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Valentino, Francesco e la gente di Ayomé

Solidarietà – Vent’anni di iniziative e impegno che, grazie anche a letti dismessi dagli ospedali ticinesi, stanno cambiando la vita e la sanità nella regione del Plateaux in Togo
/ 01/01/2024
Matilde Casasopra

È già passato un anno da quando ad Ayomé – villaggio di 1500 abitanti nel Plateaux del Togo – è stato inaugurato, laddove era già operativo l’ospedale Notre Dame d’Ayomé, l’edificio nel quale si trovano: pronto soccorso, radiologia, tre sale operatorie e una sala risveglio dotata di sette letti. Se ve ne parliamo oggi è perché tutto questo, in 20 anni di lavoro assiduo e silenzioso, si è reso possibile grazie all’incontro di due persone che, per nascita e distanze, avrebbero potuto non incontrarsi mai. Uno è un prete, l’altro un medico specialista in chirurgia ortopedica e traumatologia dell’apparato locomotore. Il primo si chiama Valentino ed è nato proprio ad Ayomé. L’altro si chiama Francesco. Lui infanzia e adolescenza le ha trascorse tra Mendrisio e Riva San Vitale.

Valentino Tafou in Ticino arriva nel 1992, ha 23 anni ed è uno dei primi studenti della Facoltà di teologia. Terminati gli studi e ordinato sacerdote nel 1998 viene inviato come parroco in Valle Verzasca dove resta per un anno. «Mi sono accorto solo alla fine di quell’anno, quando fui trasferito a Morbio Inferiore, che la gente mi aveva accettato e mi voleva bene. Prima non l’avevo proprio capito». È nel Mendrisiotto – dove resta per sei anni – che per lui le cose cambiano. È qui che comincia a pensare di poter fare qualcosa per la sua gente, quella di Ayomé, gente che vive ai piedi delle montagne. Il primo pensiero è per l’acqua del fiume al quale gli abitanti del suo villaggio (ma anche quelli dei villaggi confinanti di Edifou e Todji) si approvvigionano. Motivo? Il fiume, a monte, ha come fruitrici centinaia di scimmie che, oltre ad abbeverarvisi, con quelle acque si lavano e lì espletano i loro bisogni col risultato che l’acqua giunge al villaggio ricca di germi e batteri permettendo alla malaria di essere una «malattia di casa». È il 2001 quando don Valentino – che dal 2006 è viceparroco a Viganello – fonda l’Associazione Aiuto Ayomé Africa (AAAA) e, sempre nel 2001, c’è la prima realizzazione: il depuratore. Grazie a ciò la diffusione della malaria retrocede, ma… le malattie infettive non mancano. C’è necessità di medicinali. La notizia giunge a Francesco Marbach che nel frattempo, per ragioni di studio, dal Mendrisiotto si è trasferito al CHUV di Losanna. Tramite conoscenti comuni fa giungere a don Valentino ciò che può essere utile per un dispensario. Il piccolo prete togolese non crede ai suoi occhi e vuole ringraziare di persona il giovane medico che dopo quel primo incontro – è il 2003-2004 – diventa punto di riferimento irrinunciabile per una svolta epocale nel villaggio di Ayomé. «Non è che sia sempre facile andare d’accordo con don Valentino – sorride il dottor Marbach –. Lui ha una fiducia illimitata nella solidarietà tra persone e nella provvidenza. Io ho grande stima per tutti coloro che ci aiutano, ma… preferisco fare un passo per volta». E… di passi ce ne sono stati molti in questi anni. Un esempio? La costruzione delle scuole – una classe d’asilo e due per le elementari (1.a e 2.a; 3.a, 4.a e 5.a insieme: come negli anni 50 anche in Ticino) – ha ad esempio visto impegnati, in prima linea, i ragazzi del clan rover della sezione scout Tre Pini di Massagno. Un’esperienza indimenticabile che, tra dicembre 2013 e gennaio 2014 è culminata con la costruzione di tre edifici di mattoni dove, anche nella stagione delle piogge, le giovani generazioni del Plateaux possono seguire le lezioni. «Prima, con i tetti di lamiera appoggiati su pareti impagliate, era semplicemente impossibile – ci dice don Valentino –. Un altro risultato che abbiamo raggiunto è che prima gli stipendi ai docenti li pagavamo noi come Associazione. Adesso li paga lo Stato. Noi, invece, sosteniamo le spese del materiale scolastico come libri, matite e gomme quando lo Stato si dimentica di farlo».

