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Chi semina nuvole, raccoglie pioggia

Cloud seeding - Un progetto in corso da tre anni per cercare di far aumentare le precipitazioni su un’area di 960mila kmq, in Cina, pare stia dando buoni risultati
/ 27/09/2021
Rocco Bianchi

Chi getta semi tra le nuvole farà fiorire il cielo: quello che assomiglia a un proverbio cinese è in realtà quello che ha fatto negli scorsi tre anni il centro meteorologico di Pechino, ossia proprio inseminare le nuvole in modo da far piovere. Obiettivo: ripulire l’aria dallo smog che avvolge le grandi città del Paese e alleviare la siccità che affligge estesi territori.

Un investimento da 168 milioni di dollari, mica bruscolini (sono serviti tra le altre cose a pagare quattro nuovi aerei e l’aggiornamento di otto velivoli esistenti, 900 sistemi di lancio missilistico e oltre 1800 centri di controllo), ossia il più grande programma di cloud seeding (letteralmente: inseminazione delle nuvole) finora mai visto al mondo: tre anni di tentativi per cercare di far aumentare le precipitazioni su un’area di 960mila kmq, circa il 10 per cento del Paese. 

Fantascienza? Mica tanto, ché la tecnica è relativamente datata – il primo tentativo di inseminazione delle nuvole risale infatti al 1946, quando due scienziati statunitensi, Vincent Schaefer e Bernard Vonnegut, riuscirono a stimolare una precipitazione nevosa su una montagna attraverso la dispersione nelle nubi di sostanze chimiche che favoriscono la condensazione delle particelle d’acqua (normalmente vengono usati ioduro d’argento o ghiaccio secco, che stando a numerosi studi, anche di organizzazioni ecologiste, non provocano alcun inquinamento né dell’aria né del suolo). Per di più sta avendo in questi anni di riscaldamento climatico un forte rilancio: fioccano infatti non solo studi e ricerche in ogni parte del globo, ma anche gli esperimenti sul campo, tanto che attualmente sono circa 24 le nazioni che praticano operazioni di questo genere (tra queste non ci risulta la Svizzera). 

Lo Stato che ne fa più largo uso è appunto la Repubblica Popolare Cinese, che addirittura usò l’inseminazione delle nuvole a Pechino prima dei giochi olimpici del 2008 per cercare di dare una ripulitina all’aria.

Del resto per combattere lo smog i cinesi provano di tutto. A Nanchino, ad esempio, una delle città più inquinate della Cina, si sta iniziando a pensare in termini di bioedilizia, tant’è che si sta applicando su larga scala il progetto di bosco verticale di Stefano Boeri.

L’ultimo mega-investimento di cloud seeding citato in apertura di articolo è stato invece applicato nella fascia occidentale del Paese, tra Xinjiang e la Mongolia interna, una regione nota per il suo clima siccitoso. I risultati sembrano essere stati buoni, per lo meno stando alle dichiarazioni di un ufficiale di una provincia che ha beneficiato del programma riportate dal «South China Morning Post», secondo il quale l’induzione artificiale di pioggia ha aumentato le precipitazioni a 55 miliardi di metri cubi, una cifra che equivale al 150 per cento dell’acqua contenuta nella diga delle Tre Gole. Fosse vero, sarebbe un bel risultato.

Il problema di questa tecnica è che manca tuttora la prova scientifica della sua efficacia. Vale a dire che la Scienza ha un problema di ripetibilità, dunque di verifica, al di fuori delle controllate condizioni di un laboratorio. Perché ripetere l’esperimento in modo controllato in natura è virtualmente impossibile (non esiste una nube uguale all’altra dato che le condizioni di temperatura, umidità, vento e pressione cambiano continuamente), e perché non è possibile effettuare una verifica in negativo. Per dirla con il ricercatore Sandro Fuzzi, dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima di Bologna, «ho fatto l’inseminazione di quella nube e ha piovuto, ma chi mi dice che non avrebbe piovuto lo stesso?».

Bella questione, e bel problema. Sia come sia, come detto negli Stati del mondo ci credono sempre di più, tant’è che quest’estate sono stati gli Emirati Arabi a provare a provocare la pioggia a comando. Non con razzi o aerei ma, in conformità con lo spirito del nostro tempo e gli ultimi ritrovati della tecnica, con dei droni. E l’acqua tanto desiderata è arrivata (anche troppa, stando alle immagini dei grandi acquazzoni che hanno colpito il paese pubblicate dal locale centro di meteorologia), ma Fuzzi resta comunque scettico, anche se ammette che la tecnica ha «una valenza statistica», ossia che sono più le volte che si riesce a far piovere che quelle in cui non cade alcuna goccia d’acqua. 

Tanto basta non solo per convincere molti Stati a spendere milioni per far piovere – o anche nevicare, all’occorrenza e a dipendenza della stagione – ma anche a far nascere una serie di aziende specializzate. Un business in crescita e non esattamente a buon mercato, se è vero che il programma impiegato a Dubai e dintorni è costato 35 milioni di euro (circa 38 milioni di franchi).

Paradosso del cloud seeding, sembra che possa servire anche a far brillare il sole a comando o quasi facendo in modo che piova prima del dovuto. Si ricorda ad esempio che negli anni Sessanta e Settanta nelle regioni vitivinicole del Norditalia si era provato a inseminare le nubi dal suolo con cannoni per fare in modo che piovesse acqua e non grandine: un nuvolone all’orizzonte e si sentivano botti da tutte le parti (oggi per fortuna non più). Si sa inoltre che ci ha provato sempre la Cina e sempre nel 2008 alle Olimpiadi per fare in modo che non piovesse durante la cerimonia di apertura (di fatto piovvero solo fuochi d’artificio), ma in questo senso questa tecnica è usata raramente.

Tuttavia, gli affari sono affari, per cui c’è comunque chi ci crede tanto da integrarla nel proprio business. È il caso di un’agenzia statunitense che offre ai suoi clienti pacchetti matrimoniali all inclusive: ville extralusso, cibo, bevande, servizio in guanti bianchi e, naturalmente (?), giornata di sole garantita. Nella loro pagina web si può infatti leggere: «Siamo orgogliosi ed entusiasti di poter offrire un servizio esclusivo di “esplosione delle nuvole” ai nostri clienti, garantendo al cento per cento bel tempo e cieli sereni per quando ti sposerai!». Per farlo, le tre settimane precedenti la data delle nozze, il loro team bombarda di ioduro d’argento ogni nuvoletta che abbia la sventura di passare nei paraggi del luogo in cui è prevista la cerimonia. Sposa bagnata, sposa fortunata? No grazie!