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Specie indigene in fase calante e più in superficie

Ricerca  -  Divulgati i dati del «Projet Lac 2 Ceresio» sul campionamento della fauna ittica nel lago Ceresio
/ 12/02/2024
Raimondo Locatelli

Un ecosistema e gli organismi viventi che lo occupano possono essere protetti e salvaguardati solo se è noto il loro stato di conservazione. In virtù della loro diversità e longevità, i pesci sono degli ottimi bioindicatori per i monitoraggi ambientali. Nei laghi estesi e profondi, come il Ceresio, il campionamento della fauna ittica prevede l’impiego di reti multimaglia, a tutte le profondità e in tutte le tipologie di habitat, nonché della pesca elettrica nella zona litorale, secondo un protocollo standardizzato ben preciso.

A differenza delle statistiche di pesca, le quali sono essenziali per descrivere lo sfruttamento operato dalla pesca sulle varie specie, i monitoraggi standardizzati restituiscono un’immagine più fedele della situazione dei pesci nel lago al momento del rilevamento, senza che questa risulti influenzata dalle preferenze dei pescatori per le specie più pregiate e da altri fattori che ne limitano la rappresentatività nelle indagini più approfondite.

Il lago di Lugano era stato analizzato per la prima volta nel 2011, nell’ambito del progetto condotto dall’Ufam (Ufficio federale dell’ambiente) per mano dell’Eawag (Istituto federale svizzero di scienza e tecnologia acquatica). Nel mese di ottobre 2020, tale campionamento è stato ripetuto su mandato del Cantone e con il sostegno dello stesso Ufam. Gli obiettivi del secondo campionamento consistevano, in particolare, nell’illustrare l’abbondanza, la distribuzione e la composizione del popolamento ittico nel Ceresio in autunno nel momento di massima stratificazione, nonché confrontare tali risultati con quelli del 2011 per lo stesso lago e per diversi altri bacini perialpini. I dati del secondo rilevamento sono stati presentati di recente in una serata organizzata dal Cantone, alla quale erano invitati i rappresentanti delle Federazioni di pesca cantonali, delle società locali sottocenerine, la Commissione Verbano-Ceresio e i pescatori con reti attivi in Ticino.

Carico organico e fosforo

Il processo di eutrofizzazione (modifica dell’equilibrio ecologico), iniziato negli anni Cinquanta e culminato negli anni Ottanta, ha provocato nelle acque profonde del bacino nord la scomparsa dell’ossigeno e l’aumento della densità salina: lo stato meromittico (acque stratificate) in cui si trova questo bacino ha comportato un sensibile aumento del tempo di permanenza delle acque oltre i cento metri di profondità.

Nel bacino sud e in quello di Ponte Tresa lo stato di ossigenazione risulta precario nella seconda parte dell’anno già a partire dai 25 m di profondità e si riduce gradualmente fino a zero nelle vicinanze del fondale (dati Cipais, Commissione internazionale per la protezione delle acque italo-svizzere). Negli anni, le regolamentazioni limitanti l’apporto di nutrienti nel lago e gli sforzi in materia di depurazione hanno ridotto sensibilmente il carico di fosforo in entrata nel lago, tuttavia gli apporti ancora troppo elevati di nutrienti, soprattutto azoto, combinati agli inverni temperati sempre più frequenti a sud delle Alpi, provocano un’elevata produzione planctonica che si traduce spesso in fioriture di cianobatteri, come quelle riscontrate in alcune aree lacustri negli ultimi anni.

Paradossalmente, le condizioni di ossigenazione rilevate da Cipais a ottobre 2020 sono risultate paragonabili (se non peggiori) a quelle misurate nell’autunno degli anni 2011 e 1980, con un limite di ossigeno di 6 mg/l a profondità non superiori a 20 m nel bacino nord e 10 m nel bacino sud. La conseguenza diretta di questa condizione è la concentrazione – in autunno, nel periodo di massima stratificazione lacustre – di tutti i pesci del lago nella sottile fascia superficiale ancora provvista di ossigeno, così come la totale assenza di pesci al di sotto di essa.

Crescono nuove specie ittiche

A livello di popolamento piscicolo, i dati storici indicano la presenza di 21 specie indigene di pesci nel lago di Lugano, ma – a partire dalla fine del XIX secolo – si sono aggiunte continuamente nuove specie. Il «Projet Lac» del 2011 ne aveva censite 22 (di cui 13 indigene); nel 2020 sono state catturate 20 diverse specie ma solo 11 indigene. Benché ancora segnalati dai pescatori, il campionamento del 2020 non ha censito alcun esemplare di alborella, agone e salmerino, a conferma della loro ridottissima presenza nel Ceresio nell’anno di indagine.

Il genere Rutilus – del quale fanno parte gardon (R. rutilus, introdotto), pigo (R. pigus, indigeno) e triotto (R. aula, indigeno) – è stato rilevato solo nella forma introdotta dal nord delle Alpi (gardon, per l’appunto). Per il cavedano e la scardola, per contro, è stata censita unicamente la forma indigena subalpina, senza introgressioni dal nord.

