipo di assistenza si era sentito il bisogno in un periodo storico preciso, a fine 800. Era un’epoca in cui il movimento della popolazione dalla campagna verso le città trovava proprio nelle giovani donne una fascia di popolazione particolarmente fragile e soggetta a vari tipi di possibili abusi. Come molte altre associazioni a vocazione «umanitaria» sorte in quel periodo, Pro Filia era nata quindi a livello nazionale nel 1896. Nel Ticino si era insediata poco dopo, nel 1901. Il motto del sodalizio, «In Via», ricorda ancora oggi quell’attenzione alla situazione specifica «di movimento» delle donne, alla loro esperienza di viaggiatrici. Una vocazione che in seguito si è poi estesa anche alla tutela delle ragazze alla pari, viaggiatrici per eccellenza tra le varie regioni della Svizzera. Importante sottolineare come l’impostazione di base sia legata dichiaratamente a una concezione cattolica dell’intervento sociale. «Siamo però aperti a qualunque confessione e a qualunque cultura» ci spiega l’attuale direttrice Elena Bernasconi, «perché lo scopo principale del nostro intervento è da sempre l’accoglienza».
Con il passare degli anni i punti di consulenza legati alle stazioni ferroviarie sono rimasti, e sussistono ancora oggi ad esempio alla Stazione FFS di Chiasso. Il mutamento delle condizioni sociali e di bisogno fa sì però che la casistica sia mutata, come ci conferma Elena Bernasconi: «Interveniamo frequentemente per fornire una consulenza e dare un concreto aiuto ad esempio a migranti in arrivo alla stazione, che spesso non hanno nemmeno un abbigliamento adeguato alla stagione, o non hanno biglietti o documenti. Gli interventi nel corso dell’anno sono moltissimi».
In Ticino, storicamente, la presenza dell’associazione Pro Filia fa capo a tre strutture. «Oltre alla permanenza alla stazione di Chiasso, esistono le sedi di Lugano e Locarno. La prima trova la sua sede nella Casa della Giovane di Corso Elvezia. Si tratta di una struttura che ospita donne con difficoltà di inserimento sociale o con problemi psichiatrici. La casa è attrezzata per accoglierle in un contesto protetto e per offrire loro una serie di attività quotidiane di impiego del tem po. A Locarno invece esiste uno stabile, costruito in collaborazione con la Parrocchia, con appartamenti a pigione moderata: con gli introiti si aiutano poi enti, servizi e famiglie sul territorio».
Per finanziare la sua attività Pro Filia usufruisce di contributi di vario genere, tra cui quelli assegnati dal Cantone. «Come altre istituzioni attive nel settore sociale, abbiamo stipulato un contratto di prestazione con lo Stato, e i recenti tagli lineari messi in atto ci mettono di fronte alla necessità di trovare sempre nuove fonti di sostegno. Attualmente, per rispondere ai bisogni di una cinquantina di ospiti, occupiamo una sessantina di persone, nei tre settori amministrativo, alberghiero e infermieristico/educativo» ci spiega Elena Bernasconi.
Una delle sfide con cui è confrontata la direzione è anche quella di gestire un fenomeno inevitabile che tocca le donne residenti: l’invecchiamento. «Dal 2019 abbiamo aperto una nuova struttura, in uno stabile in via Serafino Balestra, proprio per prendere a carico le nostre utenti d’età avanzata. Date le loro difficoltà, era prematuro pensare a un inserimento in case per anziani, le quali d’altro canto sono meno esperte nella gestione di casi psichiatrici».
E espandendo ancora il raggio della propria attività, la «Casa della giovane» ha di recente dato il via a una nuova iniziativa, attraverso la quale intende permettere ad alcune delle sue utenti di reinserirsi nel mondo del lavoro e poi trovare una sistemazione esterna in appartamento indipendente. «Abbiamo iniziato a collaborare con un locale del Malcantone, l’Osteria del Mino di Pura. In uno stabile che è stato completamente rinnovato intendiamo offrire ad alcune nostre utenti la possibilità di intraprendere un percorso riabilitativo professionale. Si tratta di un’iniziativa recentissima che è stata inaugurata con un pomeriggio speciale, in occasione della “Giornata d’azione nazionale per i diritti delle persone con disabilità”, l’8 giugno scorso. Vi ha partecipato in particolare la poetessa e scrittrice ticinese Franca Felber».
Più in generale, comunque, l’attività luganese di Pro Filia è legata all’immagine della Casa della Giovane di Lugano. «La prima collocazione della “Casa” era in centro, in Via Peri. Dal 1983 ci siamo trasferiti invece nel moderno stabile costruito in Corso Elvezia dall’architetto Livio Lenzi. Si tratta di un palazzo molto particolare, con una fisionomia moderna che vorrebbe ispirarsi alla chiesa del Sacro Cuore che è proprio di fronte. Il suo profilo, però, in mattoni rossi e con infissi di metallo molto appariscenti, fa sì che spesso venga scambiata per una costruzione di Mario Botta. Abbiamo turisti che vengono a chiedere di fotografarne gli spazi…» annota divertita Elena Bernasconi. «All’interno, con il passare del tempo, abbiamo dovuto adattare la struttura alle nuove esigenze della nostra utenza. Ma rimane comunque una costruzione ancora capace di rispondere alla sua vocazione di accoglienza, offrendo al contempo una vita sociale di qualità alle residenti».
Fatto il punto sulla situazione passata e presente di Pro Filia, rimane ora da immaginarne la fisionomia futura, e da vedere come pensa di adattarsi all’evoluzione dei tempi. «Abbiamo in cantiere un ulteriore progetto, che ci permetterà di aprire una nuova unità abitativa. Il progetto è stato elaborato in collaborazione con l’OCST e prevede, tramite la Cooperativa Lambertenghi, la costruzione sul sedime dell’Ex Macello di Lugano di uno stabile in cui vorremmo inserire degli appartamenti a pigione moderata».
Di questo nuovo progetto però si occuperà la nuova direzione: Elena Bernasconi, laureata in Sociologia e Antropologia a Losanna, ricopre il ruolo di direttrice dal 1987 e alla fine di quest’anno andrà in pensione. Passerà il testimone alla sua collaboratrice, Sabrina Clerici. «Abbiamo lavorato insieme negli ultimi 18 anni: in questo modo ci immaginiamo di garantire ancora una continuità a quello che è stato lo spirito della casa fino ad oggi».
Il futuro della Casa della Giovane di Lugano si apre quindi a una serie di novità e rilancia negli anni a venire la sua vocazione di sodalizio creato a favore delle donne.