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Da Paradiso a Parigi per sostenere gli immigrati

Ritratti: ticinese originaria di Sagogn, Ruth Padrun ha lavorato tutta la vita per la valorizzazione e l’integrazione dei bambini e delle donne che arrivano in Europa da Paesi lontani
/ 22/04/2024
Gianluigi Bellei

L’anno scorso è scomparsa a Ivry-sur-Seine, alle porte di Parigi, Ruth Padrun. Era nata a Lugano il 21 settembre 1933 e originaria di Sagogn nel Canton Grigioni, luogo che porterà sempre nel cuore. L’altro posto al quale era legata è Paradiso dove ha abitato nella casa della famiglia Münger, prima con i genitori poi durante i suoi soggiorni estivi, quando invitava i vecchi amici al ristorante della panetteria.

Dopo la licenza ginnasiale, ottenuta nel 1948, e quella commerciale, nel 1951, la giovane Ruth, ancora minorenne, intraprese il viaggio della vita, quello che avrebbe formato il suo pensiero e segnato il suo futuro: un lungo tour di formazione nell’Italia del Sud dell’immediato dopoguerra.

L’estrema povertà, il degrado e le condizioni igieniche insopportabili sono un colpo al cuore: «Gli uomini che dormivano nella stessa stanza con gli animali da lavoro», senza intimità e dignità. Sicuramente anche per questo Padrun rimane affascinata dal pensiero di Danilo Dolci, che in quegli anni, dopo l’esperienza della comunità di Nomadelfia a Fossili, si era trasferito a Trappeto in Sicilia. Siamo nel 1952 e Dolci, che aveva già scritto Voci nella città di Dio, attraverso la sua religiosità laica è diventato una sorta di faro. «Se la pelle non tocca, non sa», scriverà poi lo stesso Dolci in Limone lunare del 1970, e Ruth ha toccato con mano il dolore e la sofferenza degli umili.

Trasferitasi a Ginevra, frequenta l’università all’Ecole d’interprètes e prende il Dîplome de traducteur nel 1962. Nel frattempo, nel 1958, è entrata al Word Council of Churches, il Consiglio ecumenico delle Chiese (WCC), un’organizzazione internazionale non governativa fondata a Ginevra nel 1948 dall’olandese Willem Adolf Visser’t Hooft che ne è stato segretario generale fino al 1966. Nel 1948 le Chiese fondatrici erano 147 e il WCC era nato per riavvicinare e riunirne le varie anime a livello locale e internazionale in una sorta, appunto, di ecumenismo.

Il 29 agosto del 1958 il numero 33 dell’«Ecumenical press service» riporta la notizia di un incidente d’autobus avvenuto a Völkingen qualche giorno prima e in cui sono rimasti feriti venti membri del campo di lavoro ecumenico. Nell’incidente hanno perso la vita quattro persone: due campeggiatori, il figlioletto dell’autista e il cuoco del campo. All’arrivo della notizia, tre membri dello staff del WCC si recano a Völkingen per gestire le notifiche alle famiglie delle vittime, fornire assistenza pastorale ai feriti e per fare tutto il possibile per aiutare: si tratta del Rev. Philip Potter, segretario esecutivo del Dipartimento della Gioventù, del Rev. Ralph Weltge, segretario per i campi di lavoro e, appunto, della signorina Ruth Padrun dell’ufficio del Dipartimento della Gioventù.

Nel 1961 Padrun partecipa a un campo ecumenico di lavoro ad Amsterdam, come testimonia il «Journal du Valais» del 26 agosto. In questa occasione lascia una testimonianza scritta dell’esperienza nel giornale «Vie protestante». Al termine di una cena, il pastore della Woestduinkerk aveva commentato il testo di Luca 8:16-20 dicendo che «Gesù Cristo non può essere monopolio né di sua madre, né dei suoi fratelli, né di una Chiesa in particolare, né di una dottrina specifica. Chiunque ascolta la sua parola e la mette in pratica è suo fratello e sua sorella». «Voilà – terminato così nel suo articolo Ruth – une pensée d’une portée vraiment oecuménique!».

Nel 1963 si trasferisce a Parigi in un mini appartamento del XIII arrondissement. Inizia a lavorare presso l’IRFED (Education et Développement-Institut International de Recherches et de Formation), che era stato fondato nel 1958 dal domenicano Louis Joseph Lebret. «Padre Lebret è passato tra noi – fu il ricordo pronunciato a un anno dalla morte avvenuta nel 1966 dal suo successore, il domenicano Vincent Cosmao – come qualcuno che sapeva, perché Dio si era impadronito di lui, l’aveva segnato nel cuore come qualcuno che non aveva altra ispirazione che perdersi in lui una volta per tutte».

Nel 1971 l’IRFED-Lebret conduce una prima esperienza di educazione interculturale nella scuola primaria Henri Wallon a Fontenay-sous-Bois in un contesto franco-portoghese e nel 1978 riceve l’incarico di elaborare una metodologia di educazione interculturale per i lavoratori immigrati e i loro figli a Saint-Quentin-en-Yvelines, cittadina abitata per il 52% da stranieri: portoghesi, algerini, marocchini, tunisini…

Ruth sarà responsabile della redazione dello studio pubblicato il 10 agosto 1983 nell’Education des enfants migrants realizzato dal Conseil de l’Europe. Nel frattempo, nel 1980, fonda l’IRFED Europe con lo scopo di accompagnare le donne immigrate a creare la propria impresa e inserirsi attivamente nella società. L’associazione organizza corsi di formazione generale o specializzata e numerosi workshop, nonché un programma di monitoraggio e di sostegno individuale durante e dopo la creazione dell’impresa. Ruth dirige una rete di imprenditrici e pubblica la relativa newsletter.

Nel bollettino «Info Créatrices» del 2015 si riporta che in 25 anni più di 7000 donne hanno frequentato l’IRFED Europe per un consiglio, un aiuto o semplicemente un ascolto. Più di 1000 hanno beneficiato dei corsi di formazione. Ragazze come Khady Savane, che ha aperto il negozio Mia Dreams; Sofia Paraiso, che ha creato la sua etichetta di vestiti, Aweny Ayo; Saran Koné con Toukouleurshome o Leticia Fafa con Della Bijoux.

Per Ruth sono anni intensi fra convegni, articoli, libri. Citiamo gli articoli su «effe» del maggio 1979 Donne immigrate nostre sorelle e In memoriam di Albert Meister (1927-1982), teorico dell’autogestione, pubblicato assieme all’economista Jean Masini su «Revue Tiers Monde» del 1981. I volumi Des femmes immigrées parlent del 1978 e Vivre et entreprendre en France del 1990. Tutti lavori corali.

Nonostante i numerosi impegni, gli amici sono sempre ben accolti e accompagnati sulla sua utilitaria in giro per Parigi o invitati a pranzo nei localini di Chinatown. Con lei si poteva scoprire come mangiare i nem, gli involtini asiatici allora sconosciuti in Ticino.

Gli ultimi anni sono stati faticosi ma riusciva sempre, nonostante gli acciacchi, a passare in Ticino a salutare. «Al prossimo anno», diceva. Ora le sue ceneri risposano nel cimitero di Pambio assieme alla mamma Emmi e al babbo Adolf.