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Pecore tremanti e Santi di ghiaccio

Meteorologia - Curiosi fenomeni ricorrenti e non eccezionali dovuti a incursioni di aria fredda da nord che portano a un repentino calo delle temperature
/ 31/05/2021
Elia Stampanoni

L’anno scorso è tornato il presunto «freddo delle pecore», ossia giornate di metà giugno con temperature più basse della norma, spesso caratterizzate da piogge abbondanti e, sulle Alpi, da nevicate. Una singolarità percepita soprattutto Oltralpe e che, in Svizzera –secondo una nota di SRF Meteo, il servizio meteorologico della radiotelevisione svizzero tedesca – non si verificava in queste dimensioni da almeno dieci anni.

In effetti, anche secondo i dati di MeteoSvizzera, seppur la temperatura media nazionale del mese di giugno sia risultata nella norma del periodo 1981-2010, i primi venti giorni del mese sono stati freschi e per molte località molto più piovosi del normale. A livello regionale si sono verificate forti differenze nell’accumulo della precipitazione, con piogge localmente superiori al 160% della norma. Poi, verso la fine del mese il tempo ha invece assunto un carattere pienamente estivo.

Il fenomeno non è quindi eccezionale ed è dovuto alle incursioni d’aria fredda da nord che portano a un repentino calo delle temperature: «In Svizzera le irruzioni di aria fredda nel mese di giugno sono accompagnate da nevicate fino alla quota dei passi alpini o, in alcuni anni, anche più in basso», specifica il sito di MeteoSvizzera, l’Ufficio federale di meteorologia e climatologia. Un esempio si può notare osservando la serie di misure della stazione di Arosa, a 1850 metri di altitudine, dove sono stati registrati diversi anni con uno o più giorni caratterizzati da neve nuova a giugno e temperature basse. Una diminuzione messa in evidenza dall’andamento delle temperature massime giornaliere, mentre per le temperature minime non è stata riscontrata un’associazione con questa singolarità.

MeteoSvizzera mostra come esempio anche le serie pluriennali di Davos. Già nel periodo 1901-1930, si è notata una marcata diminuzione delle temperature massime giornaliere fra il 13 e il 15 giugno. Nei periodi climatici successivi, 1931-1960, 1961-1990 e 1991-2020, la diminuzione è avvenuta sempre all’incirca in questo periodo: fra il 10 e il 18 giugno, il 15 e il 19 giugno e poi tra l’11 e il 13 giugno. Da notare che, nell’ultimo arco di tempo analizzato, il «freddo delle pecore» s’è presentato in una forma molto più debole rispetto al passato.

Come specifica Luca Panziera di MeteoSvizzera, «una singolarità meteorologica è caratteristica di un evento che ricorre con una certa regolarità in un determinato periodo dell’anno, e che porta condizioni meteorologiche diverse da quelle che normalmente sono attese durante tale periodo». Non ogni fase fredda e umida in giugno si deve pertanto abbinare a questo fenomeno: per essere associato al «freddo delle pecore», il raffreddamento deve avvenire attorno alla metà del mese di giugno. «Nell’analisi climatica di singolarità meteorologiche la scelta del periodo su cui si effettua l’analisi incide in modo notevole nei risultati finali», aggiunge Panziera.

In effetti, un esame dei dati svolto in precedenza, nel periodo 1981-2007, non aveva mostrato nessun segno associabile al «freddo delle pecore», ma piuttosto delle anomale temperature giornaliere sparse sull’intero mese in modo irregolare, dovute a deboli intrusioni d’aria fredda. «Non dobbiamo quindi stupirci se un fenomeno che si manifesta con una certa evidenza in un periodo climatico, sparisca se calcolato su un altro periodo climatico», conclude Luca Panziera.

Un evento che, come detto, si è registrato in modo importante l’anno scorso e soprattutto nella Svizzera tedesca. Secondo la notizia riportata lo scorso giugno da SRF Meteo, a Zurigo, Berna o San Gallo si sono per esempio registrati otto giorni con temperature sotto della norma, in questo caso inferiori a 17.5°C in un periodo solitamente già «meteorologicamente estivo».

Nella letteratura di area germanofona, dove è più rilevante e riconosciuto, il «freddo delle pecore» deve il suo nome alla coincidenza con il periodo della tosatura annuale degli ovini, i quali si trovano ad affrontare il calo delle temperature con un vello esiguo. Nelle Alpi svizzere, la tosatura avviene però solitamente in aprile e MeteoSvizzera espone pertanto anche un’altra spiegazione, che fa riferimento al carico degli alpeggi con il bestiame, che avviene di solito attorno a metà giugno. In questa interpretazione, la fase di tempo freddo e umido coincide con l’arrivo in quota degli animali che devono quindi convivere i primi giorni sull’alpe con temperature poco estive.

Il «freddo delle pecore», come detto non è molto conosciuto al sud delle Alpi. Nonostante l’aria fredda proveniente da nord raggiunga normalmente anche il sud delle Alpi, spesso l’evento è mitigato, soprattutto a basse quote, dall’effetto del favonio che attenua il calo delle temperature.

E poi ci sono i «Santi di ghiaccio». Oltre al «freddo delle pecore», negli approfondimenti climatici di MeteoSvizzera si trovano anche informazioni sui «Santi di ghiaccio». Secondo questa credenza popolare, come indica il sito dell’Ufficio federale di meteorologia e climatologia, bisogna attendersi un brusco calo delle temperature in corrispondenza di alcuni precisi giorni di maggio. Anche questa, una leggenda che si basa sulle antiche osservazioni dei contadini soprattutto d’Oltralpe, in riferimento alle gelate primaverili, ma che le pluriennali serie di misure di MeteoSvizzera non possono suffragare.

Le gelate dei «Santi di ghiaccio» non sono però un’eccezione per il mese di maggio, a difesa della bontà della credenza popolare. Quale indicatore delle gelate al suolo in primavera, vengono in aiuto le serie di misurazioni pluriennali della temperatura a cinque centimetri dal suolo. Per quella di Payerne, iniziata nel 1965 e la più lunga in Svizzera, emerge una regolarità delle gelate al suolo solo fino a metà aprile, mentre tra il 1° e il 25 maggio, i giorni dei «Santi di ghiaccio», solo nel dieci per cento dei giorni si verificano delle gelate.

Anche se la credenza dei «Santi di ghiaccio» non è confermata dalle serie di misure pluriennali a disposizione, MeteoSvizzera può comunque confermare come in maggio le gelate al suolo non siano una rarità: «Nella maggior parte degli anni analizzati di Payerne, per almeno uno o due giorni si sono verificate delle gelate al suolo e in circa la metà degli anni si sono osservati più di due giorni con gelate al suolo».