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Intelligenti, canterini e golosi

Mondoanimale - Gli uccelli più intelligenti intonano canzoni più sofisticate e adorano il latte
/ 30/10/2023
Maria Grazia Buletti

«Gli uccelli più intelligenti cantano canzoni più sofisticate». Lo afferma un autorevole studio di «Science» secondo il quale risulta che gli uccelli canori che possono imitare scorrevolmente i suoni ascoltati hanno cervelli più grandi e maggiore capacità di risoluzione dei problemi rispetto ad altre specie definite «meno sintonizzate». Sarà vero? Sta di fatto che la capacità di ascoltare (e in seguito imitare i suoni articolati) è definita apprendimento vocale complesso ed è un punto saliente dell’acquisizione del linguaggio parlato umano; tale capacità è stata osservata solo in pochissime altre specie.

Lo studio è partito dall’ipotesi che questa abilità debba sicuramente essere associata a una cognizione più complessa e avanzata, per verificare la quale gli studiosi hanno eseguito un ventaglio di test comportamentali su oltre duecento uccelli di ventitré specie differenti. In una di queste prove votate a raccogliere elementi a suffragio dell’ipotesi iniziale, ad esempio, i volatili in questione sono stati valutati osservando se riuscivano a distinguere tra coperchi di diversi colori di alcuni contenitori che contenevano qualcosa di appetibile. Un altro test riguardava la loro capacità di rimuovere il coperchio da un contenitore di plastica che conteneva una gustosa ricompensa.

«A proposito di contenitori, è divertente ed emblematico l’esempio della Cinciarella e degli abitanti di Swaythling, in Inghilterra, che nel 1021 si ritrovarono al centro di un fitto mistero: le bottiglie di latte che ogni mattina i “Milkmen” (ndr: venditori di latte detti “omini del latte”) lasciavano sull’uscio delle case erano sempre inspiegabilmente aperte». A raccontare l’aneddoto è Chiara Scandolara di Ficedula, la quale riflette sul fatto che per gli «omini del latte», ingiustamente accusati di essere i colpevoli, non dev’essere stato un bel periodo. Fino a quando si sono scoperti i veri responsabili: «I piccoli uccelli insettivori avevano capito che bucando e sollevando la sottile lamina metallica che faceva da tappo, potevano gustarsi la nutriente crema che si formava sulla parte alta della bottiglia, dato che all’epoca il latte non era omogeneizzato».

Cince più intelligenti di altri volatili o meno, sta di fatto che «si è osservata una rapida espansione del fenomeno che da Swaythling prese piede in tutta l’Inghilterra e nel resto dell’Europa». Intuizione o enorme coincidenza, questa è la dimostrazione di come alcuni uccelli sappiano assumere l’abitudine collettiva di nutrirsi dalle bottiglie di latte. E gli scienziati che hanno studiato il fenomeno sono giunti alle seguenti considerazioni. La risposta è meno intuitiva del previsto: «Istintivamente è naturale pensare all’imitazione come forma di apprendimento che noi riteniamo molto primitiva, ma che in realtà per animali che non siano umani o primati, non è affatto scontata. Si tratta perciò di un apprendimento non per osservazione, bensì una forma di facilitazione sociale in cui la visione di cinciarelle che si nutrono di latte stimola le altre a provarci, focalizzando la loro attenzione sul tappo della bottiglia».

Per tornare alle dimensioni del cervello come sinonimo di maggiore intelligenza nei volatili, l’esperimento abbondantemente superato dalle cince non ha avuto lo stesso esito, ad esempio, nella colomba in lutto (così si chiama la sfortunata) che non è stata in grado di eseguire l’operazione di apertura del coperchio nemmeno dopo più di cinquanta tentativi, riportano gli scienziati: «Non sorprende che anche la colomba in lutto sia risultata ultima nella competizione per le dimensioni del cervello. Cosa resa meno imbarazzante dal fatto che il cervello della ghiandaia azzurra, che è il più grande di tutti, pesa ancora meno di una moneta da un centesimo».

Ma la relazione fra dimensioni del cervello e capacità cognitive non si ferma al canto soave: un’altra ricerca di «Science, Ecology and Evolution» pubblicata su «Nature» mette in relazione la capacità di innovazione di alcune specie di uccello con le dimensioni assolute e relative dei loro cervelli. Ne risulta che: «Tra i corvidi e i pappagalli ci sono alcune delle specie fra le più intelligenti che abitano il nostro pianeta».

Chiara Scandolara è concorde: «Più volte, in Ticino, io stessa ho visto cornacchie, ma anche cinciallegre, buttare noci sulla strada e aspettare il passaggio di un’automobile le cui ruote le schiacciano, per poi recuperare il gheriglio di cui nutrirsi. Lo stesso fanno anche le poiane appollaiate vicino alle autostrade, mentre attendono qualche preda uccisa dal traffico per poi approfittarne».

La nostra interlocutrice sottolinea però un’importante considerazione derivata dalle sue conoscenze degli uccelli migratori: «So, ad esempio, che essi hanno il cervello più piccolo così come hanno molte parti del loro corpo più minute (come zampe più corte e via dicendo), in modo da essere più performanti durante la migrazione. Ciò non significa però che siano meno intelligenti!». Il che ci riporta a un’antica perla di saggezza sul fatto che generalizzare non sempre porta alla verità.