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Previsioni catastrofiche

Gli esperti della Banca Mondiale avvertono che la resa del riso, una coltura vitale per l’economia nazionale, diminuirà di circa il 15 per cento entro uno o più decenni a causa della contaminazione per la salinizzazione di falde e terreni agricoli. Inondazioni più frequenti e terreni salinizzati minacciano il 40% dei terreni produttivi del Bangladesh meridionale. Una conseguenza potrebbe essere la migrazione di circa 200mila abitanti verso l’interno o l’estero.

Il livello del mare si sta attualmente innalzando a un tasso medio di 1,7-3,0 millimetri all’anno e sta lentamente inondando le pianure fluviali. Tuttavia, la realtà è più drastica di quanto suggeriscano queste cifre. Perché anche la terra sta sprofondando. Per questo motivo in Bangladesh il livello del mare si sta innalzando di 4-20 millimetri all’anno. Il 10% del territorio del Bangladesh si trova almeno un metro sotto il livello del mare e un terzo del suo territorio è influenzato dalle maree. In combinazione con la potenza dei cicloni, ciò può provocare grandi ondate di marea. È questo che rende il Paese particolarmente vulnerabile alla crisi climatica.


Una vita sulle zattere di giacinti circondate da orti e giardini

Clima - Tra agricoltura idroponica e gambericoltura, gli agricoltori del Bangladesh stanno cercando di adattarsi ai cambiamenti ambientali già a partire dallo storico ciclone tropicale del 1988
/ 15/04/2024
Jacopo Pasotti, testo e foto

Le famiglie di agricoltori del Bangladesh erano abituate ai capricci dell’immenso delta del Gange Brahmaputra. Ma quell’anno, era il 1988, mentre l’acqua saliva, Hari Podo dovette affrettarsi per salvare la sua famiglia e le sue cose. Quando fu avvertito della imminente inondazione, raccolse i giacinti d’acqua che galleggiavano ovunque nei canali intorno a casa sua. Con le piante acquatiche e il bambù costruì una zattera larga pochi metri e lunga una decina. Mentre la casa affondava nell’acqua che saliva, lui e la sua famiglia montarono sulla zattera, portando con loro le due mucche e le capre. E aspettarono che l’acqua calasse nuovamente.

Dal 1988 a oggi

L’alluvione del 1988 in Bangladesh è considerata la peggiore di tutti i tempi. Il livello dell’acqua in migliaia di fiumi, canali e torrenti salì ed esondò invadendo l’intera regione in poche ore. L’acqua crebbe per giorni, inondando il Paese e isolando i villaggi dal mondo esterno. Non c’era cibo né acqua potabile. Tre milioni di persone nelle pianure dello Stato dell’Asia meridionale rimasero senza casa.

Ho incontrato Podo nel suo villaggio del distretto di Gopalganj. «Abbiamo vissuto sulla zattera. Le persone da un lato, gli animali domestici dall’altro», dice Hari Podo, lo sguardo serio. «Abbiamo costruito un forno di fango per cuocere il cibo sull’acqua. Ogni volta che la zattera cominciava a cadere a pezzi, raccoglievamo nuovi giacinti e la ricostruivamo. Abbiamo galleggiato sull’acqua in questo modo per circa due mesi».

Anche in Bangladesh, con le sue vaste paludi e foreste di mangrovie, il cambiamento climatico non è più solo una teoria, ma sta accadendo ora. La popolazione si sente intrappolata dallo scioglimento delle acque dell’Himalaya, tra le piogge monsoniche sempre più intense nel nord e il Golfo del Bengala a sud, da dove l’acqua salata si sta lentamente infiltrando nel Paese.

Qui gli abitanti sono abituati a condividere lo spazio vitale con l’acqua. Tuttavia, la loro vita diventa insopportabile quando il tempo va in tilt. Il ciclone tropicale del 1988 distrusse il 45 per cento della produzione agricola annuale. Molte famiglie si trasferirono dalle campagne alle città, o divennero immigrati climatici, costretti a emigrare all’estero.

Da infestante a salvatore

Oggi la zattera galleggiante di Podo si sta trasformando da una soluzione di emergenza a una soluzione permanente. Il livello del mare si sta innalzando, la fertilità del suolo si sta riducendo e le inondazioni stanno diventando sempre più gravi. Alcuni agricoltori stanno però cercando soluzioni a questi cambiamenti ambientali. E così la zattera galleggiante che ha salvato la famiglia di Hari Podo dall’alluvione è diventata un’opportunità.

