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Coniglio… e non di cioccolato

Mondoanimale - È abbastanza mirata la scelta di adottare un coniglio per la pet therapy
/ 18/03/2024
Maria Grazia Buletti

«Il coniglio è un animale che abbisogna di attenzione e delicatezza, e questa sua fragilità risulta preziosa negli interventi di pet therapy perché crea un punto di incontro con persone “fragili”, timidi o introversi». È quanto afferma la psicologa e psicoterapeuta per adulti e adolescenti Elena Ghelfi, a proposito della pet therapy declinata con questo dolce animaletto proverbialmente discreto, sensibile e schivo.

La terapia assistita con animali si fregia di un primo caso documentato che risale al 1792 quando venne proposta in Inghilterra, presso lo York Retreat, centro che accoglie persone con problemi di salute mentale. Da allora, è accertato che gli animali da fattoria, compreso il coniglio, contribuiscono pure a migliorare l’umore degli ospiti delle strutture riservate all’accoglienza di persone anziane.

Nello specifico di questo animale da compagnia, la storia insegna che fin dal Medioevo esisteva l’usanza di donare un coniglietto ai bambini terrorizzati dal buio o profondamente provati dalle violenze della guerra e della peste. Persino la guerriera Giovanna D’Arco, pur adulta, pare non si staccasse mai dal suo coniglio ricevuto all’età di quattordici anni. A tal proposito, Ghelfi rende attenti sul fatto che «il coniglio da compagnia può instaurare una tenera, allegra ed empatica relazione non solo con i proprietari, ma anche con utenti in altri progetti o attività di pet therapy assistite da operatori qualificati». A condizione, sottolinea, che esso sia ben socializzato, abituato all’uomo e alle manipolazioni come carezze, pulizia del pelo, prendere cibo dalle mani e via dicendo.

Ed è quanto racconta anche Michele Gobetti che, a Morcote, alleva conigli di razza Alaska (una delle 45 riconosciute in Svizzera), fra i quali c’è Sumo, una docilissima femmina piuttosto grossa («per questo si chiama così») impiegata una volta a settimana nella pet therapy con gli anziani della Casa per anziani di Morcote. «Abbiamo circa quindici conigli di questa razza che mia moglie e io alleviamo, curiamo e addomestichiamo fin dai primi mesi di vita, accarezzandoli, spazzolandoli e facendoli uscire dalla loro casetta quotidianamente».

Oltre alle esposizioni a cui partecipano regolarmente («Quest’anno con il fratello di Sumo, Poseidone, abbiamo raggiunto il premio di Campione di razza»), i due coniugi accolgono bambini che imparano a curare i coniglietti e i loro cuccioli, aiutando pure nei lavori di pulizia delle lettiere: «È molto importante responsabilizzare i bambini che desiderano adottarne uno, perché non si tratta di pupazzetti di cui stancarsi dopo qualche giorno, ma meritano un’accoglienza in famiglia e un trattamento consono alla loro natura sì docile, ma che va rispettata».

Per quanto attiene a Sumo (nella foto con Michele Gobetti) e alla pet therapy con gli anziani, invece, «si tratta di una femmina che già da piccola era diventata un po’ più grande degli altri (oggi pesa tre chili e duecentocinquanta), non teme di essere presa in braccio dagli ospiti anziani, è più docile del nostro gatto, si fa coccolare, e dopo circa un’oretta, quando è stanca, si sdraia sul tavolo: è il segnale che la terapia per quel giorno deve terminare e Sumo se ne torna nel suo trasportino per rientrare a casa dove riceve un bel finocchio di cui va ghiotta».

È d’altronde noto come, sfruttando la fragilità fisica del coniglio e la sua docilità caratteriale sia possibile arrivare a bambini e anziani ancora meglio che con l’aiuto di un cane, creando un interessante punto d’incontro, almeno secondo quanto osserva il nostro interlocutore per la sua esperienza con Sumo: «Alcuni anziani avevano un po’ paura del cane, mentre il coniglio ricorda la loro vita di un tempo, quando tutti avevano conigli nel cortile, e questo crea paradossalmente più interesse, risvegliando i ricordi che gli ospiti poi condividono, raccontando come vivevano i loro conigli, a che razza appartenevano e via dicendo».

Michele racconta come la sua coniglietta «si ammorbidisce» ancora di più quando passa di mano in mano e viene carezzata comodamente accoccolata in braccio a qualche anziano: «I gruppi sono al massimo di dieci persone, proprio per rispettare la natura del coniglio e per far sì che non si senta stressato». E non solo coccole, per Sumo: «Durante l’ora di pet therapy, facciamo una vera e propria lezione durante la quale spiego le caratteristiche, lo standard di questa razza, l’accoppiamento e via dicendo, mentre lei se ne sta comodamente seduta sul tavolo al centro, munito di un tappetino anti scivolo. Gli anziani sono molto attenti, imparano tanto e fanno parecchie domande in un’interazione molto attiva non solo con Sumo, ma anche fra di loro e con noi».

Secondo gli esperti, è noto che le dimensioni ridotte di questo animale da compagnia, il suo carattere prevalentemente docile e timoroso, fanno in modo che gli anziani si avvicinino con cautela, modulando il tono di voce e quello muscolare, impiegando un’insolita delicatezza e precisione per non fargli male. E, di fatto, Sumo pare proprio apprezzare questo suo impegno settimanale: «Quando è il momento, Sumo esce dalla sua casetta e si lascia mettere nel trasportino per recarci dagli ospiti della casa per anziani. Questo succede da un anno e oramai lei lo sa, così come noi sappiamo cosa significa quando da seduta si butta “a pancia all’aria”: è stanca, è passata circa un’ora e merita di terminare la sua missione. Allora la riportiamo a casa».

Nel progetto di pet therapy i risvolti benefici sono evidenti: «In presenza del coniglio notiamo che si instaura un clima di calma e serenità, si attenuano le tensioni e si favorisce lo scambio fra le persone». In pet therapy non esiste un animale migliore di un altro o adatto a ogni situazione, ma il coniglio si rivela essere un ottimo compagno di viaggio, e Michele, grazie alla sua Sumo, lo dimostra ampiamente ogni settimana.