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L’enigma di uno sguardo
Reportage – A pochi passi da un branco di lupi in Repubblica Ceca, all’interno di un’area isolata del complesso forestale più esteso d’Europa, riconosciuto come riserva della biosfera dall’Unesco
Franco Banfi, testo e foto
Sono sempre stato affascinato dallo sguardo, soprattutto quello degli animali selvatici. Quando l’uomo è nella situazione di guardare in natura un animale selvatico negli occhi, a distanza ravvicinata, senza ausilio di cannocchiali o potenti teleobiettivi, è perché l’animale glielo ha concesso, si sta fidando, si è reso vulnerabile. È sicuramente un grande privilegio vivere queste rare situazioni. Significa che l’uomo è riuscito a vincere la timidezza e l’istinto di sopravvivenza che induce alla fuga repentina la maggior parte degli animali selvatici. La pazienza, la dedizione, la conoscenza e la determinazione dell’uomo sono state premiate. Ha raggiunto un obiettivo in cui ha investito energia e tempo in ricerche e studi, ha percorso consapevolmente chilometri su sentieri spesso impervi, quasi sempre in totale solitudine, senza accorgersi di alcun incontro che pure è avvenuto a sua insaputa. Un’ambizione spesso attesa e perseguita per anni è finalmente raggiunta in un primo confronto, dopo non pochi fallimenti e fatiche.
Riuscire a guardare un lupo o un branco di lupi liberi, è cosa rara, direi rarissima. Loro ci fiutano e ci osservano, a distanza, e sono attenti a evitarci, consapevoli che l’uomo è un pericolo. Possiamo ucciderli senza chance di difesa, sia con dichiarata intenzione (abbattimenti selettivi, cacciatori, bracconieri, eccetera) sia passivamente (distruzione dell’habitat e inquinamenti di molteplici tipologie).
Negli anni recenti è sicuramente più agevole monitorare e documentare la presenza di animali selvatici in un determinato territorio grazie al posizionamento di foto-trappole, macchine fotografiche automatizzate che vengono allestite in posizioni strategiche sul territorio considerato e che scattano immagini senza la presenza dell’uomo, con un’inquadratura fissa. Ma una cosa è monitorare di nascosto la presenza di fauna selvatica, carpendo dati attinenti itinerari, abitudini, comportamenti, altro è riuscire a guadagnarne la fiducia e potersi guardare consapevolmente negli occhi, a volto scoperto.
Tutti i predatori si studiano reciprocamente quando si incontrano. Valutano il pericolo di diventare preda e l’opportunità di predare, hanno comportamenti codificati dalle leggi ancestrali della sopravvivenza in natura. Il primo senso usato a breve distanza per questa analisi è sicuramente la vista. Ogni esemplare ha sguardi assolutamente unici, caratteristiche distintive, esprime emozioni e stati d’animo. Quando un singolo esemplare di lupo non evita l’incontro con un uomo, solitamente ha un atteggiamento di sottomissione. Al primo confronto, i grandi occhi gialli spalancati a scrutare ogni mio movimento e l’orizzonte mi hanno stregato. Esprimevano paura, una latente curiosità e il controllo sul suo primordiale istinto di riunirsi con il branco in cui trova protezione. Seguiva la direzione del mio sguardo, che si spostava da lui all’ambiente circostante, alla ricerca di altri esemplari che non sono riuscito a individuare subito. La traiettoria del suo sguardo però andava oltre la mia, a cercare qualcosa che pensava io avessi visto.
È accaduto in Repubblica Ceca, in un’area isolata del complesso forestale più esteso d’Europa, riconosciuto riserva della biosfera dall’Unesco. Un branco di lupi in salute, bellissimi nel folto mantello invernale, al limitare di un bosco di abeti rossi imbiancati dalla prima neve. Nemmeno l’aria densa dei minuscoli fiocchi di neve ghiacciata riusciva a smorzare il colore vivido del loro manto beige rossiccio, che sfuma al nero nel pelo dorsale. Una gelida giornata d’inverno, di quelle in cui le folate di vento ti entrano nel corpo anche se indossi abbigliamento termico e multistrato. Esemplari di lupi isolati e accovacciati singolarmente ai piedi di alberi o sopra massi sparpagliati, improvvisamente si sono stretti gli uni vicino agli altri, al riparo degli alberi. All’unisono, hanno iniziato a ululare prima contemporaneamente, modulando le frequenze dei singoli individui, poi sovrapponendo le voci in un «coro» idealizzato. Non ho udito altro (le capacità uditive dell’uomo sono davvero limitate); ritengo pertanto che sia stato un avvertimento oppure un comportamento in risposta ad altri animali del bosco: io per loro non rappresentavo sicuramente un problema. Ma l’emozione di sentire questo coro inatteso, fra i sibili del vento e il fruscio degli abeti è stata immensa. Un ricordo che resterà con me per sempre, nelle mie emozioni.