«Adesso, però, seppure continuiamo a seguire la scuola – prosegue don Valentino – il grosso dell’impegno lo stiamo mettendo nell’ospedale. L’abbiamo aperto nel 2009 e a inaugurarlo c’era monsignor Grampa. Venti letti e servizi di medicina interna, maternità, pediatria, ecografia, vaccinazioni. Abbiamo, in pratica, allargato il dispensario. Poi, a gennaio di quest’anno, siamo riusciti a inaugurare il blocco nel quale ci sono le tre sale operatorie. È qui che lo scorso mese di novembre il dottor Marbach, la dottoressa Alessandra Cristaudi (chirurga viscerale e caposervizio di chirurgia all’EOC) con il nostro responsabile medico ad Ayomé, hanno operato 34 persone in cinque giorni. Le prime operazioni, però, hanno avuto luogo a fine gennaio».

I letti della svolta

Come si è arrivati fin qui? Uno dei momenti topici nella realizzazione di questo progetto è stato quello in cui don Valentino scopre che l’Ente ospedaliero cantonale, ogni dieci anni, sostituisce i propri letti con altri nuovi e più performanti. Il dottor Marbach, nel frattempo è tornato in Ticino e lavora al Civico. «E se i letti dismessi li prendessimo noi?», si chiede don Valentino che poi pone la domanda a colui che, oltre ad essere un Capo Servizio dell’unità di traumatologia e ortopedia è anche vicepresidente dell’Associazione Amici di Ayomé. Lui fa i passi necessari e ottiene, gratuitamente, 20 letti che, su container via mare, vengono spediti in Togo. La gioia intercontinentale è grande, ma sfuma alla dogana del porto di Lomé dove le guardie si rifiutano di credere che quei letti che possono alzare i materassi sia dalla parte della testa sia da quella dei piedi con la semplice pressione di un pulsante siano vecchi. «Io – racconta don Valentino – ho pur cercato di spiegare loro come stavano le cose, che in Europa questi letti erano stati usati, ma ne erano arrivati di nuovi più adatti a prestare le cure. Ci ha provato anche il dottore e le signore che ci accompagnavano. Niente. O si paga la dogana o i letti non escono dal porto. Così… abbiamo pagato». Una spesa imprevista, ma… irrinunciabile. È il dottor Marbach – che ad Ayomé è ormai considerato alla stregua di un capo villaggio – che ci aiuta a capire, attraverso un’esperienza diretta, il perché dell’ostinazione dei doganieri. «A gennaio, dopo aver inaugurato le sale operatorie, ho svolto il primo ciclo di interventi. Tra le persone operate c’era anche un uomo che nella sala risveglio è rimasto immobile, con gli occhi fissi sul soffitto, rigido come una pietra. Inutile dire che mi sono spaventato. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, ma soprattutto se quell’uomo fosse impietrito per il dolore o la paura. Lui nero, sotto il lenzuolo bianco, nonostante il passare del tempo non dava segni di ripresa. Poi uno dei nostri infermieri, percependo la mia inquietudine, mi ha avvicinato spiegandomi che per quell’uomo stare sdraiato su un letto era un’esperienza nuova. Fino a quel giorno, per tutta la sua vita, aveva sempre dormito per terra e, da quel letto, la terra era lontana». Più facile, a questo punto, anche per noi capire perché, per i doganieri, accettare che dei letti elettrificati e semoventi non fossero più che nuovi, fosse impresa ardua.

Il ponte medico

Fine della storia? Adesso si passa alla semplice gestione? «No, assolutamente – ci dice con fermezza il dottor Marbach –. Accanto alla gestione dell’ospedale dove, attualmente, tra personale amministrativo, medico, paramedico e d’appoggio, sono impiegate 36 persone alle quali l’Associazione garantisce lo stipendio (6900 fr. al mese pari a 82’800 fr. all’anno), il progetto va avanti. Il prossimo step, dal punto di vista realizzativo, prevede di mettere in funzione il reparto di oftalmologia. Lei non ha un’idea di quante persone abbiano seri problemi di vista. Poi, proprio perché non vogliamo portare il pesce, ma permettere di imparare a pescare, dal 2024 realizzeremo un ponte medico. Per due-tre volte all’anno un’équipe formata da due chirurghi raggiungerà l’ospedale di Ayomé per eseguire, per una settimana, gli interventi più complessi. In pratica quello che abbiamo fatto con la dottor Cristaudi a novembre e che ripeteremo a febbraio, vedrà impegnati altri medici attivi in Ticino. Si sono già annunciati una decina di colleghi e questo ci dà morale anche perché non si tratta di una passeggiata, ma di una vera missione». E don Valentino? Don Valentino è tornato dal Togo la prima settimana di dicembre. La parrocchia di Viganello è la più grande del Cantone e ci sono i servizi religiosi dell’Avvento, del Natale e dell’Epifania da garantire. Poi c’è l’Associazione Amici Ayomé Africa da mandare avanti insieme al presidente, Michele Faul e a quel migliaio di persone che da anni, senza rumore, ma con impegno, da tutto il Ticino garantiscono alla gente della regione del Plateaux una vita migliore.