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II basilico della signora Rosilde

Entomologia - Quante mascherate per mangiare e non essere mangiati
/ 19/04/2021
Alessandro Focarile

Al primo fresco del mattino, la signora Rosilde, come di consueto, compie una prima visita al suo orto. Lo innaffia, si china a strappare qualche foglia appassita, oppure qualche «erbasc». Insemina, lo cura con un assiduo e amorevole lavoro, ma anche con gli occhi. Insalata, pomodori, carote stanno crescendo in ottima salute. In un angolo sono accuratamente riuniti tutti gli aromi: un’isoletta di prezzemolo, una bordura di maggiorana, un robusto cespuglio di salvia, una sfilata di svettante basilico. Per l’appunto «il mio basilico»: grida costernata la signora Rosilde. Durante la notte qualcosa o qualcuno ha ampiamente rosicchiato le foglie, creato vasti vuoti tra le piantine. «Eppure – prosegue Rosilde – non ho visto finora le lumache mangiare il mio basilico». Chi sarà?

Un’accurata e irritata ispezione le fa scoprire l’autore: un vistoso e pasciuto bruco verde. Ma di un verde così verde, che a malapena riesce a distinguerlo tra le foglie superstiti. Il tizio è immobile, spudoratamente sdraiato nel risvolto di una foglia, intento a digerire con calma il suo lauto e profumato pasto notturno. Suo malgrado, e volentieri ne avrebbe fatto a meno, Rosilde si è imbattuta in uno dei tanti esempi di mimetismo (dal greco «mimésis» = imitazione) che la Natura ha messo in atto, attraverso un lunghissimo processo evolutivo e adattativo, per proteggere una folta schiera di insetti dai loro predatori: uccelli e lucertole, rendendoli praticamente invisibili se sono posati su una superficie dello stesso colore, oppure con le stesse caratteristiche (cortecce, fiori, sassi).

Durante la vita di una farfalla, i bruchi sono lo stadio intermedio di sviluppo (metamorfosi) prima di im-puparsi e trasformarsi in una creatura alata, spesso molto bella e colorata. Privi di difese attive, i bruchi hanno escogitato e realizzato strategie alternative di sopravvivenza, grazie alla loro colorazione, oppure forma (che possono essere efficacemente funzionali per lo scopo), oppure grazie alla presenza su parti del corpo, di schemi di colorazione che imitano occhi mostruosi. È quanto basta per fare desistere qual-siasi predatore male intenzionato, che resta interdetto. Oppure, esibiscono aspetti o colori di un bruco con il sapore disgustoso e repellente, che i possibili predatori hanno imparato a evitare, attraverso la trasmissione ereditaria della conoscenza acquisita di generazione in generazione.

In qualsiasi animale, gli occhi sono la parte più vulnerabile del corpo. Accecarlo significa rendergli la vita irrimediabilmente compromessa, anche se le funzioni vitali possono sussistere. Molte farfalle allo stadio di adulto hanno uno schema di colorazione, sul rovescio delle ali inferiori, che imita alla perfezione degli occhi, che possono assumere un aspetto minaccioso. Gli uccelletti che cacciano a vista come i pettirossi e le cinciallegre, quando individuano una farfalla posata che mostra il retro delle ali, tentano di catturarla con un colpo di becco sui falsi occhi. La farfalla è incolume seppure con un pezzo di ala mancante, ciò che non le impedisce di volare e di sottrarsi al predatore.

Tra gli insetti, il numeroso ordine dei ditteri – rappresentati in Svizzera da oltre 6mila specie accertate e i cui esempi più noti sono le mosche, le zanzare e i tafani – comprende anche una famiglia del tutto particolare, in quanto ha perfezionato ed esaltato in massimo grado il fenomeno del mimetismo. Sono i Sirfidi, autentici «copioni», ghiotti di nettare e di altre sostanze zuccherine allo stadio di adulto, accaniti cacciatori di afidi (pidocchi delle piante) allo stadio di larve.

Questi ditteri, inconfondibili per il loro volo a scatti e librato, imitano a meraviglia le api, le vespe e i calabroni (bombi), tutti insetti questi ultimi che sono scrupolosamente evitati da uccelli e da altri predatori a causa del loro venefico pungiglione. Il panorama delle capacità imitatrici dei Sirfidi è molto ampio e quanto mai differenziato e oltremodo sorprendente ai nostri occhi. Alcuni sono pelosi e nero-giallicci come i calabroni e pure il loro ronzio imita fedelmente quello del suo modello. Altri Sirfidi hanno lo stesso colore delle api, e sollevano ritmicamente l’addome per simulare l’ape al momento di pungere. Ancora altri hanno lo stesso schema di colorazione delle vespe: neri con bande e macchie gialle di tale perfezione imitatrice da trarre in inganno anche l’entomologo attento.

Farfalle invisibili sulla corteccia di un albero. Mosche che mimano vespe. Bruchi che si confondono con fiori e foglie. Farfalle che imitano le foglie secche, comprese le nervature e le eventuali macchie di muffette. Sono tutte espressioni finalizzate alla sopravvivenza, che possiamo osservare in organismi che si sono raffinatamente evoluti ben prima di noi, quando comparvero le piante con fiori. Sviluppando colorazioni protettive di elevata complessità e ingegnosità, rivelando un motore raziocinante che, forse, ci può dare fastidio. In ogni caso ci obbliga a riflettere. Non siamo soli nella Grande Casa che ci ospita temporaneamente, e non siamo certamente i più intelligenti e razionali inquilini. Il basilico della signora Rosilde ne vedrà delle belle.