azione.ch
 



Una lettera all’Europa dall’industria delle auto

Motori ◆ Luca de Meo, CEO di Renault Group, lancia un appello alla politica perché favorisca una forte strategia industriale
/ 01/04/2024
Mario Alberto Cucchi

«Dal 6 al 9 giugno, i cittadini dell’Unione Europea eleggeranno il loro Parlamento per i prossimi cinque anni e a Bruxelles si insedierà una nuova Commissione». Così inizia una «Lettera all’Europa» tradotta in una dozzina di lingue che Luca de Meo, CEO di Renault Group, ha inviato il 19 marzo ai principali protagonisti della politica europea mentre la condivideva con tutti gli organi di stampa mondiali. Anche se de Meo l’ha chiamata «lettera» in realtà si tratta di un dossier di venti pagine articolato su più punti in cui elenca alcune raccomandazioni all’Europa per ciò che concerne la mobilità a 360°.

Ma chi è Luca de Meo? Manager a cui sono riconosciute indubbie capacità, è passato per la prima volta agli onori della cronaca per essere stato uno dei «Marchionne Boys». Un ristretto gruppo di quarantenni rampanti di cui si era circondato l’italo-canadese Sergio Marchionne quando era Amministratore Delegato di Fiat Chrysler Automobile. Luca de Meo, milanese con genitori pugliesi è nato nel ’67 si è formato all’università Bocconi e ha lavorato in diversi Gruppi Automobilistici. Da Fiat a Volkswagen passando per Toyota. Dal 1° luglio 2020 è il numero uno mondiale del Gruppo francese Renault. Dal 2023 è presidente di ACEA, l’Associazione dei Costruttori Europei di Automobili. Ma torniamo alla «Lettera all’Europa» in cui il CEO di Renault spiega come «realizzare con successo e in modo sinergico la transizione energetica dell’industria automobilistica». «Attraverso le sue decisioni e i suoi regolamenti, l’Europa influenza l’economia, ed anche la nostra vita quotidiana – afferma de Meo –. Le sue scelte hanno un grande impatto su molti settori di attività, tra cui l’industria automobilistica». Il manager, che si definisce europeista convinto, ricorda che si sta parlando di investimenti dedicati alla transizione che richiedono la creazione di un quadro normativo di riferimento chiaro e stabile. «L’industria automobilistica – continua de Meo – occupa 13 milioni di persone in Europa. Queste cifre sono proporzionali al peso economico del settore, che rappresenta l’8% del PIL europeo. È un’industria che esporta più di quanto importa, generando un saldo commerciale positivo tra l’Europa e il resto del mondo di 102 miliardi di euro».

Ma che cosa preoccupa il manager? «Stiamo assistendo a crescenti segnali di indebolimento che, non intervenendo, potrebbero essere motivo di reale preoccupazione». Spiega de Meo. «In primo luogo, il baricentro del mercato automobilistico mondiale si è spostato in Asia: il 51,6% delle automobili nuove viene venduto in questa parte del mondo. I modelli elettrificati (veicoli elettrici e ibridi plug-in) stanno aprendo la strada, e rappresentano il 14% delle vendite globali. La Cina è in rapida ascesa nel segmento dei veicoli 100% elettrici. Sostenuta dall’enorme mercato interno pari a 8,5 milioni di veicoli elettrici venduti nel solo 2023». Nella sua «Lettera» parla di sfide da affrontare simultaneamente. Inizia con la «decarbonizzazione» che prevede di azzerare le emissioni dei veicoli in Europa entro il 2035 con 252 miliardi di euro stanziati tra il 2022 e il 2024 dai costruttori automobilistici europei. Poi c’è la «rivoluzione digitale» che prevede che il software raddoppierà il suo valore all’interno delle auto entro il 2030 sino a raggiungere il 40%. E poi i «regolamenti» in continua evoluzione, «ne vengono introdotti da 8 a 10 nuovi ogni anno» e chiedono alle quattroruote di essere sempre più sofisticate ed efficienti in termini di consumi. Requisiti ambientali e sociali che comportano test e controlli da superare. Questo ha influito sul peso (+60% in vent’anni) e sul costo delle automobili (+50% in vent’anni) che è aumentato provocando come conseguenza l’invecchiamento del parco circolante. Ecco allora che l’età media è passata da 7 a 12 anni.

Altra spina nel fianco è secondo de Meo la volatilità tecnologica. «La creazione di una “gigafactory” costa da 1 a 3 miliardi di euro, ma può risultare obsoleta pochi anni dopo, se non prima ancora di essere inaugurata. La tecnologia delle batterie, infatti, è tutt’altro che stabile: le innovazioni si susseguono a ritmo serrato». A non far dormire sonni tranquilli ai costruttori ci si mette anche la volatilità dei prezzi. «Il prezzo delle materie prime critiche (CRM) è soggetto a forti oscillazioni. Ad esempio, in due anni il prezzo del litio è aumentato dodici volte e poi si è dimezzato!».

A de Meo è chiaro che oggi «produrre auto in Europa è più costoso. Un’auto del segmento C “made in China” ha un costo di produzione inferiore di 6000-7000 euro (circa il 25% del prezzo totale) rispetto a un modello europeo equivalente». De Meo lamenta una concorrenza sbilanciata: «la Cina supporta l’industria automobilistica, gli USA incentivano gli investimenti e intanto l’Europa pensa solo a regolamentare». Il risultato? Nel 2023 il 35% dei veicoli elettrici esportati in tutto il mondo era di provenienza cinese. Ed entro il 2030 il 55% delle vendite sarà rappresentato da veicoli elettrici contro l’8% odierno.

Va dato merito a de Meo di aver proposto nella «Lettera» che lui stesso definisce «appello» una serie di dettagliate soluzioni che sommariamente si basano sulla cooperazione tra concorrenti e tra settori industriali e anche un po’ di protezionismo continentale. Conclude dicendo: «È in gioco la prosperità dell’Europa». C’è da credergli? Per quanto riguarda il settore automotive europeo e le circa 13 milioni di persone impiegate, probabilmente sì.