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Salvataggio con una prassi semplice e ben sperimentata

Riassumendo, l’azione di salvataggio si svolge secondo questa procedura.
– Il mattino del giorno in cui è programmato lo sfalcio, si ritrovano il pilota del drone e almeno 1-2 persone, con raduno direttamente sulle parcelle in cui si intende effettuare la fienagione.
– Una volta che il drone è in volo e ci si accorge della presenza di baby caprioli, il drone viene «bloccato» esattamente poco sopra i selvatici, consentendo alla persona che ha con sé la cassetta di individuare più facilmente i cuccioli.
– Si procede a ricoprire i caprioli ponendo sopra di essi una cassetta e conficcando nel terreno circostante dei paletti, così da segnalare la zona.
– Il contadino procede con lo sfalcio della parcella, «risparmiando» quei pochi metri quadrati su cui i piccoli risultano «avvolti» e protetti dalle cassette.
– Terminato il taglio dell’erba, si procede a «liberare» i piccoli di capriolo, dando il tempo alla madre di richiamarli.
– La sera, l’agricoltore torna sul posto per sfalciare a mano gli ultimi metri quadrati da sistemare, controllando che effettivamente in quella piccola porzione di terreno non vi sia più alcun animale.
Attenzione ai piccoli di capriolo e di cervo
Eco-iniziativa / A colloquio con Jonathan Molina sull’impiego del drone termico «salva-selvaggina» durante lo sfalcio dei prati
Raimondo Locatelli
Siamo a primavera inoltrata, a un passo ormai dall’estate, con la vegetazione da tempo… esplosa. Fiori, foglie sugli alberi, profumi ed emozioni, verde e tanta erba nei prati. I contadini si apprestano a impiegare falciatrici e mezzi meccanici sempre più performanti nel taglio del foraggio, che diventa fieno prezioso in stalla e negli ovili per alimentare i propri animali. Con un andicap non da poco, tuttavia: non di rado, al momento della fienagione (a partire da fine maggio sino a giugno e alla prima parte di luglio, a seconda delle condizioni meteorologiche nei mesi precedenti), allorquando l’erba si è fatta alta e si infittisce, c’è il grosso rischio di colpire a morte, inavvertitamente, i piccoli di capriolo in particolare, ma qualche volta anche di cervo.
Si tratta di selvaggina nata da poche settimane e nascosta dalla madre nella vegetazione erbosa dei nostri prati e pascoli, spesso a pochissima distanza persino da abitazioni. Questi caprioli di pochi giorni di vita, seguendo una strategia difensiva che per loro è del tutto naturale, rimangono immobili nell’erba, per cui anche l’agricoltore più accorto e sensibile nei confronti del rispetto della natura non vede le piccole creature – benché talvolta si provveda ad effettuare un sopralluogo a piedi prima dello sfalcio – e non riesce dunque a evitare l’irreparabile. Le macchine impiegate per la fienagione si tramutano così in armi, procurando ferimenti gravi (quasi sempre mortali) del selvatico.
Prioritari i principi etici anche nella caccia
Avviene dunque una sorta di mattanza, anche se – va detto esplicitamente – involontaria seppur inevitabile. E questo proprio perché i cuccioli di capriolo – nati da poche settimane, come è opportuno ribadire – vengono nascosti dalla madre all’interno dell’erba alta paradossalmente per proteggerli, ragione per cui gli stessi rimangono immobili a scopo difensivo anche se avvicinati da un predatore o da un contadino che si appresta a sfalciare il podere, trasformandosi inesorabilmente in prede certe.
In verità, non è da oggi che ci si interroga e ci si preoccupa – a livello di agricoltori ma anche fra cacciatori, come pure in seno alle varie istanze preposte all’attività venatoria, in primis l’Ufficio cantonale caccia e pesca (Ucp) al Dipartimento del territorio – di questo delicato problema, che chiama in causa la dovuta e necessaria sensibilità per i nostri selvatici pur nel contesto della legittimità della caccia in quanto tale.
Difatti, da qualche anno e in determinate zone l’Ucp, con l’intervento diretto di guardacaccia, ricorre all’impiego di droni per cercare, nel limite del possibile, di ovviare a questa incresciosa situazione o, comunque, di limitare i danni al patrimonio faunistico. Nell’evidente interesse oltretutto, va detto senza alcun equivoco, della caccia come tale, ma anche in forza di principi etici che sono ancor più importanti e significativi in una società come la nostra, la quale deve essere rispettosa nei confronti dell’intero Creato, dalla natura agli animali come pure, ovviamente, l’uomo. Si è trattato, comunque, di iniziative sporadiche e forse anche un poco improvvisate, senza un piano operativo ragionato e metodico, come è stato ad esempio in Riviera, in quel di Lodrino-Prosito, ma anche a Caroggio (sotto il villaggio di Mugena) nel 2022.
