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Gli apprendisti salgono sul palco

Formazione ◆ Per la prima volta un piccolo guppo di allievi del CPT di Locarno ha presentato il Lavoro di Approfondimento di fine tirocinio di Cultura generale in forma di pièce teatrale recitandola durante l’esame
/ 26/02/2024
Guido Grilli

La scena è questa, e dovreste immaginarvela: una classe formata da quattro apprendisti frigoristi sul palcoscenico, chiamata a una duplice prova: intanto recitare una pièce teatrale scritta da loro in classe – con tutto quello che comporta in termini di espressione verbale e corporea, preparazione e di parti imparate a memoria – e poi convincere non già un pubblico, bensì un docente ed esaminatore della bontà dell’esibizione. Sì, perché quell’esperienza unica è valsa loro l’agognato voto d’esame orale di Cultura generale.

Lo avrete capito, l’arte di Shakespeare ha valicato mondi, approdando di diritto nel campo della formazione. Così il Lavoro di Approfondimento (LA), la «tesi» di fine tirocinio che le persone in formazione delle Scuole professionali all’ultimo anno sono chiamate a elaborare, ha conosciuto per la prima volta la forma teatrale, ammessa ufficialmente quale valida modalità d’esame dalla Divisione della formazione professionale. Promotore del progetto pilota – un unicum in Ticino – è Roberto Zerbola, docente di lungo corso di Cultura generale, 25 anni d’insegnamento nelle diverse SPAI del Cantone, al Centro professionale tecnico di Locarno (dove la creazione scenica ha avuto luogo), di Biasca e attivo nel sostegno scolastico individuale, nonché un’innata passione per il teatro.

Roberto Zerbola, come è nata l’iniziativa?
Sono le stesse direttive cantonali a prevedere che il Lavoro di Approfondimento richiesto alle persone in formazione possa essere presentato in forme diverse, vie che a ogni modo, per quanto io ne sappia, nessuno ha mai utilizzato. In passato veniva chiamato LIA, ossia Lavoro Individuale di Approfondimento. La differenza è che il suo svolgimento può avvenire in gruppo o in coppia. E questo è un aspetto che ha reso possibile la realizzazione di questo progetto, nato dal mio interesse per il teatro, la mimica, che ho respirato sin da bambino dal momento che mia zia era regista di una compagnia amatoriale, alla quale si era associata anche mia madre, e io suonavo in una piccola orchestrina nelle pause degli spettacoli. Ho poi svolto corsi di teatro e mimo, una passione che desideravo esprimere anche in questi miei anni di lavoro.

Detto, fatto?
Sì, mi sono chiesto «ma perché non proporre ai ragazzi di creare una piccola pièce teatrale che comprendesse dunque una parte scritta – un copione – in sostituzione del LA e una parte orale che non fosse più la classica presentazione power point, bensì una rappresentazione scenica vera e propria?». Ho sottoposto l’idea, chiedendo che potesse diventare un progetto pilota, dunque con uno sgravio di qualche ora dal mio tempo pieno di lavoro e il Cantone l’ha approvata con mia grande soddisfazione e gratitudine. Questo grazie anche al favore dell’ex direttore della CPT di Locarno, Claudio Zaninetti, che recitava in una compagnia e all’entusiasmo del vice-direttore Michel Candolfi, nonché dell’ex esperta di Cultura generale, Regula Gnosca e dell’attuale, Rosa Butti.

Quali sono state le tappe del percorso?
Il progetto è iniziato nell’anno scolastico 2020/21 e si è concluso lo scorso maggio. Il primo anno, dal momento che eravamo in piena restrizione per la pandemia, abbiamo semplicemente letto delle pièce teatrali, studiandone la struttura, le caratteristiche principali del testo, visionato e analizzato su Youtube alcune rappresentazioni, cosicché gli allievi potessero familiarizzarsi con queste forme espressive. Il secondo anno, con il Covid alle spalle, abbiamo finalmente potuto passare a parti più pratiche in palestra: attività sulla consapevolezza del proprio corpo, mimica, attività espressive, improvvisazioni.

