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Pretirocinio, per chi non studia e non lavora
Giovani: c’è chi non riesce a ultimare la formazione scolastica e professionale dopo la scuola media; l’Istituto della transizione e del sostegno interviene per contrastare questo fenomeno; abbiamo incontrato la direttrice
Fabio Dozio
La formazione dei giovani è, o dovrebbe essere, un caposaldo della società. La Svizzera offre una buona qualità in questo campo e, in particolare, il sistema formativo duale è riconosciuto come punto di forza del nostro Paese. Scuola e lavoro paralleli per chi sceglie l’apprendistato come formazione scolastica e professionale.
Negli ultimi anni stiamo però assistendo a un fenomeno nuovo: «Sempre più giovani faticano a entrare nel mondo del lavoro, interrompono la formazione, non superano gli esami finali». – si legge sulla pagina di presentazione dell’Istituto della transizione e del sostegno (ITS) – «Diverse sono le ragioni che spiegano le difficoltà riscontrate da questi giovani nel passaggio dalla scuola dell’obbligo alla formazione di base come ad esempio le fragilità personali, le difficoltà scolastiche, i rischi sociali, gli adattamenti culturali, le relazioni famigliari complicate, l’inserimento nel mercato del lavoro complicato».
Da 12 allievi agli attuali 200
Dal 1994 in Ticino è attivo il Pretirocinio di orientamento (PTO), della durata di un anno scolastico. All’inizio accoglieva 12 adolescenti, oggi circa 200. I corsi si svolgono in due sedi, a Bioggio e a Gordola, e il Pretirocinio fa parte dell’Istituto della transizione e del sostegno, diretto da Chiara Orelli Vassere, che abbiamo intervistato.
«L’offerta didattica e formativa – ci dice – è unica per entrambe le sedi, e prevede, così come stabilito dalle norme federali e cantonali che definiscono il campo di azione della formazione professionale di base e delle offerte di transizione, un mix tra rafforzamento delle conoscenze scolastiche e avvicinamento formativo ed esperienziale al mondo delle professioni: attivazione di stage, incontri con attori del mercato del lavoro, accompagnamento professionale offerto da docenti con formazione specifica nelle ore di scuola, così come un’attenzione alle competenze trasversali della persona in formazione attraverso figure di sostegno individuale interne alla scuola».
In uno studio di dieci anni fa dedicato al Pretirocinio, curato da Jenny Marcionetti e Spartaco Calvo, si sottolineava che il 27% dei ragazzi iscritti al PTO non riusciva a inserirsi in una formazione secondaria. Oggi, dati precisi non sono disponibili, ma è probabile che la percentuale di chi non riesce a ritrovare la strada della formazione sia analoga.
La Confederazione nel 2006 ha stabilito un obiettivo: portare il 95% dei giovani minori di 25 anni all’ottenimento di un diploma. In Ticino il risultato non è ancora stato raggiunto, ma si sta lavorando in questo senso.
Chi sono i giovani che attualmente frequentano il PTO? «La maggior parte – spiega Chiara Orelli – ha terminato la scuola media in Ticino, alcuni senza avere conseguito la licenza; hanno dunque assolto l’obbligo scolastico pur essendo ancora legati a quello formativo, che li chiama a un progetto formativo individuale fino al raggiungimento della maggiore età. Vi sono poi allieve e allievi che provengono da altri cantoni o dall’estero, oppure da percorsi scolastici diversi, come il Pretirocinio di integrazione, un’offerta scolastica dell’Istituto della transizione e del sostegno (ITS) volta al rafforzamento delle competenze linguistiche in italiano per allievi alloglotti, tappa indispensabile per proseguire con successo lungo la strada della formazione professionale.
La composizione delle classi riflette le ragioni per le quali le persone in formazione approdano all’ITS. Vi sono pertanto giovani non ancora pronti a una scelta professionale chiara e solida, indipendentemente dagli esiti positivi o meno del precedente percorso scolastico e dalle loro condizioni di vita; altri che sono o sono stati confrontati con situazioni familiari, economiche, sociali o di salute difficili, che hanno inciso anche nel percorso scolastico, rendendolo più complesso.
Il PTO è una scuola che offre aiuto e sostegno a ragazze e ragazzi che desiderano e chiedono un’attenzione accentuata nella non facile scelta di un percorso di vita successivo alla scolarizzazione di base».
Il Ticino ha il vanto, da anni, di offrire una Scuola media unica ai suoi giovani. Una formazione inclusiva che cerca di evitare le differenze dovute alle condizioni materiali dei cittadini. Cinquant’anni fa la scuola media non c’era e i giovani che non proseguivano gli studi passavano dalla scuola di avviamento, dopo le maggiori, perché bisognava attendere di compiere quindici anni per poter lavorare. Allora, l’avviamento era frequentato in buona parte da figli di operai che andavano a fare gli operai o, al massimo, gli impiegati. Anche oggi, chi frequenta il PTO proviene da ceti sociali meno favoriti oppure si tratta di stranieri.
