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La matematica del desiderio

Intervista – Secondo lo psicologo Nicola Bruno si può misurare l’intensità del desiderio, sentimento che regola e decide molti dei nostri comportamenti, con una formula «semplice» e adatta a tutte le situazioni
/ 20/11/2023
Stefania Prandi

Il desiderio ci accompagna nella nostra quotidianità. È un sentimento con un’intensità capace di regolare e decidere molti dei nostri comportamenti, dai più banali fino alle decisioni cruciali della nostra vita. La legge del desiderio di Nicola Bruno, docente di Psicologia generale all’Università di Parma, racconta la storia dell’idea che ha reso possibile la misurazione matematica di questo sentimento. Una formula aritmetica «semplice» e applicabile agli ambiti in cui sono in gioco le scelte, piccole o grandi che siano.

Nicola Bruno, come definisce il desiderio?
Per me è il desiderio è quel sentimento interno, quello stato mentale che orienta i nostri comportamenti, dai più banali e quotidiani fino alle scelte più importanti della nostra vita. Quando al supermercato scegliamo un prodotto da mettere nel carrello, è perché sentiamo più forte il desiderio verso quel prodotto rispetto agli altri nello scaffale. Nel momento in cui decidiamo se accettare una nuova offerta di lavoro, o di continuare con il nostro impiego attuale, è perché percepiamo più forte il desiderio verso una prospettiva futura rispetto all’altra. Il desiderio è ciò che viene da dentro, e guida i nostri comportamenti verso il mondo esterno. Credo che debba essere distinto dall’attrazione che, invece, dipende da qualcosa che viene dal di fuori, dagli oggetti, dalle persone, dagli eventi, e che in qualche modo ci cattura e ci attrae verso queste cose. La psicologia dell’attrazione è una cosa diversa da quella del desiderio.

Qual è la formula per misurare il desiderio?
La formula è questa: la sensibilità (cioè il cambiamento a livello sensoriale oppure la desiderabilità di una prospettiva futura) è inversamente proporzionale all’intensità dello stimolo. Questo significa che se, ad esempio, guadagno mille franchi al mese e mi danno cento franchi in più al mese, percepisco immediatamente la differenza, e l’aumento è molto desiderabile. Se, invece, il mio stipendio è di diecimila franchi al mese, cento franchi rappresentano un cambiamento impercettibile, e l’aumento è molto meno desiderabile.

Possiamo misurare il nostro desiderio o quello degli altri?
Proviamo il nostro desiderio in prima persona, quindi lo conosciamo. La sfida è misurare il desiderio altrui, perché non possiamo entrare nella mente delle altre persone (o degli altri animali non umani). Possiamo calcolare il desiderio utilizzando i metodi della psicofisica, basati su modelli matematici e su esperimenti in cui si misura la capacità di discriminare fra stimoli presentati in maniera controllata.

Da dove nasce l’idea del suo libro?
Ho visto in libreria che Il Mulino aveva una collana intitolata «formule per leggere il mondo». Io sono uno psicologo sperimentale e un neuroscienziato cognitivo e ho pensato che sarebbe stato interessante aggiungerci un contributo sulla legge di Weber, la formula da cui ha avuto origine la psicofisica. Mi è venuto in mente che la legge di Weber è, in senso lato, la legge del desiderio, il principio fondamentale che ci consente di misurare l’intensità delle nostre sensazioni interne e, dunque, la forza che orienta i nostri comportamenti.

Che cos’è la psicofisica?
La psicofisica è il settore della psicologia scientifica che si occupa dei metodi per misurare le sensazioni. Nella definizione del padre della psicofisica, Gustav Theodor Fechner, la psicofisica studia le relazioni funzionali fra l’intensità degli stimoli fisici, come una luce, o un peso, e le sensazioni che evocano a livello psicologico. Fechner fondò la psicofisica a metà dell’Ottocento, a partire da una semplice osservazione che aveva riportato un altro fisiologo dell’università di Lipsia, Ernst Weber. Fechner battezzò questa osservazione «La legge di Weber», ed è la formula sulla copertina del mio libro.

Perché la psicofisica è importante?
La nascita della psicofisica ha avuto un ruolo considerevole nello sviluppo della psicologia scientifica perché ha consentito di sviluppare metodi quantitativi per misurare gli stati mentali (ossia cose come le credenze, intenzioni, emozioni, desideri e percezioni). Ma l’interesse della disciplina non si ferma qui: le idee di Fechner, infatti, furono anticipate di quasi un secolo da Daniel Bernoulli, un grande matematico, nel contesto dei problemi di economia. La storia della psicofisica si intreccia, perciò, con quella dell’economia, e nel nostro secolo un grande psicologo sperimentale, Daniel Kahneman, ha ricevuto il premio Nobel proprio per la sua teoria dei comportamenti di scelta economica che deriva, per molti aspetti, dalla tradizione della psicofisica. Nella teoria di Kahneman non vengono misurate le sensazioni evocate dagli stimoli che provengono dall’ambiente fisico, ma le sensazioni (di piacere o di dispiacere) evocate da prospettive future nell’ambiente sociale. Comunque, l’idea di base è la stessa, la legge di Weber. La legge del desiderio, appunto.

Lei scrive: «Spesso le decisioni importanti nelle nostre vite hanno questa struttura: restare o andarsene». Verso cosa propendiamo, in genere, e perché?
Molte decisioni importanti della nostra vita hanno questa struttura e la teoria del prospetto di Kahneman, che deriva dalla tradizione psicofisica, ci dà alcuni strumenti importanti. La propensione verso la scelta di restare o andarsene dipende, appunto, dal desiderio che proviamo per l’una o l’altra. Quale delle due prevarrà dipenderà da molti fattori e grazie alla teoria di Kahneman oggi ne comprendiamo alcuni. Ad esempio, la maggior parte di noi ha una avversione nei confronti delle prospettive rischiose e una preferenza verso le opzioni sicure. La tendenza ad evitare il rischio, spesso, ci fa propendere verso la decisione di restare, talvolta con conseguenze negative. Penso, ad esempio, alle persone che rimangono intrappolate in relazioni tossiche e non riescono a uscirne perché l’incertezza sul futuro pesa più degli aspetti negativi certi del rapporto. Questo fenomeno è ben spiegato dalla formula matematica che descrive come la sensazione di soddisfazione verso un’opzione futura cresca in maniera non lineare con l’aumentare del valore monetario di quella opzione.