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Ipertensione? Teniamola controllata

Un sano stile di vita contribuisce a mantenere la pressione arteriosa nella normalità
/ 06/05/2024
Maria Grazia Buletti

Secondo la Fondazione svizzera di cardiologia, nel nostro Paese sono in molti ad avere la pressione arteriosa troppo alta; stando alle statistiche circa il 30% della popolazione, pari a oltre un milione e mezzo di persone. Più in generale, in Occidente, la statistica si sbilancia appesantendo la parte degli uomini, con una percentuale che si aggira al 33% contro il 31% delle donne. Tra questi, il 19% degli uomini e il 14% delle donne si trovano in una grave situazione di ipertensione. Problema di cui «spesso non ci si accorge: non causa disturbi e ciononostante può avere effetti fatali. Non a caso si dice che sia un “killer silenzioso” che fa sempre più vittime». A parlare è il dottor Franco Denti, medico di famiglia, oltre che presidente dell’Ordine dei Medici del canton Ticino, che prosegue spiegando come funziona la circolazione sanguigna per rapporto alla pressione necessaria a permettere al sangue di circolare in tutto il corpo: «Ogni battito cardiaco provoca una cosiddetta onda di pressione che viene trasmessa alle arterie. La sua regolazione è data dall’interazione fra diametro delle arterie, forza del cuore e volume del sangue».

La condizione di ipertensione è caratterizzata dall’elevata pressione del sangue nelle arterie, che è determinata dalla quantità che viene pompata dal cuore e dalla resistenza delle arterie al suo flusso: «Se la pressione arteriosa è di 140 su 90 millimetri di mercurio (mmHg) o superiore, si parla di ipertensione arteriosa che è un importante fattore di rischio normalmente non avvertito dal paziente, come già anticipato; ecco perché circa un terzo degli ipertesi non sa di esserlo, e questa è una caratteristica che rende l’ipertensione una condizione rischiosa che potrebbe portare a patologie cardiovascolari anche gravi come ictus, angina o infarto».

Importante è pure la differenza di pressione arteriosa tra la massima e la minima (pressione arteriosa differenziale) che, quando è maggiore di 70 mmHg, può diventare di per sé un altro fattore di rischio. La pressione arteriosa ottimale è 120 su 80 mmHg.

Secondo il medico «in generale le persone che soffrono maggiormente di ipertensione sono quelle a partire da un’età media e avanzata, e le donne in menopausa (a causa della diminuzione degli estrogeni che fungevano da fattore protettivo). Quest’ultima, può pure determinare un disturbo funzionale della tiroide (altra causa di ipertensione)».

A questo punto, bisogna distinguere la cosiddetta ipertensione primaria (di cui soffre circa il 90% di coloro che hanno la pressione alta) da quella secondaria: «Nella forma primaria non si possono identificare cause dirette e si manifesta più frequentemente con l’aumento dell’età». L’ipertensione secondaria colpisce invece il restante 10%: «In questo caso, è il risultato di una malattia, di alcune sostanze o di altri fattori scatenanti».

I fattori predisponenti per la pressione alta sono facilmente individuabili, e il medico di famiglia gioca un ruolo chiave e di «alleato», in quanto conosce molto bene il proprio paziente e detiene gli elementi per un’anamnesi accuratissima che ne permette la contestualizzazione: «Nella storia del paziente, è doveroso tenere conto della famigliarità, di età, sovrappeso, fumo, alcol, diabete (che danneggiano l’elasticità dei vasi sanguigni), eccesso di sale negli alimenti, stress e sedentarietà (bastano 150 minuti alla settimana di attività fisica costante per mantenere attivo l’organismo e bassi i valori pressori)».

Il dottor Denti rende pure attenti sul fatto che ci sono poi sostanze in grado di aumentare la pressione arteriosa, come la liquirizia, gli spray nasali, il cortisone e la pillola anticoncezionale. A ogni modo, il medico saprà considerare anche alcuni sintomi che, quando si manifestano, sono riconducibili a: «Mal di testa frequente, palpitazioni, battito del polso accelerato, aumento del peso corporeo non giustificato ma determinato da un aumento di ritenzione dei liquidi, e ancora: vertigini, sangue dal naso, ronzio nelle orecchie».

I segni di un danno d’organo già avvenuto sono invece così riconoscibili: «Respiro corto, dolore e tensione toracica (ndr: angina pectoris), disturbi visivi o sensoriali, fino a infarto o ictus, come abbiamo già indicato». Prevenire tutto questo si può, a partire dallo stile di vita sano: «Movimento regolare, dieta sana a base di frutta e verdura (ma anche 5 gr al giorno di cioccolato fondente), mantenere un peso corporeo normale, imparare a gestire lo stress e dormire bene con un sonno regolare e sufficiente. E non dimenticare di misurare la pressione almeno una volta ogni 15 giorni se si è in buona salute».

Il nostro interlocutore sottolinea quest’ultimo aspetto: «È importante imparare a misurare la pressione anche a domicilio, secondo le proprie condizioni, da una volta al mese fino a una a settimana, se necessario: se si alza di colpo, e il polso risulta accelerato, significa che c’è un problema che potrò discutere col medico, il quale, con l’aiuto del diario di misurazioni, potrà valutare la situazione. La pressione arteriosa si misura da seduti, meglio con un manicotto al braccio e senza incrociare le gambe e per tre volte di seguito, tenendo il terzo parametro come quello più preciso».

Nel caso di registrazioni fuori norma, occorrerà dunque capire da cosa sia determinata l’ipertensione, per poi procedere al suo trattamento: «Nella valutazione di un paziente con sospetta ipertensione, secondo le linee guida dovrei procedere a effettuare diversi esami, a partire dalla raccolta delle urine delle 24 ore, misurazione pressoria continua sempre per 24 ore, controllo di alcune funzioni interne come quella renale, tiroidea, della glicemia, bilancio ematologico, elettrocardiogramma per valutare i disturbi del ritmo. Vi sono inoltre altri possibili esami ancora più specifici come l’eco-doppler alle arterie renali. Ma un depistaggio completo non è sempre necessario e potrebbe causare un notevole dispiego di energie e relativi costi».

A questo punto, subentra la figura chiave del medico di famiglia: «Egli conosce il suo paziente e avrà un approccio più pragmatico e meno investigativo, a partire dall’anamnesi (ndr: storia clinica del paziente) molto accurata e supportata da un attento esame clinico e dalla sua profonda relazione con il paziente. Allora, il medico di famiglia proporrà, in prima battuta, una terapia farmacologica con farmaci antipertensivi, e se a quel punto non si trovasse una risoluzione, opterebbe per procedere con indagini più specifiche e/o un approfondimento cardiologico».

Denti indica un procedere adatto per quei pazienti «in buone condizioni generali, che presentano solo un’ipertensione primaria e che non hanno una storia di famigliarità. Chi invece ha pregressi in famiglia merita controlli più ravvicinati, sempre concordati con il proprio medico». Il trattamento adeguato e precoce della pressione alta è essenziale per prevenire danni agli organi interni e malattie secondarie come infarti e ictus: «L’obiettivo è quello di ridurre i valori a un livello inferiore a 140 / 90 a riposo. Per questo, di norma i farmaci antipertensivi dovrebbero essere usati solo al di sopra di questa soglia».

Senza dimenticare, giova sempre ribadirlo, le linee guida europee che indicano lo stile di vita sano come la migliore prevenzione per ogni malattia del sistema cardiovascolare.