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Riserve idriche

Ma perché i ghiacciai sono così importanti? Oltre ad essere un valore aggiunto per il paesaggio, l’ambiente e la natura, con conseguente ricadute positive su molti altri settori, i ghiacciai svolgono un importante ruolo di riserva idrica, essendo un serbatoio che conserva le precipitazioni per poi ripartirle sul periodo estivo e autunnale. Riserve d’acqua che coprono parte dei nostri consumi e bisogni, sia nelle economie domestiche o nell’agricoltura, ma anche in particolare delle centrali idroelettriche.

Questi e altri aspetti sui ghiacciai ticinesi si potranno anche scoprire visitando l’esposizione La memoria dei ghiacciai che, a cura del DT, sarà di nuovo allestita dalla prossima primavera. La mostra, che nel 2022 e 2023 ha fatto tappa in diverse località della Svizzera italiana, propone un viaggio nell’evoluzione dei ghiacciai ticinesi, con fotografie, documenti e un filmato che raccontano anche il prezioso lavoro di misurazione.


Quando finirà l’agonia dei ghiacciai ticinesi?

Crisi climatica - L’inarrestabile fusione ha ridotto ormai agli sgoccioli Basodino, Valleggia, Bresciana e Corno, nonostante un’annata meno traumatica della precedente
/ 19/02/2024
Elia Stampanoni

Negli anni Ottanta-Novanta, quando s’iniziava a discuterne in modo un po’ più audace, si parlava di fine secolo (questo secolo) oppure, i meno prudenti, del 2050. Sembrava una scadenza lontana, ma ora, complici il trascorrere del tempo e l’accelerazione dei cambiamenti climatici, la data dello scioglimento definitivo dell’ultimo dei ghiacciai sulle montagne ticinesi pare avvicinarsi inesorabilmente.

Secondo i recenti studi, potrebbe già avverarsi nel 2030 (confermando quanto ipotizzava, vent’anni or sono, il noto meteorologo Giovanni Kappenberger, in un articolo uscito ne «Il Giornale»: «Se dovessero continuare a presentarsi calde estati, come quest’ultima – ndr. era il 2003 – e miti inverni con poca neve, nel giro di vent’anni i ghiacciai ticinesi non esisteranno più»), mettendo così la parola fine a un arretramento iniziato attorno a metà Ottocento. Realistico fu anche chi nel 2011 diede alle stampe la guida Sentiero glaciologico del Basodino, per conto del Dipartimento del territorio (DT ). In merito al ghiacciaio più esteso tra quelli ticinesi con i suoi 1,6 km2 (misurazione del 2020) – e il primo su cui sono state registrate le misurazioni (dal 1892) – veniva accennato il 2030 come probabile termine in cui «potrebbero restare solo pochi residui di ghiaccio a ridosso delle creste più alte».

Come indicato nei dati pubblicati dal DT sul suo portale informativo, il Basodino s’è accorciato di 796 metri in circa 120 anni, ossia nel periodo compreso tra il 1899 e il 2022. Inizialmente le diminuzioni erano ancora limitate a pochi metri all’anno: nel 2001 si registrò per esempio un arretramento di «soli» tre metri per il Basodino o il Valleggia, di 14 metri per il Bresciana e addirittura una situazione ancora «stazionaria» per i più piccoli Val Torta (Cristallina) e Croslina (Campo Tencia), sempre secondo la Relazione annuale 2001 della Sezione forestale del DT. Oggi, invece, si osservano diminuzioni annue vicine ai trenta metri, come emerso dagli ultimi rilievi.

Fusione inferiore ma rilevante

Le ultime misurazioni annuali dei ghiacciai ticinesi effettuate dall’Ufficio dei pericoli naturali, degli incendi e dei progetti (Upip) sono state presentate dal DT a fine 2023 e hanno evidenziato e confermato le previsioni e le sensazioni emerse nel corso dell’estate: «Almeno inizialmente, la fusione dei ghiacciai ticinesi sarebbe stata più contenuta rispetto a quella subita l’anno precedente». Complice di questo cauto ottimismo sono stati soprattutto gli accumuli di neve della tarda primavera nonché alcune settimane con temperature più fresche nel corso dell’estate. Condizioni che hanno permesso di contenere il ritiro dei ghiacciai ticinesi, almeno fino alla metà di agosto, nonostante un inverno, quello 2022-2023, caratterizzato da scarse precipitazioni nevose.