Positive le esperienze fatte in Alto Malcantone
Poi, però, il problema è stato affrontato di petto nel 2023, grazie allo slancio propositivo di un privato, Jonathan Molina (nella foto), collaboratore scientifico per la Ecoeng SA. Di comune accordo con la Società cacciatori Gradiccioli di Arosio capitanata da Sergio Devittori e in stretta collaborazione con agricoltori della regione – che conoscono ovviamente come le proprie tasche la realtà locale legata al territorio – sono state effettuate da Molina svariate azioni di salvataggio, con indubbio, notevole successo.
Basti segnalare, come ci conferma il presidente Sergio Devittori, che sono stati salvati una ventina di piccoli caprioli. Per il tecnico Jonathan Molina, anzi, è probabile che – oltre a questi caprioli messi in salvo con tale stratagemma – anche altri selvatici l’abbiano scampata bella in base a esperienze fatte altrove. Grandi cose, non v’è dubbio. «Nessun piccolo di cervo è stato invece rintracciato poiché la mamma sta loro vicino sin dalla tenerissima età».
Anche la Drosa Malcantonese del presidente Bernardino Rossi ha fatto la sua parte, promuovendo diversi interventi, e altrettanto ha fatto più di un privato (come nel caso di Mezzovico-Vira), richiedendo a questo intraprendente tecnico di droni di effettuare voli ricognitivi sulle proprie parcelle. In tal modo, per quanto riguarda l’Alto Malcantone, la zona «setacciata» ha riguardato segnatamente i comprensori di Arosio con la campagna di Mugena, Vezio, Caroggio e Fescoggia, comprendendo pure l’alpe Agra nel Comune di Cademario, nonché i territori di Bedigliora e Novaggio. Ci si è avvalsi di un «drone mavic 2 enterprise advanced», modello commerciale, che si presta ottimamente per questo tipo di interventi.
Non v’è dubbio che questi interventi promossi da società di caccia, con la Gradiccioli meritatamente in prima fila, e le giornate di cura dell’habitat che gran parte dei sodalizi venatori organizzano con abnegazione, contribuiscono a focalizzare una nuova, apprezzabile figura del cacciatore moderno, che non si limita a prelevare la selvaggina nel rispetto delle regole, ma si adopera pure efficacemente a salvaguardare e mantenere un territorio, un ambiente idoneo alla vita della fauna, in funzione insomma di una caccia maggiormente sostenibile.
Si ricorre a una cassetta, rimedio nostrano ma efficace
In concreto, come precisa Jonathan Molina, si perlustra una determinata porzione di territorio facendo ricorso a una nuova tecnologia, in particolare utilizzando droni con telecamera termica. «Questi droni vengono fatti volare sopra il campo erboso prima dello sfalcio, in modo da poter individuare i piccoli di capriolo o cervo nascosti fra la vegetazione. Una volta individuati, si provvede a coprire questi selvatici con una cassetta e si delimita il perimetro ricorrendo a paletti, in modo che l’agricoltore sappia dove i piccoli si trovano e, di conseguenza, possa effettuare la fienagione ma “risparmiando” la piccola area in cui è accovacciata la bestiola. Una volta terminata l’operazione di sfalcio, le cassette vengono rimosse e i piccoli lasciati nella chiazza d’erba alta restante. Ci si preoccupa, a quel momento, di allontanarsi, sicché regolarmente la madre del selvatico – nel giro di poche ore – interverrà nel richiamare a sé i piccoli per portarli via dal campo».
Di norma, soggiunge il collaboratore scientifico della Ecoeng SA, «se i piccoli di capriolo sono già “grandi”, può capitare che non si riesca a coprirli con la cassetta, considerato che si rialzano e scappano via. In questo caso, è di vitale importanza avvisare l’agricoltore affinché – nel momento in cui si procede con lo sfalcio – l’intervento venga effettuato con la massima cautela, pian piano, insomma, benché la tipologia delle superfici erbose consentirebbe velocità maggiori, in modo da dare il tempo ai piccoli di spostarsi e uscire dalla parcella sulla quale si è in procinto di effettuare la fienagione».
Altro elemento fondamentale è la tempistica relativa allo sfalcio: «Idealmente, si dovrebbe cominciare subito dopo i voli del drone, così da far trascorrere il minor tempo possibile, per evitare che sopraggiungano altri piccoli di capriolo».
Da ultimo, ma non certo per minore importanza, è l’orario in cui si è intenzionati a effettuare il volo del drone termico. Allo scopo di massimizzare il risultato, soggiunge Jonathan Molina, «bisognerebbe volare soltanto di primo mattino – si opera di buon’ora, alle 6 – quando il terreno è relativamente freddo, di modo che il calore emanato dai cuccioli di capriolo sia maggiore rispetto al “freddo” dell’ambiente circostante. Mi è capitato di far volare il drone anche sul mezzogiorno e scovare comunque qualche selvatico, ma è una questione di fortuna e può contare parecchio anche un occhio allenato, considerando che le temperature in quella giornata superavano i 26 gradi, per cui il terreno risultava caldo».