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Clima e cultura della costruzione
Ambiente – La nuova campagna di sensibilizzazione e informazione sostenuta anche dall’Ufficio federale della cultura propone esempi di buone pratiche che conciliano l’obiettivo zero emissioni con il concetto della costruzione di qualità
Fabio Dozio
Dal 2050 la Svizzera non deve più emettere gas serra. È uno degli obiettivi della strategia energetica della Confederazione. L’obiettivo è impegnativo, anche se Climate Analytics lo giudica «deludente» e «insufficiente».
In ogni caso, per intervenire a favore della protezione del clima, ogni cittadino dovrebbe impegnarsi. Bisogna immaginare un cambiamento di mentalità, che coinvolga tutta la popolazione: non facile, se pensiamo che nel giugno scorso la nuova legge sul CO2 che avrebbe imposto misure più severe in questo campo è stata bocciata dal popolo elvetico.
Comunque, qualcosa si muove. Per esempio, la campagna «Clima e cultura della costruzione» lanciata qualche mese fa da una serie di organizzazioni, Patrimonio Svizzero, SIA, Espace Suisse, ecc., e sostenuta dall’Ufficio federale della cultura. «Ogni forma di costruzione – sottolineano i promotori della campagna – modifica lo spazio ed è un’espressione della nostra cultura. La cultura della costruzione riguarda gli edifici nuovi, i provvedimenti conservativi, la salvaguardia del patrimonio storico-architettonico, le infrastrutture, gli spazi aperti e il paesaggio. Essa è chiamata a garantire la qualità in senso lato, ossia sul piano costruttivo, sociale e della sostenibilità. È questo l’approccio promosso dalla campagna per il clima».
Una cultura della costruzione che si preoccupa del clima deve intervenire sugli edifici esistenti con misure di risparmio energetico. Tutelare la qualità architettonica e la salvaguardia del patrimonio culturale migliorando il bilancio energetico di stabili meritevoli di protezione. Limitare lo spreco di risorse non rinnovabili introducendo l’economia circolare: riutilizzando, riparando e riciclando materiali e componenti edilizi. Più spazio per gli alberi e più aree non edificate sono in linea con le nuove esigenze climatiche. La campagna stimola pure la condivisione e la trasmissione del sapere e delle ricerche scientifiche nel campo dell’edilizia volta alla protezione del clima.
Uno dei punti cruciali, oltre agli aspetti relativi alla qualità e cultura della costruzione, è la questione delle energie fossili. Raggiungere la neutralità climatica significa che dal 2050 negli edifici non si useranno più energie fossili. Niente gasolio, nafta o gas. Una misura che obbliga a sostituire i sistemi di riscaldamento, visto che attualmente, in Svizzera, sono ancora in funzione circa 900mila riscaldamenti con energie fossili, secondo stime della Confederazione. Un recente studio, commissionato dal WWF, indica che per raggiungere gli obiettivi della strategia 2050, i riscaldamenti domestici vanno sostituiti «possibilmente in fretta», e anche se ancora funzionanti. Per ora, il cantone più severo è Basilea Città, dove entro il 2035 dovranno essere disattivati tutti i riscaldamenti fossili. Per capire cosa significa rispettare questi obiettivi il calcolo è facile. Ogni anno bisogna sostituire 30mila impianti tradizionali per raggiungere zero emissioni di CO2 nel 2050. A tutt’oggi i programmi di Confederazione e Cantoni ne prevedono la sostituzione di 12’500. Se si pretende di realizzare questi obiettivi, Confederazione e Cantoni devono incrementare i sussidi ai privati.
La SIA, Società svizzera degli ingegneri e degli architetti, è uno dei partner più importanti della campagna «Clima e cultura della costruzione». Ha preparato un documento sul tema e una serie di «Obiettivi per il parco immobiliare e infrastrutturale di fronte ai cambiamenti climatici». Nel preambolo si dice che «la SIA si assume un ruolo di particolare responsabilità, impegnandosi al fine di promuovere una cultura della costruzione di qualità, tenendo fede a un obiettivo prioritario, ovvero quello di garantire un ambiente di vita altamente qualitativo, progettato con lungimiranza e all’insegna della sostenibilità».
La Società si impegna per un uso parsimonioso delle risorse e per il rafforzamento dell’economia circolare. Predilige soluzioni che non consumano troppe materie prime, impiegando materiali rinnovabili o in grado di assorbire il CO2. Prevede di incentivare la costruzione di impianti che producono energie rinnovabili. Invita a tener conto dei cambiamenti climatici futuri, meno freddo d’inverno, più caldo d’estate, nella pianificazione territoriale e urbanistica, così come nella progettazione di edifici e di infrastrutture. La SIA contempla di verificare il catalogo di norme, regolamenti e linee guida, valutandone l’impatto sulla protezione del clima, sul consumo energetico e delle risorse. Gli intenti della SIA sono ammirevoli, anche se molto teorici: si riuscirà a metterli in pratica?
Il Canton Ticino, da parte sua, si sta attivando. Ha lanciato un «Pacchetto ambiente», con tre proposte: la modifica della legge sull’energia, il fondo per le energie rinnovabili e il programma cantonale di incentivi. Lo scopo è «mettere a disposizione dei cittadini maggiori risorse per accelerare il cambiamento necessario per raggiungere una società al 100 per cento rinnovabile, tramite un incremento degli investimenti nel settore dell’energia e del clima». Per il quinquennio 2021-25 si è stanziato un credito quadro netto di 50 milioni di franchi e l’autorizzazione alla spesa di 130 milioni di franchi di incentivi a favore di nuovi impianti o della conversione di quelli esistenti.
Finora la Svizzera è in ritardo sulla promozione delle energie rinnovabili. L’Ufficio federale della cultura sostiene la «Campagna clima e cultura della costruzione», ma il capo della sezione Patrimonio culturale e monumenti storici, Oliver Martin, non risparmia le critiche e sottolinea, sulla rivista di Heimatschutz, che troppo spesso si costruiscono nuovi edifici con metodi standardizzati di risparmio energetico, ma senza sfruttare tutte le potenzialità, per esempio, dell’energia solare. Ci sono «immensi tetti di stabili che restano vergini dei pannelli solari». «Possiamo fare molto di più per realizzare l’obiettivo di zero emissioni. – afferma Martin – Nel rispetto della qualità. La campagna “Clima e cultura della costruzione” deve diffondere questi concetti e proporre esempi di buone pratiche che conciliano l’obiettivo zero emissioni con la qualità e la cultura della costruzione. Deve proporre dati e creare una rete. Associare la promozione della biodiversità e le misure a favore del clima».
La campagna «Clima e cultura della costruzione» mira a stimolare un cambiamento di valori, che deve partire dal cittadino per coinvolgere gli attori dell’economia e della politica. A questo proposito merita di essere citata la Dichiarazione di Davos, proposta dalla Svizzera e sottoscritta nel 2018 dai ministri della cultura europei: «La cultura della costruzione di qualità presuppone la capacità della società di giudicarla ed esige quindi un grande impegno nel settore dell’educazione e della sensibilizzazione. Tutte le parti coinvolte, tanto nel settore privato quanto in quello pubblico, assumono la propria parte di responsabilità per la qualità dello spazio edificato che lasceremo alle generazioni future».