Tuttavia, il periodo canicolare della seconda metà di agosto e le temperature elevate di settembre e ottobre (largamente al di sopra dei valori medi del periodo di riferimento 1991-2020), hanno riportato a un aumento della fusione. Le misurazioni, svolte nel corso del mese di settembre 2023 sui quattro maggiori ghiacciai ticinesi hanno così evidenziato l’ennesimo anno deficitario: il Basodino ha subito un arretramento di quasi 15 metri (contro i 29,3 metri del 2022), il Valleggia pressappoco 29 metri (quasi come nel 2022), il Bresciana poco più di 23 metri (18,5 m nel 2022) e il Corno 7,4 metri (15,8 m nel 2022). In sostanza quindi un altro importante arretramento che, seppure meno marcato, s’è rilevato significativo. Tra le cause che spiegano queste diversità tra le quattro posizioni, subentrano un minore innevamento a est del Ticino rispetto all’ovest, nonché differenze nella morfologia dei ghiacciai. Per le misure dello spessore, rilevate in due soli siti, si sono invece registrati valori mediamente raddoppiati rispetto alle medie pluriennali degli scorsi anni: per il Valleggia è stata stimata una perdita media di spessore di circa cinque metri tra il 2021-2022 e il 2022-2023, per il ghiacciaio del Corno di sette metri.

Nella sua valutazione, il DT stima che, in base ai dati rilevati, «qualora si dovessero prefigurare nuovamente degli anni particolarmente sfavorevoli come il 2022 e il 2023, durante i quali il 10% del volume dei ghiacciai svizzeri è stato perso (6% nel 2022 e un ulteriore 4% nel 2023), inevitabilmente, nei prossimi 5-10 anni i ghiacciai ticinesi scompariranno in buona parte e rimarranno solo alcune placche di ghiaccio isolate». Un triste scenario, da anni annunciato, ma che già si palesa sulle nostre montagne. Infatti, sempre nell’esempio del Basodino, due placche di ghiaccio separate sono visibili in prossimità dell’estremità nord-occidentale del ghiacciaio e, inoltre, due grandi isole rocciose affiorano dal 2022 nel settore nord-occidentale, a un’altitudine compresa tra i 2700 e i 2900 metri di altitudine.

Dalla bindella al satellite

All’inizio gli strumenti di misurazione erano delle «semplici» bindelle metriche: scegliendo sempre gli stessi punti si determinava la distanza dal fronte del ghiacciaio e quindi le variazioni. Ancora oggi il monitoraggio si basa su elementari principi di matematica, geometria e trigonometria, ma è divenuto più preciso grazie all’ausilio di strumenti ben diversi da quelli usati nell’Ottocento e per buona parte del Novecento.

Per più di tre decenni i ghiacciai ticinesi sono stati misurati con il teodolite, dove un operatore si piazzava su un posto fisso e un’altra persona rilevava il fronte con un riflettore. Da qualche anno le misure sono eseguite con un GPS ad alta precisione, che non necessita di punti di riferimento sul terreno ed è indipendente da eventuali ostacoli visivi (GPS: Global Positioning System, ossia un sistema di posizionamento globale che sfrutta i satelliti). Inoltre, ulteriore vantaggio, i punti rilevati sono oggi registrati direttamente su un dispositivo, pronti all’elaborazione e all’analisi.

Grazie al continuo sviluppo di queste e altre tecniche di rilevamento, inclusi droni e programmi informatici, è ora possibile ottenere anche dei dati su tutta la superficie del ghiacciaio, rilevando non solo l’arretramento del fronte, ma pure i cambiamenti di spessore. Per il monitoraggio di parti instabili, in alcune parti della Svizzera vengono pure impiegati dei radar che permettono di riconoscere in tempo reale eventuali movimenti di grosse masse e garantire così un efficace sistema di preallarme.