Nel confronto tra gli anni 2011 e 2020, spicca l’incremento numerico del gardon e del lucioperca (anch’esso specie introdotta a sud delle Alpi), mentre l’abbondanza del pesce persico è risultata in calo. Si ritiene che tale cambiamento nella composizione specifica sia un fattore preponderante nel cambiamento delle rese di pesca professionale e dilettantistica riscontrate mediante la statistica ufficiale del Cantone, considerato il fatto che il gardon rappresenta una specie meno pregiata rispetto al persico e viene tendenzialmente evitato dai pescatori. Anche la ripartizione dei pesci nelle varie profondità, e rilevata dalle reti bentoniche, è cambiata: mentre nel 2011 sono stati catturati pesci fino a 42 m di profondità, nel 2020 le catture non hanno superato i 24 m, indipendentemente dal bacino. Al di sotto di questa profondità, il lago è risultato totalmente privo di pesce al momento del rilevamento.

Nel confronto con altri laghi, il rilevamento del 2020 ha confermato che il lago di Lugano è dominato dai ciprinidi e dal pesce persico. Minima la differenza di composizione specifica tra 2011 e 2020: oltre alla già citata crescita del gardon, è leggermente aumentata anche la frazione di coregone, come peraltro segnalato anche dalle statistiche di pesca.

La produttività ittica del lago Ceresio tra 0 e 20 metri di profondità è risultata tra le più alte di quelle riscontrate in tutti i laghi svizzeri e transfrontalieri in esame. Tuttavia, il fatto che tale produttività sia da ricondurre alla massiccia presenza di gardon e che i pesci nei mesi autunnali siano costretti a rifugiarsi in una colonna d’acqua di pochi metri tra lo strato superficiale e quello senza ossigeno poco più in basso, è fonte di preoccupazione per chi si occupa della salute del lago.

Sopravvivenza e sviluppo

Benché l’inquinamento delle acque di origine domestica, di cui il fosfato è un forte indicatore, sia diminuito negli ultimi 50 anni, gli apporti di nutrienti dal bacino idrografico permangono elevati, specie in termini di carica azotata, favorendo le fioriture planctoniche e cianobatteriche, per cui l’ossigenazione della colonna d’acqua alla fine del periodo di stratificazione è problematica.

In concreto, i livelli raggiunti nel 2020 sono addirittura peggiori rispetto alla situazione di elevata eutrofia degli anni Ottanta. Pertanto, le possibilità di sopravvivenza e di sviluppo dei pesci – sia nel bacino nord sia in quello sud – è nulla al di sotto dei 50 m di profondità; tra i 20 m e i 50 m di profondità la presenza di pesci è ipotizzabile solo per una parte dell’anno, mentre in autunno la loro sopravvivenza è possibile unicamente nello strato superficiale.

A causa dello stato trofico in cui versa il lago a partire dagli anni Sessanta, le ultime specie indigene ancora presenti con una popolazione stabile sono il pesce persico, il luccio, il cavedano, la scardola, la carpa e la tinca, mentre le altre specie risultano estinte o sono diventate estremamente rare, essendo state sostituite da numerose specie esotiche non appartenenti alla fauna tipica del sud delle Alpi, in primis lucioperca e gardon. In termini di biodiversità, pertanto il Ceresio non può essere considerato in un buono stato di conservazione.

Gli sforzi per il risanamento proseguono

Oltre ai problemi legati alla qualità dell’acqua, lo studio sulla fauna ittica non manca di evidenziare che l’habitat ripariale denota uno stato di conservazione altamente compromesso rispetto ad altre realtà svizzere (il 62% del litorale è artificializzato). Se non si interviene per ridurre ulteriormente i fattori di disturbo tuttora presenti nel Ceresio, non si può escludere che – avendo già perso gran parte del suo patrimonio ecologico di specie indigene – questo bacino lacustre finisca per perdere anche il suo interesse alieutico.

Dallo studio della fauna ittica – denominato «Projet Lac 2 Ceresio», curato da un gruppo di lavoro con Guy Périat quale coordinatore, per incarico dell’Ufficio caccia e pesca del Dipartimento del territorio, con la partecipazione di Oikos Sagl di Bellinzona e la supervisione di Danilo Foresti (Ucp) e Diego Dagani (Ufam); rapporto originale consultabile su www.ti.ch/pesca – emergono una serie di raccomandazioni, le quali vanno a corroborare gli sforzi cantonali, federali e internazionali già in atto per il risanamento di questo lago: proseguire nella lotta agli inquinamenti e intensificare la politica di ripristino della morfologia degli affluenti del sistema idrografico. Nel contempo, preservare nel modo più naturale possibile il litorale con progetti di riqualifica su larga scala, senza trascurare una riflessione sulla gestione del livello idrometrico durante gli eventi di piena di piccola e media entità.

È necessario inoltre dare priorità assoluta alle specie autoctone ancora presenti e alla protezione degli habitat, contrastare l’arrivo di nuove specie invasive (pesci ma non solo), valutare approfonditamente l’efficacia dei ripopolamenti in atto, nonché ripetere il rilevamento della fauna ittica a intervalli regolari di 5-10 anni per monitorare la situazione anche in futuro.