Gli «apprendisti-attori» hanno immediatamente aderito al progetto?
Ho avuto intanto la fortuna – per nulla evidente – di ottenere la stessa classe per tre anni consecutivi. Si è trattato di una classe quadriennale (li ho presi in seconda) formata da quattro frigoristi (installatori di sistemi di refrigerazione). Mi sono trovato con quattro «ghiaccioli» (sorride, ndr.) per cui non è stato semplice. Ma tant’è, alla fine la sfida è stata superata bene. Chiaramente questa attività teatrale ha potuto sostituire una sola parte dell’intero programma di Cultura generale, ossia unicamente quella detta di Lingua e Comunicazione; mentre l’altra metà chiamata Società ha seguito l’iter normale e l’esame si è svolto nella forma canonica.

E come è avvenuto il passaggio dal testo al palcoscenico?
Forse la sorpresa più negativa per me, vorrei evidenziare, è stato riscontrare l’assenza di fantasia di questi ragazzi, l’incapacità di staccarsi dal quotidiano, dalla realtà concreta che vivono, di liberarsi dai cliché proposti dalla società di oggi. Mi immaginavo che concedendo loro la libertà quasi totale di esprimersi potessero lasciarsi andare e approfittare maggiormente di questa opportunità. Infatti il tema che hanno scelto è confinato nella loro professione: in estrema sintesi è la storia di un frigorista che, demotivato sul lavoro, ritrova la passione grazie agli stimoli e agli influssi della chitarra che riscopre attraverso un incontro fortuito dopo averla abbandonata alle scuole medie. Hanno faticato – d’altra parte il teatro è un lavoro duro, perché ti obbliga a metterti in gioco, a lavorare su te stesso, a scoprire emozioni nuove, tratti del tuo carattere che non avevi mai considerato – ma alla fine sono riusciti a scrivere il copione e si sono anche divertiti. L’aspetto più valorizzante e arricchente è stato il percorso che hanno compiuto, la conoscenza di sé e del gruppo, il coordinamento del lavoro.

Quanto è durata la pièce?
Ventidue minuti. La rappresentazione teatrale all’esame si è svolta sul palcoscenico dell’aula magna del Liceo di Locarno, abbiamo avuto anche un tecnico delle luci e una scenografia minima. Al termine ogni allievo ha dovuto inoltre sostenere la parte rimanente dell’esame orale in forma individuale, consistita in un quarto d’ora di domande a ognuno sul ruolo del personaggio ricoperto nella storia, sulla scelta della trama, eccetera.

Tutti promossi?
Sì. C’è stato inoltre un grande entusiasmo da parte di tutti. Alla rappresentazione hanno assistito anche l’esperta di materia, Rosa Butti e diversi docenti. È stata un’ottima esperienza, che vorrei ripetere, magari nella sede di Biasca. Intanto, fino al prossimo 6 marzo sono impegnato con un Corso di aggiornamento dedicato proprio al «Lavoro d’approfondimento in forma teatrale» alla Scuola universitaria federale per la formazione professionale, tenuto con alcuni attori che in questi anni hanno seguito il mio progetto fornendomi preziosi suggerimenti: Antonello Cecchinato, Prisca Mornaghini dei Giullari di Gulliver ed Enrico Ferretti della Compagnia Teatrodanza. Sono undici i docenti iscritti e da parte mia mi sono messo a disposizione come coach per chi vorrà realizzare l’esperienza. Intanto, durante quest’anno, il vicedirettore della Cpt di Locarno Michel Candolfi sta ripetendo con una classe il progetto con la mia assistenza. E per me è davvero incoraggiante… Se ho voluto avventurarmi in questo progetto non è stato solo per la mia passione per il teatro (che è seconda a quella per la musica), ma anche perché ero stufo di dover sempre leggere anno dopo anno lavori scritti con la tecnica del «copia – incolla – modifica», spessissimo riformulazioni di testi wikipediani… e, più recentemente, per evitare di vedermi consegnare prodotti creati con ChatGPT. Quello che ho così ottenuto è un vero e proprio lavoro originale e personale, come richiesto dalle direttive cantonali.