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Dove e quando

Tatuaggio. Storie dal Mediterraneo, Mudec, Milano (via Tortona 56). Orari: lu 14.30-19.30, ma-me-ve-do 9.30-19.30, gio-sa 9.30-22.30. Fino al 28 luglio.
www.mudec.it


Tatuaggi, disegni nati con l’uomo

Al Museo delle culture di Milano è in corso una mostra dedicata a questa particolare forma artistica
/ 13/05/2024
Alessandro Zanoli

Nella grande mappa geografica, raffigurata sulla parete proprio all’inizio dell’esposizione, spicca per la mancanza di dati la sagoma vuota della Svizzera. All’interno dei confini di ognuna delle nazioni europee circostanti invece è riportata una cifra, che indica la percentuale della popolazione (adulta) che ha deciso di farsi tatuare la pelle. La palma d’oro in questo curioso concorso spetta al Lussemburgo, che vanta un solido 62%, mentre, ad esempio, l’Italia registra un altrettanto consistente 48% (non troppo lontano dal 47% della Svezia e dal 46% degli USA). Una delle nazioni più ostili a questa pratica pare, chissà perché, la Francia, con una percentuale di poco superiore al 10%. Da una breve ricerca su Internet apprendiamo che presumibilmente in Svizzera una persona su cinque ne ha uno, ma tra i giovani la percentuale sale al 50% (fonte: tagblatt.ch).

Il tatuaggio, come tutti abbiamo notato, sta prendendo piede nella nostra società, grazie anche agli esempi proposti da personaggi popolari come calciatori, rapper e da altre stelle dello spettacolo. Una moda relativamente recente, tutto sommato, ma che pare sollevare ancora varie perplessità. La mostra proposta al Museo delle culture di Milano, ha quindi il merito di occuparsi con un occhio antropologico, storico e sociale, del fenomeno, presentandoci il suo sviluppo storico nell’area del Mediterraneo e nel mondo, aiutandoci così a prendere coscienza perlomeno del fatto che non si tratta assolutamente di una novità.

Nella storia della cultura e società umana, scopriamo con sorpresa, le stesse raffigurazioni preistoriche di animali e di simboli presenti nelle grotte di Lascaux e di Mas D’Azil, in Francia, possono essere ritenute modelli, se non addirittura copie, di tatuaggi, visto che gli strumenti usati per praticarli sono stati rinvenuti dagli archeologi negli stessi luoghi. Il tatuaggio insomma nasce senza dubbio «insieme» all’espressione grafica umana.

Un esempio eloquente lo offrono le spoglie del celebre Oetzi, vissuto oltre 5000 anni or sono e ritrovato nel ghiaccio delle Alpi nel 1991. La sua pelle mummificata riportava una trentina di tatuaggi, in forma di sottili righe parallele disegnate in varie parti del corpo. I segni, sono stati minuziosamente catalogati dai ricercatori mentre indagavano sul suo corpo, miracolosamente conservato. Si trattava probabilmente di tatuaggi apotropaici, simili peraltro a disegni analoghi ritrovati in altre civiltà e altre culture, in altre parti del mondo.

La bella esposizione milanese, insomma, fondata sulle accurate ricerche di una delle maggiori esperte dell’argomento, Luisa Gnecchi Ruscone, offre al visitatore la possibilità di acquisire tutta una serie di sorprendenti informazioni, riassunte tra l’altro con l’ausilio di varie proiezioni animate di grandi dimensioni. Il percorso mostra come la presenza dei tatuaggi sia facilmente riscontrabile in molti reperti iconografici risalenti all’epoca greca e romana, e quindi non sia da considerare appannaggio solo delle culture più «primitive». La sua storia e la sua evoluzione si lega strettamente a forme religiose e rituali, per diventare un simbolo di identificazione (magari in ambito di provvedimenti penali), oppure più semplicemente una pratica estetica. È potuta diventare persino una forma di protesta, sul corpo di carcerati e delinquenti, oppure di esibizione per fenomeni da baraccone, per arrivare poi alle forme più artistiche, elaborate e tecnologiche che caratterizzano i nostri giorni, in cui il tatuaggio si è trasformato in un’opera di pregio. Del resto i profili e le opere dei principali tatuatori italiani odierni sono presentati proprio all’inizio del percorso.

Ci sono sembrati più interessanti, forse perché più sorprendenti e inattesi, i tatuaggi a sfondo religioso, in particolare quelli legati alla tradizione cristiana. L’esposizione mostra infatti come fosse costume generale farsi eseguire dei disegni sulla pelle dopo pellegrinaggi in alcune delle principali principali mete della cristianità, come Loreto o Gerusalemme. Una simile intenzione si ritrova in altre tradizioni religiose: nei Balcani ad esempio alcuni tatuaggi testimoniavano la fede cristiana delle ragazze, per tentare di impedirne il rapimento da parte degli Ottomani. Ancora oggi si segnala come nei campi profughi di Suruc, in Turchia, le berbere algerine, le donne copte e le rifugiate curde usino tatuaggi per attestare la propria appartenenza etnica.

Un altro fenomeno, forse più conosciuto ma di cui è difficile immaginare la portata prima di aver visitato la mostra, è l’uso del tatuaggio nel mondo dei malviventi e dei carcerati. La pratica è antichissima, se si considera che già in epoca classica i rei giudicati colpevoli venivano costretti a portare la marca della propria punizione in forma di tatuaggi sulla pelle. A questa modalità di identificazione si è poi aggiunta, col passare del tempo, la stessa volontà dei reclusi e dei malviventi di portare sulla pelle il marchio della propria biografia negativa, quasi a sottolineare una salda fierezza di «figli di Caino». L’esposizione presenta dunque vari disegni copiati dal vero dai corpi dei reclusi (e addirittura alcuni lembi di pelle espiantata), in una raccolta iconografica che fa parte della collezione radunata dal celebre medico e criminologo Cesare Lombroso.

Ben oltre questa nostra succinta descrizione generale, grande merito dell’esposizione ci sembra quello di offrire un utile prospettiva storica nell’osservazione del fenomeno e fornirci quindi una chiave di comprensione più ampia, fuori dagli stereotipi. Mostrandoci l’antica e significativa presenza di questa tecnica in tutte le parti del mondo possiamo capire, in fondo, quanto l’attuale ritorno di moda risponda a un’attitudine di cui non possiamo ignorare il radicamento e l’importanza.