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La vita dei serpenti nel clima di oggi
Mondoanimale - Cambiamenti di abitudine e letargo più tardivo sono segnali da non sottovalutare
Maria Grazia Buletti
Secondo le chiare indicazioni della Strategia cantonale per lo studio e la protezione degli anfibi e dei rettili, essi fanno parte del nostro patrimonio naturale e, come tali, sono degni di tutela, anche per il fatto che «occupano un posto elevato nella catena alimentare (predatori) e quindi svolgono un ruolo importante negli ecosistemi terrestri e acquatici».
Il documento riporta alcune specie assenti dal territorio svizzero ma presenti solo in Ticino, fra le quali ad esempio: «Il rospo smeraldino, la rana di Lataste (ndr: solo nel Mendrisiotto) e, fra i serpenti, la natrice tassellata, e la vipera comune sottospecie di Redi». Per esse il nostro Cantone rappresenta dunque l’ultimo rifugio a livello nazionale: «Alcune specie e sottospecie di anfibi e rettili presenti in Ticino sono le popolazioni numericamente più importanti di tutto il territorio svizzero e per esse il Cantone riveste il ruolo di riserva biogenetica a livello nazionale».
Per meglio comprendere l’importanza della loro presenza sul territorio, va pure sottolineato che anfibi e rettili sono particolarmente sensibili ai mutamenti dei loro habitat e perciò si presentano «quali indicatori privilegiati della qualità del nostro ambiente». A questo punto sorge spontanea la domanda su quanto il cambiamento climatico possa essere al centro delle probabili responsabilità sulle mutazioni delle abitudini o degli habitat dei serpenti, la cui presenza è da considerarsi un fattore storico-culturale nel nostro Cantone, quale territorio tanto rurale quanto variato per caratteristiche e altitudini.
Ne parliamo con l’esperto Grégoire Meier, a partire dall’influsso delle temperature di questa primavera precoce che segue un inverno alquanto caldo e asciutto: «Malgrado condizioni climatiche così anomale, devo obiettivamente rimarcare che quest’anno i rettili non si sono attivati prima degli anni precedenti; per loro la difficoltà non risiede soltanto nel cambiamento climatico inteso come riscaldamento terrestre, bensì anche nel problema creato dalla siccità che induce i rettili a restare più “nascosti” malgrado le temperature aumentino».
In generale: «Per far sì che in primavera i serpenti si attivino dal letargo, bisogna che le giornate si allunghino. La mia esperienza mi ha permesso di osservare che questo succede a partire circa dal 20 febbraio, in quei versanti ben esposti che, ovviamente, non sono coperti da metri di neve. Da quel momento si rimettono in attività». Ciò succede a prescindere dalle temperature, che non devono essere comunque troppo basse: «Per attivare il loro metabolismo, i serpenti necessitano di umidità; la sua attuale carenza li tiene “ancora un po’ defilati”». Il che significa che «con l’allungarsi delle ore di luce, essi escono dai loro rifugi invernali e si piazzano al sole per scaldarsi, aumentando così la propria temperatura corporea».
E malgrado le temperature ancora poco miti, pare sappiano sfruttare il microclima a loro favore: «Ho filmati che mostrano come, ad esempio, accanto a pietre ancora a temperature di 0 gradi ci sia terreno erboso che al sole raggiunge persino i 15 gradi. Essi sfruttano quel microclima temperato con cui riescono ad aumentare la loro temperatura corporea, e restano lì placati e fermi». In questi casi non bisogna assolutamente disturbarli: «È importante stare molto attenti perché sono ancora freddi e restano immobili in quanto non hanno sufficiente energia per defilarsi velocemente. Tante volte sento le persone che dicono di picchiare i piedi sul sentiero quando vanno in montagna, in modo da farsi sentire dai serpenti che così possono scappare: ma in queste circostanze è relativamente inutile perché se il serpente ha freddo sa di non riuscire a scappare in modo efficace e veloce. Dunque, resta fermo per evitare movimenti goffi e inefficaci che attirerebbero l’attenzione dei predatori».
Meier ce ne parla proprio prima di partire per Airolo, dove è stato chiamato perché c’è una vipera immobile su di un muretto in centro paese: «Qualche individuo è già attivo anche lì, malgrado si tratti di zone elevate». Se il cambiamento climatico pare non avere grande influsso sul risveglio, ha per contro un ruolo in autunno, con l’inizio del letargo: «Di norma, a fine ottobre la stagione era finita. Invece, da un paio d’anni a questa parte ho trovato qualche serpente attivo anche a novembre e dicembre». Cosa che non succedeva in precedenza: «Le giornate si accorciavano, arrivava il freddo e si rifugiavano. Per contro, ora l’autunno è più caldo e restano come confusi, ritardando il momento del letargo che è essenziale in quanto permette funzioni senza le quali non si manifestano, come ad esempio la maturazione degli spermatozoi». Inoltre: «È possibile che non si rifugino abbastanza in profondità per ripararsi dal gelo, e se arrivasse una gelata improvvisa o un inverno rigido sarebbe un grosso problema».
Di fatto, l’aumento delle temperature ha prodotto una migrazione di alcune specie verso habitat più alti: «Zone che diventano favorevoli perché più calde rispetto a prima, come ad esempio una zona in Ticino piuttosto fresca e umida, abitata finora dal marasso (Vipera berus), nella quale oggi ho trovato anche soggetti di vipera comune (Vipera aspis) che di norma predilige ambienti più caldi, mentre ora vive e si riproduce pure lì; e lo conferma una femmina in gestazione che vi ho trovato».