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In città con il verde, per il verde

Intervista - Esperimenti di sostenibilità nell’ambito dell’architettura urbana, ce ne parla Felicia Lamanuzzi
/ 15/01/2024
Benedicta Froelich

Una delle sfide maggiori con cui la realtà post-pandemica ci ha confrontati riguarda senz’altro il nostro rapporto con lo spazio urbano, nei riguardi del quale gli equilibri di un tempo si sono irrimediabilmente alterati; al punto che appare evidente come sia oggi più che mai necessario, per un architetto, occuparsi di aree pubbliche.

Questa è anche la convinzione di Felicia (Licia) Lamanuzzi, professionista attiva nel settore da oltre vent’anni attraverso il suo atelier d’architettura a San Pietro di Stabio: dal 2015, Licia organizza iniziative tese a promuovere l’importanza dello spazio urbano nella trasformazione della città tramite esperimenti di cosiddetto «urbanismo tattico» – svolti tramite workshop aperti al pubblico, ma anche attraverso il recente progetto «Vivai diffusi», volto a trasmettere l’importanza dello spazio verde come patrimonio di tutti, al fine di migliorare la qualità di vita negli agglomerati.

Proprio oggi, 15 gennaio, le installazioni di «Vivai diffusi» saranno presentate al Liceo di Savosa nell’ambito della serata pubblica indetta per illustrare alla cittadinanza i progetti urbanistici promossi sul territorio comunale; cogliamo quindi l’occasione per parlare con Licia Lamanuzzi della sua visione architettonica e urbanistica.

Licia Lamanuzzi, come mai quest’interesse per ciò che molti definiscono «arredo urbano»?
Credo sia importante costruire una coscienza civica intorno a un’esigenza che non riguarda soltanto i grandi centri, ma anche le piccole realtà, le «cellule» in cui si espleta il quotidiano della vita di tutti noi. L’emergenza Covid ha enfatizzato l’importanza di disporre di spazi pubblici in cui sia possibile convivere anche secondo logiche di distanziamento, dimostrandoci che provvedere a ogni cosa dal «recinto» delle nostre abitazioni non è possibile.
Anche per questo, i miei workshop di progettazione urbana sono basati sull’idea che siano gli abitanti stessi a richiedere una crescente funzionalità degli spazi pubblici: essendo aperti a chiunque sia interessato a una riflessione sulla città, sono divenuti occasione per interrogare la cittadinanza e sviluppare una maggiore coscienza e conoscenza architettonica tramite il confronto e lo scambio. Credo che a tutt’oggi, siano gli unici workshop del Ticino animati dalla volontà di restituire alla cittadinanza un senso di partecipazione all’evoluzione della condizione urbana.

Come si colloca, in tutto ciò, il progetto «Vivai diffusi»?
Nasce dalla stessa matrice dei workshop, e dalla volontà di offrire (senza l’obbligo di investire grandi cifre) una proposta concreta a favore del clima, nell’ottica del passaggio a una «transizione ecologica» che permetta di mitigare gli effetti del surriscaldamento globale – il tutto concentrandosi sulla qualità dello spazio pubblico come risorsa per la città.
È un progetto che si compone d’installazioni costituite da alberi in vaso, i quali, però, hanno già una futura collocazione stabile, essendo destinati a venire piantati in modo permanente. Non si promuove quindi il nomadismo, che a lungo andare nuocerebbe agli alberi stessi, ma si cerca di spingere a una nuova confidenza con le piante all’interno dello spazio urbano, generando abitudine nel cittadino; la speranza è che, nel momento in cui gli alberi vengono spostati nella loro collocazione definitiva, l’utenza ne avverta un senso di mancanza, e sia quindi spinta a richiedere di vederli dove ne aveva in origine sperimentato la presenza – stavolta piantati a terra, dove il loro percorso diviene più naturale.

C’è quindi alla base una motivazione etica, che tiene conto del cambiamento climatico, ma anche del benessere sia degli utenti sia delle piante…
Esatto: ritengo sia necessario cambiare mentalità, partendo dalle piccole cose per vivere in maniera più serena la nostra relazione con la natura, dalla quale non possiamo prescindere. Certo, questo comporta qualche sacrificio, ma porta benefici a lungo termine… Città quali Zurigo, dove ogni quadrato urbano è popolato da alberi, dimostrano come gli spazi pubblici completamente cementificati siano poco vivibili non solo dal punto di vista pratico, ma anche psicologico; la continua immersione nel verde — un verde vivo, non patinato come quello delle aiuole ornamentali — dona benessere al cittadino, senza contare che, tra le altre cose, la permeabilità del suolo permette alla pioggia di infiltrarsi senza sovraccaricare le canalizzazioni. Occorre promuovere fattori come la biodiversità (risorsa fondamentale, non solo a livello estetico), e l’equilibrio biologico negli spazi antropizzati, apprezzando i costi di mantenimento più contenuti di un verde «naturale», in grado di sostentarsi quasi da solo.

Qual è stata la risposta al progetto «Vivai diffusi»?
Ha ricevuto ampi riscontri a livello nazionale. Al momento, è attivo sul territorio di Chiasso: è stato accolto molto bene dalla città, che vi ha visto la possibilità di allenare lo sguardo degli abitanti a un’idea di spazio urbano più attrattiva e inclusiva, promuovendo nel contempo attività che, oltre a portare afflusso di pubblico, favoriscano la socialità e l’installazione di servizi di prossimità — ad esempio, immaginando una relazione tra le diverse isole verdi, così da rendere più semplice e piacevole attraversare la città da una zona all’altra, anche per gli anziani.

Cosa si prospetta per il futuro dell’iniziativa?
La speranza è che la sensibilità verso una maggiore presenza di verde nelle città giunga a coinvolgere sempre più campi dell’operato umano — come avviene con il nostro collegio scientifico, i cui membri provengono da molteplici background (dall’artistico allo scientifico, fino alle discipline umanistiche); mi piacerebbe, in futuro, coinvolgere anche l’ambito psicologico e antropologico/sociologico, lavorando in modo interdisciplinare e stabilendo nuove sinergie. «Vivai diffusi» è un progetto costantemente in divenire: siamo quindi sempre a disposizione per chiunque sia interessato a sperimentarne l’applicazione pratica nel quotidiano.