Sono stato abituato a convivere con numerosi cani (mio padre li allevava) e sono pertanto predisposto a cogliere il linguaggio corporale dei canidi. Ovviamente questa attitudine è un grande aiuto nel mio lavoro di fotografo naturalista. Anche se posso utilizzare potenti teleobiettivi e quindi restare a distanza, preferisco avvicinarmi agli animali, rispettarli, essere accettato, favorire una situazione di reciprocità. È una sensazione impagabile di libertà e rispetto. È uno degli elementi irrinunciabili per un lavoro fotografico e documentaristico di qualità.
I branchi di lupi liberi sono solitamente delle unità familiari in cui ogni esemplare esprime la capacità di stare insieme, di lealtà e fedeltà verso gli altri membri in modo tale da garantire successo durante la caccia e la protezione dagli attacchi dei predatori. La sopravvivenza è un gioco di squadra, dove i singoli lupi interagiscono l’un con l’altro in modo strutturato, sono coesi, hanno un ruolo adatto alle proprie caratteristiche e indole, che garantisce il buon vivere del branco-famiglia. Complici e risoluti, i lupi mostrano un innato istinto di appartenenza, condividono gli stessi obiettivi in un rapporto di reciproco aiuto che ne rafforza i legami di parentela.
In ambiente selvatico, il branco è formato da una coppia di genitori monogami e riproduttivi e dai figli degli ultimi anni. I membri del gruppo aumentano finché i giovani lupi adolescenti di due-tre anni cercano altri gruppi a cui unirsi per formare le proprie famiglie-branco. Nelle Alpi, i branchi sono composti mediamente da cinque-sette esemplari; tuttavia è un dato indicativo e variabile in base al modesto tasso di sopravvivenza dei figli dell’ultima cucciolata. Nei mesi invernali, il numero medio è solitamente più elevato.
Nei lupi rinchiusi nei parchi questa socialità viene stravolta poiché molti esemplari, di branchi diversi e non imparentati, devono convivere in territori angusti e adattarsi a sopravvivere in modo innaturale. Comportamenti e gerarchie che si sviluppano in cattività non sono tratti distintivi della specie e degli esemplari che vivono liberi. Studiare e codificare questi comportamenti ha portato a interpretazioni sbagliate ed erronee strategie di controllo-convivenza.
In anni più recenti, l’utilizzo di macchine fotografiche e di sistemi di ripresa video che si attivano al passaggio degli animali rilevato tramite dei sensori di movimento o di rilevazione del calore, senza la presenza del fotografo, ha permesso di monitorare i selvatici in modo più verosimile alla loro natura. Anche queste metodologie più moderne tuttavia non sono completamente prive di ingerenza da parte dell’uomo, poiché talvolta gli animali vengono indotti, tramite l’offerta di cibo, a recarsi nel luogo dove le attrezzature fotografiche sono state posizionate.
L’ideale sarebbe trovare le tracce dei selvatici analizzando i segni lasciati sul terreno, ma per specie che non sono abitudinarie, come il lupo, è una possibilità piuttosto inefficace. In una ricerca scientifica e/o documentaristica, è ovviamente importante posizionare le attrezzature fotografiche in prossimità dell’habitat naturale della specie monitorata. A mio avviso, ha poco significato – per queste finalità – posizionare le macchine nei parchi pubblici, nelle aree protette o nelle oasi naturalistiche, pertanto in luoghi ove comunque il comportamento delle specie è innaturale e modificato dall’ambiente protetto, privo di quelle caratteristiche di competizione intra-specie e sfide quotidiane tipici della vita selvatica.