Gli orti galleggianti – zattere su cui i contadini possono coltivare ortaggi anche quando l’acqua sale – sono un modo per garantire l’approvvigionamento alimentare in diverse regioni del Bangladesh nonostante i le bizze climatiche. «Le stagioni sono cambiate. Oggi le piogge sono più abbondanti», conferma Podo osservando con attenzione le lunghe zattere di giacinto nelle acque calme della sua fattoria, immersa nel verde della foresta tropicale.

Quella che ha riscoperto Podo è una conoscenza antica e unica degli agricoltori del Bangladesh, che fa parte della cosiddetta agricoltura «idroponica». Una tecnica che dopo essere stata a lungo dimenticata, è ora tornata in auge, correndo in aiuto a molti agricoltori che vedono in essa il potenziale per far fronte all’instabilità climatica e alle inondazioni sempre più gravi.

«Ci siamo resi conto che i nostri anziani stavano facendo bene con l’agricoltura galleggiante. Quindi abbiamo pensato di provare a farlo su larga scala. Coltiviamo cetrioli, melanzane, e molti altri ortaggi», dice Hari Podo. Il contadino ritiene che questo sistema di coltivazione possa essere esportato in molte altre aree del Bangladesh. «Anche quando un forte ciclone ci colpisce e piove molto intensamente, la nostra agricoltura galleggiante sopravvive», dice. «Costruiamo le zattere galleggianti con bambù e giacinti, mentre le donne fanno delle palline con giacinti e altre erbe infilandoci dei semi. Poi queste palline le piantiamo nelle zattere», spiega Hari Podo.

Una piattaforma galleggiante dura tre mesi prima che inizi a decadere. Quando comincia a decomporsi può essere utilizzata su strisce di terreno come fertilizzante per altre colture. «Non usiamo fitofarmaci chimici. Il letto galleggiante stesso è un ottimo fertilizzante», dice Podo. È così che il giacinto d’acqua, considerato per generazioni una infestante, oggi è una alleata delle comunità del posto.

La forza dei cicloni

I terreni del grande delta asiatico si stanno deteriorando e ciò che agricoltori e pescatori osservano in natura è confermato dagli scienziati con i dati. «La portata degli eventi meteorologici sta aumentando, la forza dei cicloni sta aumentando», spiega Mohamed Shamsuddoha, direttore generale di un centro di ricerca di Dacca. «Poiché il livello del mare si sta innalzando, l’acqua salata dalle aree costiere sta penetrando nell’entroterra danneggiando l’economia agricola. Più si va a sud, più ci si rende conto che l’agricoltura non è più redditizia. L’allevamento di gamberi sembra l’unica soluzione, e si sostituisce all’gricoltura», spiega.

L’acqua salata si insinua nell’entroterra come una malattia in un processo noto come «salinizzazione del terreno». Il Bangladesh si trova nel delta dei fiumi Brahmaputra, Gange e Meghna e il 90 per cento è costituito da pianure che si trovano proprio al livello del mare. La causa della salinizzazione è di tre fattori: la terra sta sprofondando, il livello dell’acqua si sta alzando, e si registra un minore deflusso di acqua dolce da fiumi e canali.

Dove convergono i fiumi Gange e Brahmaputra, la quantità di precipitazioni sta diminuendo, ma la loro intensità sta aumentando. Di conseguenza, le inondazioni si verificano più frequentemente durante la stagione delle piogge.

Clima e geopolitica

Anche l’India è parte del problema. Zahid Shashoto, scienziato ambientale dell’ONG Uttaran, sottolinea che non esiste una linea di demarcazione netta tra cambiamento climatico e geopolitica. Il cambiamento climatico da solo non racconta tutta la storia. Dighe come l’enorme sbarramento di Farakka Dam in India, costruito nel 1975, influenzano il flusso di acqua dolce del Gange. «L’India apre le dighe durante il monsone, quando c’è un eccesso d’acqua, e la nostra terra viene inondata», dice Shashoto. «Nella stagione secca, invece, non riceviamo acqua perché chiudono lo sbarramento. Manca l’acqua per l’agricoltura, c’è siccità e l’acqua salata può penetrare in profondità nella terra». La maggior parte dei piccoli fiumi della regione, infatti, si prosciuga nella stagione secca.