Il ruolo delle famiglie
Il rapporto tra scuola e famiglia riveste un aspetto rilevante per aver successo nel reinserimento formativo o professionale dei giovani che frequentano il Pretirocinio. «Le famiglie delle allieve e degli allievi hanno un ruolo importante nel condividere e sostenere il progetto formativo proposto ai loro figli e concorrono con la scuola a costruire quella motivazione che è l’ingrediente essenziale per un esito positivo del percorso. – afferma la direttrice – Per questa ragione sono coinvolti da subito, attraverso colloqui iniziali individuali e di gruppo, nelle attività della scuola. L’interazione scuola-famiglia è poi costante lungo tutto l’anno del PTO: ad esempio per il ruolo richiesto alla famiglia nella ricerca e nell’attivazione di stage, di concerto con i docenti di accompagnamento professionale, o nell’affiancare le e i docenti nell’individuazione precoce delle eventuali difficoltà dell’allieva o allievo e nel concordare insieme le strategie più adeguate a porvi rimedio».
Considerando l’importanza delle famiglie è indispensabile valutare anche il comportamento dei giovani. Oggigiorno, le aziende e il mondo del lavoro, prestano molta attenzione all’atteggiamento dei giovani. «Le competenze trasversali sono ormai al centro delle competenze sociali richieste anche dal mondo del lavoro. – sottolinea Chiara Orelli – È di conseguenza importante spiegare alle persone in formazione la necessità di assumere comportamenti rispettosi di sé, e dunque ad esempio non dannosi alla salute fisica e psichica propria e degli altri. In questa direzione, si sottolineano nella formazione il rispetto dei principi e dei valori di base della nostra società, in testa l’eguaglianza di tutti nei diritti e il principio di non discriminazione, affinché vengano formate persone preparate al mondo del lavoro e consapevoli delle dinamiche virtuose della vita collettiva. Un’attenzione particolare è data evidentemente alle esigenze dei datori di lavoro, che chiedono puntualità, costanza, serietà e correttezza nelle relazioni: un ampio lavoro formativo in questo senso è svolto nelle nostre aule da tutto il corpo docente, con il supporto anche di altri enti, ad esempio la Città dei Mestieri della Svizzera italiana, a cui facciamo regolarmente capo».
I rapporti col mondo del lavoro
Per gli stage e per le assunzioni dei giovani avete buoni rapporti con il mondo del lavoro? «Allieve e allievi del Pretirocinio di orientamento, come quelli di tutto l’ITS, beneficiano direttamente degli sforzi messi in atto da anni dal Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport, e in particolare dalla Divisione della formazione professionale, per sensibilizzare le aziende del territorio all’accoglienza di apprendiste e apprendisti e all’offerta di stage. Grazie a ciò, oltre alla presenza di un importante apparato di supporto pubblico (ispettorato, orientamento professionale, servizio GO95 …), anche il PTO può avvalersi di una rete di aziende pronte a dare la loro disponibilità all’accoglienza di giovani in stage. Detto questo, l’impegno resta costante nel rafforzare la rete di aziende formatrici a disposizione sul territorio».
Il mondo del lavoro è molto cambiato in questi anni e, purtroppo, non in meglio. Condizioni sempre più difficili, stress, insicurezza, stipendi inadeguati, competitività, precariato. Situazioni che certo non creano il clima migliore per invogliare i giovani. E, d’altra parte, ci sono ragazzi che hanno meno motivazioni e poca disponibilità ad accettare le norme. Ciò porta un numero non indifferente di apprendisti a interrompere il tirocinio. A questi giovani l’Istituto della transizione e del sostegno offre un «semestre di motivazione», un provvedimento contemplato nella Legge sull’assicurazione contro la disoccupazione (LADI). Riuscite a motivare i partecipanti? Chiediamo a Chiara Orelli Vassere: «Il Semestre di motivazione (SEMO) è una delle misure a disposizione delle giovani e dei giovani che hanno sciolto un contratto di tirocinio o interrotto la frequenza di una scuola a tempo pieno e che necessitano di un sostegno per riorientare la propria scelta. Si tratta di un percorso incentrato sulla possibilità di fare esperienze concrete nel mercato del lavoro ed è tra l’altro un provvedimento del mercato del lavoro stesso, contemplato dalla Legge sull’assicurazione contro la disoccupazione. L’offerta dell’ITS si inserisce dunque a pieno titolo nella strategia attuata dal Cantone per sostenere coloro che abbandonano o interrompono la formazione, una strategia che vede il coinvolgimento di attori pubblici, Città dei Mestieri della Svizzera italiana, servizio GO95 e privati, Pro Juventute, servizio LIFT, che concorrono e collaborano nel contrastare la dispersione scolastica e formativa, per garantire alle e ai giovani un futuro più sereno».
Il Pretirocinio di orientamento è quindi una realtà importante in Ticino. Sostenere i giovani e garantire loro una formazione adeguata è un pilastro fondamentale per un paese democratico e moderno. Il mercato dei posti di tirocinio è sempre più competitivo, la formazione dopo la scuola dell’obbligo è fondamentale e i datori di lavoro sono sempre più esigenti. «Le conseguenze di questa spirale – indicavano già dieci anni fa Marcionetti e Calvo – le pagano i giovani appartenenti alle fasce più deboli: chi non ottiene buoni risultati scolastici, chi proviene dai ceti sociali meno favoriti e gli stranieri».