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Settemila nuove isole

Terre emerse – Il Giappone ha aggiornatola mappatura del suo arcipelago, l’ultima catalogazione risaliva al 1987
/ 03/04/2023
Marco Cagnotti

Una volta, nemmeno tanto tempo fa, ché parliamo di un secolo pressappoco, per trovare nuove terre bisognava imbarcarsi su una nave di esplorazione e partire alla ventura per mari quasi sconosciuti. E ogni avvistamento era una scoperta. Poi arrivarono le fotografie aeree. Poi i satelliti. Infine Google Maps, che dello sterminato patrimonio di dati satellitari ha fatto tesoro e ci dà l’impressione che ogni metro quadrato del pianeta sia stato, se non calcato da un piede umano, almeno mappato e quindi alla portata del nostro smartphone. Dunque sempre nelle nostre tasche, a disposizione per soddisfare qualsiasi curiosità. Perciò scoprire quante sono le isole di un arcipelago dovrebbe essere facile. Prendiamo il Giappone, per dire. Basta googlare un po’ e si trova il risultato: 6852. Giusto?

Sbagliato. Infatti proprio in Giappone la revisione dell’arcipelago sulla base delle mappe digitalizzate ha prodotto un aumento del numero di isole. Un aumento bello sostanzioso: un raddoppio. Con tanti saluti a Zio Google. Ma da dove saltano fuori tutte le nuove isole?

Alcune, in effetti, prima non c’erano proprio e nel frattempo sono uscite dal mare: il Giappone, terra di terremoti e vulcani nella «cintura di fuoco» che circonda l’Oceano Pacifico, non è nuovo a questi fenomeni. Per esempio nel 2021 ne è emersa una con un diametro di un chilometro a sud del gruppo insulare delle Ogasawara, una regione dove già ne comparvero nel 1904, nel 1914 e nel 1986, per poi sparire. Infatti, così come appaiono, altrettanto facilmente le isole nipponiche scompaiono, erose dalle onde. Fra gli ultimi, l’isolotto Esanbe Hanakita Kojima, sparito sotto i marosi nell’indifferenza degli abitanti del villaggio di Sarufutsu, a poche centinaia di metri di distanza. Ovvio quindi che mantenere un registro aggiornato non è facile, sebbene – per usare le parole di un parlamentare liberal-democratico giapponese – sia una questione «di interesse nazionale». Anche perché l’ultima catalogazione risaliva al 1987. Perciò l’Autorità nipponica sulle informazioni geospaziali ha rimesso mano all’impresa ed è appunto dei giorni scorsi la notizia del raddoppio del numero di isole dell’arcipelago. Raddoppio che però non va attribuito tanto all’attività vulcanica, quanto piuttosto al progresso della tecnologia.

La prima difficoltà con la quale ci si imbatte in un’impresa del genere è la definizione: che cos’è un’isola? Per la Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare, le isole sono «aree di terra formatesi naturalmente che sono circondate dall’acqua e che rimangono sopra il livello dell’acqua anche durante l’alta marea». Quindi va contato come tale anche uno scoglio isolato? Non per il Giappone, che ha deciso di catalogare come «isola» ogni superficie emersa con un perimetro di almeno 100 metri. Qui però compare un secondo problema, almeno teorico. Infatti una linea di costa ha sempre una dimensione frattale, perciò la lunghezza dipende dall’unità minima usata per misurarla. Dunque, per il «paradosso delle coste», ogni rilevamento di un perimetro insulare è sempre un’approssimazione.

Detto questo, sebbene con tutte le approssimazioni inevitabili, i geografi giapponesi hanno aggiornato il catalogo di 36 anni fa: un’epoca in cui la tecnologia non permetteva di distinguere facilmente fra gruppi di piccole isole e masse di terra più compatte. Pur mantenendo il criterio dei 100 metri perimetrali, usando i dati delle nuove mappe satellitari digitalizzate e incrociandoli con le più recenti mappature aeree i ricercatori sono giunti al nuovo numero: 14’125. Più del doppio, insomma.

Superfluo osservare che le oltre 7000 nuove isole sono comunque piccoline. Non solo: non cambieranno né la superficie totale del Paese né l’estensione delle acque territoriali. Un aspetto importante, considerato il nuovo trattato internazionale firmato il 4 marzo scorso dai Paesi membri dell’ONU per garantire la protezione del 30% delle acque internazionali entro il 2030. Come diceva quel parlamentare giapponese? Una questione «di interesse nazionale». Appunto.