Più ascolto queste spiegazioni, più mi rendo conto di quanto sia complesso il quadro. Se non c’è acqua dolce, manca anche il cibo. «Un tempo il Bangladesh era autosufficiente nella produzione di cibo, ma ora è necessario procurarselo attraverso le importazioni», dice Shamsuddoha.

Emigranti del clima

Più a sud, la coltivazione lascia spazio alla gambericoltura. È una introduzione recente, degli ultimi decenni, i cui frutti sono spesso sulle nostre tavole. Non è però una soluzione sostenibile e non finisce sui piatti delle popolazioni locali. Dove i gamberi prosperano, gli alberi muoiono: «Questi villaggi e queste persone non ci saranno più in futuro», dice guardandosi attorno Joggadish Mallick, che vive nel piccolo villaggio di Parmagur Khali, nel distretto di Satkhira. È un agricoltore, ma da diversi anni fa anche il pescatore.

A piedi nudi e con cautela, calpesta la sottile e scivolosa diga di fango che circonda il suo stagno di gamberetti. Ha 59 anni e sta assistendo al cambiamento del luogo in cui ha trascorso tutta la sua vita. «Molti agricoltori qui si trovano in una fase difficile della loro esistenza; la maggior parte lascia il villaggio e migra in città. Alcuni lavorano nell’industria dell’abbigliamento a Dhaka, altri trainano carrelli per le consegne a Khulna», dice Mallick. Questo lui proprio non lo vuole fare.

Poi, con un tono dispiaciuto aggiunge: «Qui si coltivava il riso e si tenevano le mucche per il latte. C’erano bufali per l’allevamento e stagni d’acqua dolce pieni di pesci diversi, come il pesce Rohu e la carpa». Per coloro che sono rimasti, l’allevamento di gamberi è una fonte di reddito migliore rispetto all’agricoltura ad alta intensità di lavoro e meno produttiva. «Al momento, la povertà qui non è grave. Non è un brutto posto per l’allevamento di gamberi», spiega Mallick. Poiché l’acqua salata inonda le arterie d’acqua dolce del Bangladesh, il passaggio dal riso ai gamberi è visto come una forma di adattamento. Oggi il 95 per cento dei gamberi viene prodotto in ex campi di riso.

Gamberi al posto del riso

I gamberi sono la seconda esportazione (dopo l’abbigliamento fast-fashion), con oltre l’80 per cento della stessa destinato all’Ue. Tuttavia, questa strategia ha conseguenze sociali ed ecologiche. Dall’introduzione dell’allevamento di gamberi, il paesaggio è cambiato. Campi verdi, alberi, frutteti e allevamenti sono scomparsi e sono stati sostituiti da aree prive di alberi con stagni d’acqua. «La bellezza della nostra zona è scomparsa da tempo, non ci sono quasi più alberi», dice Mallick. «Un tempo qui c’erano molte persone e la nostra vita era piacevole. Dopo il raccolto del riso, avevamo campi enormi e infiniti in cui giocare. L’acqua salata e queste piccole chiazze di gamberetti stanno portando via un ambiente molto bello».

«A lungo termine, questo produrrà spostamenti e migrazioni», spiega nel suo piccolo ufficio di Dacca Shamsuddoha. Si verificano già conflitti quando i proprietari terrieri scaricano deliberatamente l’acqua salata nelle risaie degli ultimi agricoltori per convincerli a vendere la terra per convertirla all’acquacoltura.

Ma anche l’acquacoltura è probabilmente solo una soluzione temporanea. Con il continuo innalzamento del livello del mare, l’acqua potrebbe diventare troppo salata anche per i gamberi. Inoltre, uragani più forti e frequenti stanno danneggiando una parte considerevole della costa.

L’agricoltura, l’acquacoltura e il clima non possono ancora essere disaccoppiati l’uno dall’altro, questo va oltre il potere dell’uomo. Solo il tempo ci dirà quanto sia resistente la tecnologia riscoperta da Podo e quanto successo avranno gli sforzi degli agricoltori per adattarsi all’ambiente che cambia.